lunedì
01 Settembre 2025

Ecco come rifare la tessera elettorale in vista delle Amministrative di domenica

Uffici dell’Anagrafe aperti anche domenica, ma si rischia la fila

In vista delle elezioni amministrative di domenica, l’Amministrazione comunale  di Ravenna invita i cittadini a controllare la validità delle tessera elettorale, il documento fondamentale per esprimere il proprio voto. Se tutti gli spazi presenti sono coperti da un timbro la tessera elettorale non è più valida e, pertanto, ne va richiesta una nuova negli uffici dell’Anagrafe che la consegnano al momento.

Per evitare le inutili file che normalmente si verificano negli ultimi giorni utili agli sportelli dell’Anagrafe, quando sono aperti con orario continuato, si suggerisce di richiedere ora la nuova tessera nei seguenti uffici: Sportello Anagrafe in via Berlinguer 68 aperto dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 13, martedì pomeriggio anche dalle ore 14.30 alle ore 17.30 e il sabato: dalle ore 8.30 alle ore 12.30; Ufficio Elettorale di viale Berlinguer 54 (sotto il porticato) martedì dalle 14.30 alle 17.30. Uffici decentrati della città e del forese. In questo caso la tessera verrà consegnata qualche giorno dopo la richiesta.

Negli ultimi giorni della settimana, venerdì e sabato, gli uffici dell’Anagrafe di via Berlinguer saranno aperti con orario continuato venerdì dalle 8 alle 18, sabato dalle 8,30 alle 18 e domenica 5 giugno dalle 7 alle 23.

Altri due ministri, Bersani e il premier Renzi a Ravenna per De Pascale

A pochi giorni dal voto sfilata di big del partito e del governo
a sostegno del candidato a sindaco dei Democratici

Governo e partito mobilitati a massimi livelli per sostenere il candidato a sindaco del Pd alle amministrative Michele de Pascale. Dopo Maria Elena Boschi, oggi 30 maggio arriva il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, atteso alle 16.30 nella sede del gruppo dell’autotrasporto Consar (via Vicoli) per parlare di “Energia per il lavoro“.

Due gli appuntamenti di martedì 31 maggio: alle 18, nella sede del comitato elettorale di De Pascale, è previsto l’intervento del Ministro della giustizia Andrea Orlando dedicato a “Energia per la legalità“, assieme al consigliere regionale Pd Antonio Mumolo. Qualche ora dopo (alle 21) al circolo Pd di Marina di Ravenna interverrà invece il leader storico del partito Pier Luigi Bersani per parlare di “Energia per Ravenna“.

Gran finale di campagna elettorale, venerdì 3 giugno, alle 18.30, in piazza del Popolo, con il segretario Pd e il presidente del consiglio Matteo Renzi.

«Ringraziamo Renzi per la sua visita, ne siamo felici e onorati – ha commentato Michele De Pascale –. Il Presidente del Consiglio sarà a Ravenna per sostenere il nostro grande progetto di rinnovamento per la città, sarà una grande occasione per raccogliere in piazza tutte le energie della nostra comunità e condividere un’ambiziosa visione per il futuro. Ravenna ha una storia straordinaria e deve avere un futuro altrettanto straordinario; è una città che possiede alcune caratteristiche speciali che ne fanno una grande città europea e per questo può rivestire un ruolo strategico per tutto il paese».

L’impegno di De Pascale: «Nel 2017 verrà smantellato il bitumificio in Darsena»

Il candidato sindaco del centrosinistra assicura: «Entro il 2016
si dovrà arrivare a un accordo con la Cmc per l’impianto ex Sic»

«L’impegno che mi assumo, se verrò eletto, è che entro la fine del 2016 si arrivi all’accordo con Cmc per la delocalizzazione dell’impianto e che il completo smantellamento dell’area avvenga nell’anno 2017». Lo ha dichiarato il candidato sindaco del centrosinistra, Michele de Pascale, in un incontro nel weekend nei pressi della Torre Zucchi, nella darsena di Ravenna, organizzato da una delle liste che lo sostiene alle prossime amministrative, Sinistra per Ravenna (che terminerà la campagna elettorale con una festa il 3 giugno dalle 18 al bagno Luana di Marina).

Il tema è quello del bitumificio che continua a funzionare affacciato sulla banchina (vedi foto), creando disagi ai residenti dell’adiacente torre Zucchi e bloccando di fatto anche la riqualificazione dell’area. Si tratta dell’impianto della Acr (ex Sic), società controllata appunto da Cmc, che si sarebbe dovuto spostare nel nuovo centro da realizzare vicino a Porto Fuori nell’area logistica prevista inizialmente nell’ambito del cosiddetto progettone per il Porto, poi bloccato anche da un’indagine della magistratura (vedi tra gli articoli correlati).

«Scontiamo un grandissimo ritardo rispetto alla riqualificazione dell’area della Darsena che in primis riguarda la delocalizzazione dell’impianto Sic – ha dichiarato de Pascale –. Questo ritardo è in gran parte dovuto alla crisi immobiliare, ed in parte alle vicende che hanno riguardato il trasferimento dell’impianto Sic vicino alla zona di Porto Fuori. Ora serve uno scatto, un cambiamento molto forte da parte dell’atteggiamento dell’amministrazione comunale che deve fare del trasferimento di questo impianto una delle priorità dell’amministrazione entrante entro il primo anno di mandato. Occorre fare tutto questo per i residenti della zona e anche perchè la delocalizzazione dell’impianto Sic rappresenta un elemento centrale per la riqualificazione della Darsena ed aprire la strada agli investimenti. Su questa partita, se sarò eletto, mi impegnerò in prima persona, senza delegare a nessun altro e presterò fede agli impegni presi oggi con i cittadini residenti nella zona».

Nicola Fratoianni in città per Sutter: «Il centrosinistra non esiste più»

Il coordinatore nazionale di Sel sulla sinistra: «Andare divisi alle prossime politiche sarebbe da irresponsabili»

Nicola Fratoianni è il coordinatore nazionale di Sel, partito in scioglimento, e da molti considerato il naturale primo segretario nazionale del nuovo soggetto in fase di costruzione: Sinistra Italiana. È a Ravenna per sostenere la candidature di Raffaella Sutter, con Giovanni Paglia, deputato di Sel, in un interessante incontro pubblico al Dock 61 sull’esperienza della sindaca di Barcellona Ada Colau, moderato da Giorgio Stamboulis, candidato nella lista di Ravenna in Comune e che di recente ha ottenuto importanti endorsement da personalità del mondo della cultura non ravennate. Come noto, Sel è solo una delle tante anime che hanno dato vita a Ravenna in Comune dove sono confluiti vari simboli tra cui Possibile (sabato scorso era in città il neo sutteriano Pippo Civati), i Verdi (molto divertente la serata con Giobbe Covatta di venerdì 27 in piazza XX settembre), Pdci, Aer, Psi, Radicali e Prc oltre a movimenti, associazioni e molte singole persone impegnati in vari ambiti tra cultura, sociale, sindacato. Un esperimento locale che al momento non ha eguali sul piano nazionale. E a margine dell’incontro approfittiamo quindi della presenza di Fratoianni per fargli qualche domanda sullo stato di salute della sinistra in Italia.

L’esperimento di Ravenna in Comune può essere un modello anche per il piano nazionale?
«Non credo che ci sia bisogno di modelli. A Ravenna come in molto altre città la sinistra si sta presentando in modo autonome e credo sia utile parlare di come si ricostruisce una proposta per il paese, nel momento in cui il Pd sta venendo meno a tutti i suoi valori fondanti in una indistinzione progressiva di quali siano gli interessi che vuole rappresentare e i bisogni a cui rispondere. Credo invece che oggi la sinistra debba distinguere e scegliere e rappresentare un’alternativa anche al Pd, oltre ovviamente alla destra xenofoba che sta dilagando in Italia e in Europa».

Sutter CovattaTuttavia a livello nazionale la sinistra sembra ancora molto divisa. Sinistra Italiana aggregando solo una parte del mondo a cui si rivolge. E questo peraltro rappresenta un handicap per le realtà locali che si trovano senza alcun traino nazionale…
«Stiamo cercando di costruire – e non di ri-costruire, ci tengo alla distinzione – una nuova forza politica che non sia emergenziale, che non sia una somma di sigle, ma uno spazio aperto e autonomo. Sel per questo si è sciolta e sono ottimista, credo ce la faremo. I territori ci mostrano come quando si entra nel merito delle questioni si possano superare anche molte incomprensioni. Credo che una nuova offerta politica sia necessaria e che debba essere il terreno dell’impegno per il futuro, si tratta di una questione non aggirabile, in un paese dove stiamo perdendo diritti e spazi democratici. E credo che le municipalità in questo processo debbano essere un elemento fondativo».

Quindi gli elettori di Ravenna in Comune potrebbero trovare alle prossime politiche un solo simbolo sotto cui ritrovarsi di nuovo? È una promessa?
«Diciamo che è un impegno. Ma sono sicuro che ci sarà un solo simbolo. Anche perché sarebbe irresponsabile presentarci divisi alle prossime politiche».

Ma in Sinistra Italiana ci sarà spazio anche per coloro che adesso invece continuano a perseguire alleanze con il Pd, come è successo con una parte di Sel qui a Ravenna che ha dato vita insieme ad altri a una lista in appoggio al candidato sindaco Pd?
«Voglio innanzitutto premettere che qui Sel è con Ravenna in Comune e chi ha fatto scelte diverse le ha fatte a titolo personale. Sinistra Italiana sarà uno spazio aperto e plurale e sarà aperta a tutte le esperienze politiche, ma avrà una linea politica nazionale di radicale autonomia e, in futuro, avrà anche una linea politica a livello locale sui territori».

E la linea politica sarà “mai con il Pd”?
«Il centrosinistra come lo conoscevamo, quello in cui si collocava naturalmente Sel, non esiste più. Quindi a livello locale se prima non allearsi con il Pd era l’eccezione, in futuro sarà piuttosto vero il contrario. Ma Sinistra Italiana non sarà contro qualsiasi politica delle alleanze a prescindere».

Ma con chi potrebbe quindi mai allearsi, allora, con i 5 stelle?
«A livello nazionale, l’Italicum non prevede alleanze, stiamo parlando di amministrative e delle realtà locali, quindi di alleanze con forze con cui si condividono i programmi e le proposte».

Indagati 4 dirigenti del consorzio “Ambiente 2.0“ per caos rifiuti

Per l’ad e tre responsabili di settore la Procura di Ravenna ipotizza il reato di “interruzione di servizio pubblico in concorso“

SpazzaturaSono quattro i dirigenti del consorzio milanese “Ambiente 2.0“ indagati dalla Procura della Repubblica di Ravenna in seguito ai recenti, gravi disservizi nella raccolta dei rifiuti nel capoluogo e nelle città della provincia.
Com’è noto il gruppo di aziende che si era aggiudicata la gara d’appalto del servizio per conto di Hera, a fine aprile – per mancanza di mezzi e personale – non era riuscito nel corso di diversi giorni a smaltire l’accumulo di rifiuti, lasciando nel caos ambientale diverse zone del territorio. L’ipotesi di reato degli inquirenti è interruzione di pubblico servizio in concorso.
A quanto pare, come riportano alcuni mezzi di informazione locale, di tratta dell’amministratore delegato e di tre responsabili di settore. In un interrogatorio preliminare con i giudici, gli indagati si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere.
L’inchiesta – coordinata dal Procuratore capo Alessandro Mancini – è stata affidato per le indagini ai Carabinieri del nucleo investigativo ravennate che dovranno chiarire cos’è accaduto e quali sono le eventuali responsabilità del mancato svuotamento dei cassonetti dal 16 aprile, quando “Ambiente 2.0” è subentrato operativamente al precedente gestore della raccolta (il consorzio con a capo la coop Ciclat), fino a metà maggio, quando la società milanese ha convenuto con Hera una risoluzione consensuale del contratto di servizio (fonte Ansa-ER).

Indagati 4 dirigenti del consorzio “Ambiente 2.0“ per caos rifiuti

Per l’ad e tre responsabili di settore la Procura di Ravenna ipotizza il reato di “interruzione di servizio pubblico in concorso“

SpazzaturaSono quattro i dirigenti del consorzio milanese “Ambiente 2.0“ indagati dalla Procura della Repubblica di Ravenna in seguito ai recenti, gravi disservizi nella raccolta dei rifiuti nel capoluogo e nelle città della provincia.
Com’è noto il gruppo di aziende che si era aggiudicata la gara d’appalto del servizio per conto di Hera, a fine aprile – per mancanza di mezzi e personale – non era riuscito nel corso di diversi giorni a smaltire l’accumulo di rifiuti, lasciando nel caos ambientale diverse zone del territorio. L’ipotesi di reato degli inquirenti è interruzione di pubblico servizio in concorso.
A quanto pare, come riportano alcuni mezzi di informazione locale, di tratta dell’amministratore delegato e di tre responsabili di settore. In un interrogatorio preliminare con i giudici, gli indagati si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere.
L’inchiesta – coordinata dal Procuratore capo Alessandro Mancini – è stata affidato per le indagini ai Carabinieri del nucleo investigativo ravennate che dovranno chiarire cos’è accaduto e quali sono le eventuali responsabilità del mancato svuotamento dei cassonetti dal 16 aprile, quando “Ambiente 2.0” è subentrato operativamente al precedente gestore della raccolta (il consorzio con a capo la coop Ciclat), fino a metà maggio, quando la società milanese ha convenuto con Hera una risoluzione consensuale del contratto di servizio (fonte Ansa-ER).

Indagati 4 dirigenti del consorzio “Ambiente 2.0“ per caos rifiuti

Per l’ad e tre responsabili di settore la Procura di Ravenna ipotizza il reato di “interruzione di servizio pubblico in concorso“

SpazzaturaSono quattro i dirigenti del consorzio milanese “Ambiente 2.0“ indagati dalla Procura della Repubblica di Ravenna in seguito ai recenti, gravi disservizi nella raccolta dei rifiuti nel capoluogo e nelle città della provincia.
Com’è noto il gruppo di aziende che si era aggiudicata la gara d’appalto del servizio per conto di Hera, a fine aprile – per mancanza di mezzi e personale – non era riuscito nel corso di diversi giorni a smaltire l’accumulo di rifiuti, lasciando nel caos ambientale diverse zone del territorio. L’ipotesi di reato degli inquirenti è interruzione di pubblico servizio in concorso.
A quanto pare, come riportano alcuni mezzi di informazione locale, di tratta dell’amministratore delegato e di tre responsabili di settore. In un interrogatorio preliminare con i giudici, gli indagati si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere.
L’inchiesta – coordinata dal Procuratore capo Alessandro Mancini – è stata affidato per le indagini ai Carabinieri del nucleo investigativo ravennate che dovranno chiarire cos’è accaduto e quali sono le eventuali responsabilità del mancato svuotamento dei cassonetti dal 16 aprile, quando “Ambiente 2.0” è subentrato operativamente al precedente gestore della raccolta (il consorzio con a capo la coop Ciclat), fino a metà maggio, quando la società milanese ha convenuto con Hera una risoluzione consensuale del contratto di servizio (fonte Ansa-ER).

«Manca un miliardo di fideiussioni per le casse di colmata dei dragaggi»

L’esposto di Ancisi (Lpr) punta il dito sulle garanzie finanziarie
che avrebbe dovuto dare chi ha scavato tra cui Sapir e Cmc 

Alvaro Ancisi«Al contrario di quanto richiede la legge, non risultano depositate garanzie finanziarie a favore della Provincia dai privati che hanno riempito sette casse di colmata tra 2002 e 2011 con oltre cinque milioni di metri cubi di fanghi dragati dai fondali del porto. Stiamo parlando di quasi un miliardo di euro in totale che l’ente pubblico avrebbe potuto utilizzare per svuotamento e bonifica permettendo i nuovi lavori rimasti bloccati». Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna e candidato alle elezioni comunali, presenterà un esposto alla procura per fare chiarezza su un nuovo aspetto che riguarda il contesto portuale e le tante questioni legate ai dragaggi. La questione delle fideiussioni era stata sollevata anche da Maurizio Bucci, candidato sindaco della Pigna, una ventina di giorni fa.

Le carte a sostegno dell’esposto di Ancisi sono quelle avute (e anche quelle non avute) da Gianfranco Spadoni, consigliere provinciale di Lpr. A dicembre la Provincia gli consegnò le 27 autorizzazioni rilasciate tra 2002 e 2011 a favore di quattro soggetti per il dragaggio: un milione di metri per Sac, 145mila mc per Sapir, 20mila per La Dragaggi e 3,9 milioni per Cmc. Totale poco più di 5 milioni. Materiale che doveva restare solo temporaneamente ma che invece, secondo l’indagine della procura, in parte (3,3 milioni) è ancora fermo nelle casse quando le autorizzazioni sono scadute da tempo diventando così discariche abusive di rifiuti con dieci persone indagate.

Casse colamta porto di RavennaAncisi fa riferimento a quanto prescrive la Regione: «La garanzia finanziaria deve ammontare a 140 euro per tonnellata». Una garanzia, appunto, che la legge preveda venga utilizzata dall’ente pubblico per completare i lavori qualora il privato che li ha fatti non completi la procedura. Per stimare quanto avrebbe dovuto essere l’ammontare esatto Ancisi ipotizza il peso specifico di un metro cubo di fanghi in una media tra 1,6 tonnellate della sabbia e 2,1 tonnellate della sabbia bagnata: «Ipotizzando 1,85 ne risulterebbero 935 milioni di euro».

Che queste fideiussioni non ci siano lo dice Arpa in risposta all’interrogazione di Spadoni. Ancisi cita il passaggio scritto della risposta: «In merito ad autorizzazioni rilasciate per conferimenti di fanghi per deposito temporaneo in casse di colmata portuali, non risultano agli atti garanzie finanziarie depositate a favore della Provincia di Ravenna».

Il ragionamento del decano dell’opposizione si spinge oltre il caso specifico della mancata fideiussione: «Se ci fossero state quelle garanzie la Provincia avrebbe potuto provvedere da sola a svuotare le casse utilizzando soldi di chi non aveva fatto il suo lavoro fino in fondo. Casse vuote avrebbero permesso di avviare i nuovi lavori di approfondimento ancora bloccati. Quant’è il danno subito dal porto per questi mancati lavori?».

Nei documenti allegati tutte le carte raccolte sul caso e diffuse alla stampa da Lista per Ravenna.

«Manca un miliardo di euro di fideiussioni per le casse di colmata dei dragaggi»

L’esposto di Ancisi (Lpr) punta il dito sulle garanzie finanziarie che avrebbe dovuto dare chi ha scavato tra cui Sapir e Cmc

Alvaro Ancisi«Al contrario di quanto richiede la legge, non risultano depositate garanzie finanziarie a favore della Provincia dai privati che hanno riempito sette casse di colmata tra 2002 e 2011 con oltre cinque milioni di metri cubi di fanghi dragati dai fondali del porto. Stiamo parlando di quasi un miliardo di euro in totale che l’ente pubblico avrebbe potuto utilizzare per svuotamento e bonifica permettendo i nuovi lavori rimasti bloccati». Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna e candidato alle elezioni comunali, presenterà un esposto alla procura per fare chiarezza su un nuovo aspetto che riguarda il contesto portuale e le tante questioni legate ai dragaggi. La questione delle fideiussioni era stata sollevata anche da Maurizio Bucci, candidato sindaco della Pigna, una ventina di giorni fa.

Le carte a sostegno dell’esposto di Ancisi sono quelle avute (e anche quelle non avute) da Gianfranco Spadoni, consigliere provinciale di Lpr. A dicembre la Provincia gli consegnò le 27 autorizzazioni rilasciate tra 2002 e 2011 a favore di quattro soggetti per il dragaggio: un milione di metri per Sac, 145mila mc per Sapir, 20mila per La Dragaggi e 3,9 milioni per Cmc. Totale poco più di 5 milioni. Materiale che doveva restare solo temporaneamente ma che invece, secondo l’indagine della procura, in parte (3,3 milioni) è ancora fermo nelle casse quando le autorizzazioni sono scadute da tempo diventando così discariche abusive di rifiuti con dieci persone indagate.

Casse colamta porto di RavennaAncisi fa riferimento a quanto prescrive la Regione: «La garanzia finanziaria deve ammontare a 140 euro per tonnellata». Una garanzia, appunto, che la legge preveda venga utilizzata dall’ente pubblico per completare i lavori qualora il privato che li ha fatti non completi la procedura. Per stimare quanto avrebbe dovuto essere l’ammontare esatto Ancisi ipotizza il peso specifico di un metro cubo di fanghi in una media tra 1,6 tonnellate della sabbia e 2,1 tonnellate della sabbia bagnata: «Ipotizzando 1,85 ne risulterebbero 935 milioni di euro».

Che queste fideiussioni non ci siano lo dice Arpa in risposta all’interrogazione di Spadoni. Ancisi cita il passaggio scritto della risposta: «In merito ad autorizzazioni rilasciate per conferimenti di fanghi per deposito temporaneo in casse di colmata portuali, non risultano agli atti garanzie finanziarie depositate a favore della Provincia di Ravenna».

Il ragionamento del decano dell’opposizione si spinge oltre il caso specifico della mancata fideiussione: «Se ci fossero state quelle garanzie la Provincia avrebbe potuto provvedere da sola a svuotare le casse utilizzando soldi di chi non aveva fatto il suo lavoro fino in fondo. Casse vuote avrebbero permesso di avviare i nuovi lavori di approfondimento ancora bloccati. Quant’è il danno subito dal porto per questi mancati lavori?».

Boschi in città per de Pascale E il 3 giugno arriva Matteo Renzi

La ministra: «Non ci spaventa la fatica, ma non possiamo permetterci di sprecare tempo ed energie in inutili polemiche»

Boschi De PascaleSala D’Attorre strapiena per la ministra Maria Elena Boschi venuta a sostenere la candidatura di Michele de Pascale, venerdì 27 maggio. Dopo gli interventi del segretario regionale del Pd, Paolo Calvano, che ha parlato della tradizione «riformista in salsa romagnola», ossia della spinta a fare sempre meglio, è intervenuto lo stesso de Pascale per ribadire il ruolo centrale che Ravenna può avere per la regione e per l’Italia soprattutto in tema di turismo e portualità.

Ma ha anche fatto una richiesta precisa rispetto alle riforme in atto che prevedono oltre alla trasformazione del Senato la cancellazione definitiva delle Provincie: «Non devono esistere cittadini di serie A, quelli delle città metropolitane, e cittadini di serie B. Oggi il timore è quello». Le città metropolitane (nella nostra Regione è Bologna) infatti stanno ottenendo finanziamenti non disponibili per gli altri territori.
E ha anche detto: «Qualcuno dice che invitiamo i ministri perché abbiamo paura, ma non è vero, posso tranquillizzarli. Invitiamo i ministri perché vogliamo condividere con loro i nostri progetti e chiedere il loro impegno nel realizzarli». Ed è de Pascale a ufficilizzare la notizia: Matteo Renzi sarà a Ravenna il 3 giugno alle 18.30 a chiudere la campagna elettorale.

A concludere la serata la ministra, al termine di un tour per l’Emilia Romagna. Pochi gli accenni alla Rfiorma costituzionale e alla legge elettorale: qui si comincerà davvero dal 6 giugno. Ieri si è limitata a rivendicare il lavoro fatto in due anni citando anche la riforma della Pubblica Amministrazione, la riforma della Scuola e la riforma del Lavoro.
Ha parlato più nelle vesti di militante Pd che da ministro: ha infatti spiegato come ovviamente le Istituzioni dialogheranno e collaboreranno con chiunque dovesse vincere, ma ha anche aggiunto che come donna del Pd si sente chiamata a dare una mano nelle campagne elettorali, così come del resto stanno facendo altri ministri e lo stesso Renzi, perché «questo significa essere una comunità che si mette al servizio di un’idea di crescita condivisa».

E ancora: «Non ci spaventa la fatica, ma quello che non possiamo permetterci è lo spreco: spreco di tempo, riserve, di energia, non possiamo permetterci inutili polemiche».
E qui incassa l’applauso più lungo dell’intera serata. Bersani, che pare sia in arrivo martedì prossimo, è avvisato.

Il mito delle Olimpiadi del 1936 messe in scena da Federico Buffa

Parla l’autore dello spettacolo che racconta le vicende di eroi sportivi come Owens e Kee-chung. Al PalaCosta il 31 maggio.

Buffa OlimpiadiRecitare in uno spettacolo teatrale era l’unica cosa ancora da spuntare nella lista scritta da adolescente con le dieci cose da fare nella vita. C’è riuscito nel 2015 con la messa in scena de “Le Olimpiadi 1936”, spettacolo che vede protagonista anche a Ravenna Federico Buffa, il celebre affabulatore che ha conquistato il pubblico con le sue Storie Mondiali trasmesse da Sky.

Alla vigilia della prima parlava del timore per non essere un attore... «Troppo gentile con timore, facciamo terrore che è molto più vicino alla realtà».

D’accordo, terrrore. C’è ancora o intanto è diventato un attore? «Attore non lo posso diventare mai ma il terrore è diluito in timore».

La prima volta a teatro da spettatore andò portato da suo padre… «Quando sono entrato in scena la prima volta credo di aver provato una sensazione semi irripetibile e ho pensato a mio padre che non c’è più, che è l’uomo che mi ha fatto amare il teatro, e a che emozione sarebbe stata per lui vedermi su un palco. Ma forse non avrei retto io l’idea che lui fosse a guardarmi quindi abbiamo tenuto un contatto di altro tipo. Però sono felice che quello che lui mi ha insegnato ad amare in qualche modo sia entrato nella mia vita».

Lo spettacolo nasce su idea dei registi… «Mi hanno chiesto se volevo fare qualcosa dopo aver visto un episodio di Storie mondiali e l’idea di Berlino 1936 è mia. È venuta fuori una forma ibrida in cui io sono due personaggi, un narratore che sa tutto e un personaggio esistito, il comandante del villaggio olimpico che verrà destituito e morirà suicida».

Perché il comandante del villaggio? «Come ha brillantemente detto il regista Emilio Russo il personaggio di Furstner è il personaggio della drammaturgia della sconfitta».

Gli sportivi protagonisti di quella olimpiade si rendevano conto di che significato ci fosse dietro a quell’evento? «Gli sportivi non sono mai particolarmente lucidi, sono lì per gareggiare. Tranne ovviamente quelli come il koreano della maratona che corre con il nome giapponese: quello si rende conto perché si accorge di quello che succede a casa sua e se non può competere per la sua nazione ma con un nome giapponese per i giapponesi, cioè gli esseri umani che odia di più al mondo, lui è una persona conscia».

Jesse Owens

Dovremmo aspettarci o pretendere che gli sportivi, in generale, siano più lucidi nel modo di comportarsi in certi momenti storici? «Impossibile rispondere. Cosa dovevano fare i giocatori italiani nel Mondiale 1934? Cosa doveva fare Vittorio Pozzo nel ’34 se non allenare la squadra nel miglior modo possibile? La storia la scrive chi ha vinto e lui ha vinto due Mondiali e una Olimpiade, è nettamente il più grande allenatore della nazione. Avrebbe dovuto essere ricordato per sempre, è scandaloso che non abbia uno stadio dedicato a lui. Quindi vuol dire che vuoi farne un fatto politico. Cosa avrebbe dovuto fare, l’eroe? Non può farlo, nessuno lo farebbe. Molto semplice guardarlo adesso ma bisogna guardarlo quando succede. Certo ci sono anche i casi del centravanti della nazionale cilena che si rifiuta di stringere la mano a Pinochet o il ritiro di Carrascosa dall’Argentina: ci sono atleti che si sono opposti e hanno dimostrato più coraggio di altri ma non me la sento di guardare indietro a un atleta che non l’ha fatto».

Cosa rende particolare Berlino 1936? «È la perfezione dell’organizzazione tedesca. I tedeschi organizzano due olimpiadi in un anno perché fanno anche quella invernale, oggi sarebbe impensabile. Tante cose che loro hanno fatto in quelle olimpiadi poi sono diventate il paradigma organizzativo e ispirante di tutte le olimpiadi a seguire. Nessuno aveva mai pensato all’idea di portare la fiaccola dalle rovine dell’antica Grecia fino al luogo dell’Olimpiade. Fu Goebbels che pensò a questo per la prima volta. In più è la prima kermesse mondiale con una finalità di propaganda. L’idea è di Mussolini nel ’34 con il Mondiale però i tedeschi portano tutto a vertici impensabili».

Evento sportivo come propaganda di regime. L’opinione pubblica degli spettatori se ne rendeva conto? «Penso proprio di sì. Anche se poi, nell’analisi storica mi permetto di far notare come i tedeschi siano riusciti ad aggirare l’aspetto propagandistico per come lo percepiamo ex post. Di fatto alla fine gli americani che dovrebbero boicottare non boicottano e realmente quell’olimpiade non è stata mai neanche vagamente boicottata. Eppure i venti di guerra nel ’36 erano più che evidenti, le leggi di Norimberga sono già promulgate. Si riesce ad aggirare il boicottaggio che oggi sarebbe del tutto normale ma all’epoca non l’aveva mai fatto nessuno e, grazie alla perfidia infinita di Goebbels, riescono a far sembrare le cose diverse da quelle che erano».

Federico BuffaQualche altro evento sportivo fra qualche anno ci sembrerà diverso da quello che era? «Sinceramente il Mondiale del ’78 gli argentini cominciano a raccontarselo un po’ diverso. Gli atleti vogliono vincere, vogliono consegnarsi alla storia dello sport. Ti dicono “ma noi non ce ne accorgevamo”, in realtà non volevi accorgertene. Kempes non saluta Videla al momento della premiazione dopo aver vinto il Mondiale, dirà “eh ma c’era un milione di persone”, e poi postumo dirà “no, no, non volevo stringere la mano all’uomo che insaguinava il mio Paese”. Però  sono dette dopo queste cose, non nell’immediatezza».

Poi però i boicottaggi arrivarono per davvero. «Le olimpiadi di Mosca vengono boicottate perché l’Unione Sovietica ha invaso l’Afghanistan nel ’79 e più di 60 nazioni boicottano. Poi il blocco sovietico boicotta Los Angeles 84 e da lì si è compreso che lo sport invece dovrebbe avere un’altra valenza e quindi il comitato olimpico ha gestito le Olimpiadi come un invito alla democratizzazione: alla fine lo sport anche se è corrotto, ed è più che mai corrotto e lo vediamo tutti i giorni, è l’unica forma che abbiamo per ricomporre le frizioni e le frazioni fra gli uomini».

Insomma togliamo di mezzo la retorica dello sport sano e pulito? «Dai non scherziamo, lo sport è corrottissimo, lo è sempre stato ma adesso è arrivato ai punti di rottura. Il doping ha ovviamente inciso tanto, i soldi hanno inciso tanto».

Ma la passione sportiva sopravvive. «Perché comunque gli appassionati amano il gioco e non si fermano, il gioco è attraente, la gente vuole vedere il gesto. Nel ’94 la Fifa obbliga praticamente Maradona a venire a giocare il Mondiale negli Stati Uniti ma poi lo bastona facendo quello che doveva fare e il giorno dopo nel Bangladesh gli studenti non fanno gli esami perché gli hai tolto il giocatore più importante del mondo. Il calcio noi lo vediamo da questo angolo di occidentali che l’hanno sempre avuto ma nel mondo il calcio è l’esperanto del pianeta, lo vedono e lo giocano i monaci in Bhutan. Non lo puoi fermare perché ha un valore che va al di là del fatto che come tutto lo sport è palesemente corrotto».

Berlino 1936 è la storia di Owens, una storia unica che ha uno spazio importante nello spettacolo. Ma quali sono le altre storie di sport che hanno grande potenza? «Ce ne sono quotidianamente, comqe quelle degli atleti portatori di handicap che sono degli eroi. Oppure basta pensare alla passione che le donne persiane hanno per il calcio da vedere e da giocare. E la difficoltà di potersi esprimere. A Udine mi è capitato di vedere una squadra iraniana che giocava col velo, che deve essere anche scomodo, ma non le fermi… e le italiane giocavano in braghe corte. Tutte queste vicende umane dimostrano che il mondo dello sport, che sia corrotto o no, resta il più bel mondo possibile perché le storie di sport con forte connotazione individuale umana sono il motivo per cui siamo qua».

Lo spettacolo “Le Olimpiadi del 1936” è in programma il 31 maggio alle 21 al Pala Costa (biglietti www.ravennafestival.it, intero 20 euro). Federico Buffa sarà ospite lo stesso giorno al negozio Sporty Concept Store, promotore dell’evento organizzato da Ravenna Festival, in via Allende 52 dalle 14.30 alle 15.30 per un momento di incontro. Il pomeriggio proseguirà al bagno QueVida, in via Teseo Guerra 29 a Porto Corsini, ulteriore occasione per dialogare e per condividere racconti di sport.

Intervista tratta dall’edizione 2016 del Ravenna Festival Magazine (edizioni Reclam) rivista ufficiale del Ravenna Festival.

Il mito delle Olimpiadi del 1936 messe in scena da Federico Buffa

Parla l’autore dello spettacolo che racconta le vicende di eroi sportivi come Owens e Kee-chung. Al PalaCosta il 31 maggio.

Buffa OlimpiadiRecitare in uno spettacolo teatrale era l’unica cosa ancora da spuntare nella lista scritta da adolescente con le dieci cose da fare nella vita. C’è riuscito nel 2015 con la messa in scena de “Le Olimpiadi 1936”, spettacolo che vede protagonista anche a Ravenna Federico Buffa, il celebre affabulatore che ha conquistato il pubblico con le sue Storie Mondiali trasmesse da Sky.

Alla vigilia della prima parlava del timore per non essere un attore...
«Troppo gentile con timore, facciamo terrore che è molto più vicino alla realtà».

D’accordo, terrrore. C’è ancora o intanto è diventato un attore?
«Attore non lo posso diventare mai ma il terrore è diluito in timore».

La prima volta a teatro da spettatore andò portato da suo padre…
«Quando sono entrato in scena la prima volta credo di aver provato una sensazione semi irripetibile e ho pensato a mio padre che non c’è più, che è l’uomo che mi ha fatto amare il teatro, e a che emozione sarebbe stata per lui vedermi su un palco. Ma forse non avrei retto io l’idea che lui fosse a guardarmi quindi abbiamo tenuto un contatto di altro tipo. Però sono felice che quello che lui mi ha insegnato ad amare in qualche modo sia entrato nella mia vita».

Lo spettacolo nasce su idea dei registi…
«Mi hanno chiesto se volevo fare qualcosa dopo aver visto un episodio di Storie mondiali e l’idea di Berlino 1936 è mia. È venuta fuori una forma ibrida in cui io sono due personaggi, un narratore che sa tutto e un personaggio esistito, il comandante del villaggio olimpico che verrà destituito e morirà suicida».

Perché il comandante del villaggio?
«Come ha brillantemente detto il regista Emilio Russo il personaggio di Furstner è il personaggio della drammaturgia della sconfitta».

Gli sportivi protagonisti di quella olimpiade si rendevano conto di che significato ci fosse dietro a quell’evento?
«Gli sportivi non sono mai particolarmente lucidi, sono lì per gareggiare. Tranne ovviamente quelli come il koreano della maratona che corre con il nome giapponese: quello si rende conto perché si accorge di quello che succede a casa sua e se non può competere per la sua nazione ma con un nome giapponese per i giapponesi, cioè gli esseri umani che odia di più al mondo, lui è una persona conscia».

Jesse Owens

Dovremmo aspettarci o pretendere che gli sportivi, in generale, siano più lucidi nel modo di comportarsi in certi momenti storici?
«Impossibile rispondere. Cosa dovevano fare i giocatori italiani nel Mondiale 1934? Cosa doveva fare Vittorio Pozzo nel ’34 se non allenare la squadra nel miglior modo possibile? La storia la scrive chi ha vinto e lui ha vinto due Mondiali e una Olimpiade, è nettamente il più grande allenatore della nazione. Avrebbe dovuto essere ricordato per sempre, è scandaloso che non abbia uno stadio dedicato a lui. Quindi vuol dire che vuoi farne un fatto politico. Cosa avrebbe dovuto fare, l’eroe? Non può farlo, nessuno lo farebbe. Molto semplice guardarlo adesso ma bisogna guardarlo quando succede. Certo ci sono anche i casi del centravanti della nazionale cilena che si rifiuta di stringere la mano a Pinochet o il ritiro di Carrascosa dall’Argentina: ci sono atleti che si sono opposti e hanno dimostrato più coraggio di altri ma non me la sento di guardare indietro a un atleta che non l’ha fatto».

Cosa rende particolare Berlino 1936?
«È la perfezione dell’organizzazione tedesca. I tedeschi organizzano due olimpiadi in un anno perché fanno anche quella invernale, oggi sarebbe impensabile. Tante cose che loro hanno fatto in quelle olimpiadi poi sono diventate il paradigma organizzativo e ispirante di tutte le olimpiadi a seguire. Nessuno aveva mai pensato all’idea di portare la fiaccola dalle rovine dell’antica Grecia fino al luogo dell’Olimpiade. Fu Goebbels che pensò a questo per la prima volta. In più è la prima kermesse mondiale con una finalità di propaganda. L’idea è di Mussolini nel ’34 con il Mondiale però i tedeschi portano tutto a vertici impensabili».

Evento sportivo come propaganda di regime. L’opinione pubblica degli spettatori se ne rendeva conto?
«Penso proprio di sì. Anche se poi, nell’analisi storica mi permetto di far notare come i tedeschi siano riusciti ad aggirare l’aspetto propagandistico per come lo percepiamo ex post. Di fatto alla fine gli americani che dovrebbero boicottare non boicottano e realmente quell’olimpiade non è stata mai neanche vagamente boicottata. Eppure i venti di guerra nel ’36 erano più che evidenti, le leggi di Norimberga sono già promulgate. Si riesce ad aggirare il boicottaggio che oggi sarebbe del tutto normale ma all’epoca non l’aveva mai fatto nessuno e, grazie alla perfidia infinita di Goebbels, riescono a far sembrare le cose diverse da quelle che erano».

Federico BuffaQualche altro evento sportivo fra qualche anno ci sembrerà diverso da quello che era?
«Sinceramente il Mondiale del ’78 gli argentini cominciano a raccontarselo un po’ diverso. Gli atleti vogliono vincere, vogliono consegnarsi alla storia dello sport. Ti dicono “ma noi non ce ne accorgevamo”, in realtà non volevi accorgertene. Kempes non saluta Videla al momento della premiazione dopo aver vinto il Mondiale, dirà “eh ma c’era un milione di persone”, e poi postumo dirà “no, no, non volevo stringere la mano all’uomo che insaguinava il mio Paese”. Però  sono dette dopo queste cose, non nell’immediatezza».

Poi però i boicottaggi arrivarono per davvero.
«Le olimpiadi di Mosca vengono boicottate perché l’Unione Sovietica ha invaso l’Afghanistan nel ’79 e più di 60 nazioni boicottano. Poi il blocco sovietico boicotta Los Angeles 84 e da lì si è compreso che lo sport invece dovrebbe avere un’altra valenza e quindi il comitato olimpico ha gestito le Olimpiadi come un invito alla democratizzazione: alla fine lo sport anche se è corrotto, ed è più che mai corrotto e lo vediamo tutti i giorni, è l’unica forma che abbiamo per ricomporre le frizioni e le frazioni fra gli uomini».

Insomma togliamo di mezzo la retorica dello sport sano e pulito?
«Dai non scherziamo, lo sport è corrottissimo, lo è sempre stato ma adesso è arrivato ai punti di rottura. Il doping ha ovviamente inciso tanto, i soldi hanno inciso tanto».

Ma la passione sportiva sopravvive.
«Perché comunque gli appassionati amano il gioco e non si fermano, il gioco è attraente, la gente vuole vedere il gesto. Nel ’94 la Fifa obbliga praticamente Maradona a venire a giocare il Mondiale negli Stati Uniti ma poi lo bastona facendo quello che doveva fare e il giorno dopo nel Bangladesh gli studenti non fanno gli esami perché gli hai tolto il giocatore più importante del mondo. Il calcio noi lo vediamo da questo angolo di occidentali che l’hanno sempre avuto ma nel mondo il calcio è l’esperanto del pianeta, lo vedono e lo giocano i monaci in Bhutan. Non lo puoi fermare perché ha un valore che va al di là del fatto che come tutto lo sport è palesemente corrotto».

Berlino 1936 è la storia di Owens, una storia unica che ha uno spazio importante nello spettacolo. Ma quali sono le altre storie di sport che hanno grande potenza?
«Ce ne sono quotidianamente, comqe quelle degli atleti portatori di handicap che sono degli eroi. Oppure basta pensare alla passione che le donne persiane hanno per il calcio da vedere e da giocare. E la difficoltà di potersi esprimere. A Udine mi è capitato di vedere una squadra iraniana che giocava col velo, che deve essere anche scomodo, ma non le fermi… e le italiane giocavano in braghe corte. Tutte queste vicende umane dimostrano che il mondo dello sport, che sia corrotto o no, resta il più bel mondo possibile perché le storie di sport con forte connotazione individuale umana sono il motivo per cui siamo qua».

Lo spettacolo “Le Olimpiadi del 1936” è in programma il 31 maggio alle 21 al Pala Costa (biglietti www.ravennafestival.it, intero 20 euro). Federico Buffa sarà ospite lo stesso giorno al negozio Sporty Concept Store, promotore dell’evento organizzato da Ravenna Festival, in via Allende 52 dalle 14.30 alle 15.30 per un momento di incontro. Il pomeriggio proseguirà al bagno QueVida, in via Teseo Guerra 29 a Porto Corsini, ulteriore occasione per dialogare e per condividere racconti di sport.

Intervista tratta dall’edizione 2016 del Ravenna Festival Magazine (edizioni Reclam) rivista ufficiale del Ravenna Festival.

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