domenica
17 Agosto 2025

«Un albergo nel palazzo della Provincia e una società mista a favore del turismo»

La visione del candidato sindaco Pd: «Chi trasforma condomini in hotel
non pagherà l’Imu per dieci anni. E per ogni lido una vocazione specifica»

Il rilancio del turismo a Ravenna – nella visione del candidato sindaco Pd, Michele de Pascale – passa anche dagli investimenti pubblici nella ricettività con un albergo dove oggi c’è il Palazzo della Provincia in piazza Caduti e nella creazione di una società a capitale misto pubblico-privato che venda il prodotto. Sono due delle idee lanciate dal 31enne cervese – che in passato è stato assessore al Turismo nella località costierà – in occasione di un incontro pubblico al comitato elettorale andato in scena ieri sera, 15 febbraio, con un intervista condotta dal giornalista Carmelo Domini de Il Corriere Romagna.

«Sono convinto che il pubblico debba investire in maniera diretta in ricettività – ha detto de Pascale –. E su questo ho fatto un sogno. Ho immaginato un grande hotel, che si integri con la bellezza della città e trasferisca valore al cuore culturale della nostra Ravenna. Per un secolo, dall’’800 al ‘900, il Palazzo della Provincia è stato l’Hotel Byron di Ravenna, il più grande e prestigioso albergo della città. È così che ho immaginato nel futuro lo splendido palazzo della Provincia, pensando a quando, chiuse le Province, l’edificio verrà svuotato dagli uffici. Mi piacerebbe che nella prossima legislatura questo fosse un progetto realizzabile anche in onore alla storia di una città. L’idea potrebbe essere quella di bandire un project financing e dare in gestione ad un operatore privato la struttura per gli anni necessari ad ammortizzare l’investimento, ripristinando così un grande hotel in città e donando al centro di Ravenna una realtà di grande valore».

Ma il Comune potrà fare la sua parte anche con altre mosse perché «come amministrazione comunale dobbiamo porre le condizioni perché si insedino in città almeno un paio di grandi strutture ricettive». E allora ecco l’idea per invertire la rotta consolidata da tempo con alberghi che veniva trasformati in condomini: «Se un privato decide di trasformare un condominio, che è una rendita, in un albergo, che è un’impresa, per dieci anni gli evitiamo di pagare l’Imu».

Promozione e commercializzazione del prodotto turistico dovranno essere, secondo de Pascale, al centro di una società pubblico-privato che il candidato immagina di costuire in tempi brevi: «Non solo nel nostro comune, ma provando a coinvolgere Comacchio, Cervia e l’entroterra occupandosi di fare informazione, statistica, ricerche di mercato, promozione, e soprattutto vendita del prodotto turistico con un direttore commerciale di comprovata esperienza internazionale e condiviso con i soci privati».

I nove lidi del comune di Ravenna hanno bisogno di «un piano strategico che faccia leva sugli elementi che ci rendono unici e sui quali nella competizione, da qui al futuro, possiamo risultare vincenti». L’obiettivo è attribuire «una vocazione specifica ad ogni singolo lido. Sicuramente ambiente, sport, cultura ma anche intrattenimento e divertimento che sono componenti altrettanto fondamentali dell’offerta».

Allerta meteo: vento e mare mosso Divieto di accesso a moli e dighe

Fino alla mezzanotte del 17 febbraio fase di attenzione di livello 1

È stata diffusa dalla protezione civile un’allerta meteo per il territorio ravennate per vento, stato del mare e criticità idraulica, dalle 15 di oggi, martedì 16 febbraio, alla mezzanotte di domani, mercoledì 17 febbraio, per 33 ore. Si raccomanda a chi risiede o svolge attività in aree individuate a rischio di mettere in atto le necessarie preindividuate misure di autoprotezione. Si raccomanda ai gestori di attività all’aperto di sistemare e fissare gli oggetti sensibili agli effetti del vento o suscettibili d’essere danneggiati. In particolare è vietato l’accesso a moli e dighe foranee.

La coop La Casa apre un nuovo centro accoglienza profughi con 14 ospiti

Tre nuclei familiari e alcune donne in attesa di ottenere lo status di rifugiati seguiti da tre persone. Il sindaco Matteucci in visita

Sono 14 i richiedenti asilo politico ospitati dalla struttura inaugurata il 2 gennaio dalla cooperativa La Casa in via Ravegnana a Ravenna, nei pressi del semaforo con la statale Adriatica. «Attualmente sono accolti nella struttura tre nuclei famigliari e alcune donne – racconta Fausto Maresi, presidente della cooperativa La Casa -. Tutte queste persone, in attesa di ottenere lo status di rifugiati, sono seguite da due operatori più un coordinatore a tempo parziale ma si occupano in autonomia della gestione della struttura, pulizia e manutenzione compresa».

Il centro nasce dalla manifestazione di interesse per l’affidamento del servizio di accoglienza in favore di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale diffusa dalla Prefettura di Ravenna cui ha partecipato il consorzio Solco affidando poi il servizio alla cooperativa La Casa (vedi tra i correlati). Nel pomeriggio di ieri, 15 febbraio, il sindaco Fabrizio Matteucci è andato in visita al centro.

Provincia: metà dipendenti in Regione

Nessun esubero tra i lavoratori ma restano preoccupazioni per conti
e servizi. Nel 2016 Piazza Caduti dovrà versare 25 milioni al Governo

E le Province? Inserite nella legge di modifica costituzionale che sarà sottoposta al voto del referendum a ottobre in cui si cancella definitivamente l’ente dal dettato costituzionale con scenari futuri tutti da prefigurare, intanto le province continuano a esistere, anche se sono ormai ridotte soprattutto a una fonte da cui il governo attinge risorse.

Dopo i 15 milioni mandati a Roma nel 2015, nel 2016 piazza Caduti dovrà versare un obolo di addirittura 25 milioni di euro, sempre provenienti in gran parte dalle tasse pagate dai ravennati sulle Rc Auto (le province infatti non ricevono fondi dal governo). Intanto qui si resta a fare conti sempre più risicati e mentre si riorganizzano processi e metodi, visto che il personale si è intanto dimezzato. Fatto salvo qualche trasferimento a Comuni e Tribunale, 113 dipendenti della Provincia, tra cui tre dirigenti, dall’1 gennaio sono diventati dipendenti della Regione o di sue agenzie come Arpa a tutti gli effetti (salvo alcuni aspetti contrattuali per un periodo transitorio del 2016). Sono le persone che si occupavano (e si occupano) di ambiente, agricoltura e protezione civile, formazione professionale, cultura, sociale. Funzioni che almeno in parte la Regione aveva delegato alle Province e che ora si è vista costretta a riprendersi in carico, tornando indietro di fatto di qualche decennio: le persone lavorano negli uffici di prima, di proprietà della Provincia, ma per la Regione (e ancora non è chiaro ad esempio chi pagherà le utenze).

Il paradosso è che una volta a regime il sistema, questi lavoratori dovrebbero costare alle casse pubbliche più di quanto non costassero quando erano dipendenti della Provincia. Stato e Regioni insieme si occuperanno inoltre di pagare gli stipendi a sessantaquattro persone che lavorano nei centri per l’impiego e che saranno “comandati” alla nascitura nuova agenzia del lavoro, ma che restano al momento in Provincia.

Risparmi dunque in vista per le casse di piazza Caduti? Non proprio, poiché per tutti questi lavoratori era già intervenuta la Regione a coprire i costi degli stipendi nel 2015. Qualche fondo extra per il 2016 dovrebbe arrivare dalle funzioni che per esempio la polizia provinciale svolgerà per conto della Regione, ancora da quantificare. La polizia provinciale infatti sarà tra quei settori che resterà alla Provincia, ma non lavorerà solo per l’ente. E proprio qui potrebbero nascere i primi intoppi di riorganizzazione del sistema che se prima vedeva coinvolto un solo soggetto ora ne può vedere anche due o tre, per esempio Provincia, Regione, Arpa.

Nel complesso tuttavia non ci saranno esuberi. E in toto alla Provincia resteranno meno di 200 dipendenti (erano 480 all’inizio del mandato nel 2011) tra cantonieri, addetti a edilizia scolastica e manutenzione stradale, trasporti servizi generali, informatica e polizia, per quanto si tratti di servizi sempre più in sofferenza. «Lo sono per due ragioni – ci spiega l’assessore al Personale Paolo Valenti, che ci ha fatto il quadro generale della situazione – perché in alcuni casi siamo ormai senza personale sufficiente, visto che non si può per legge sostituire nemmeno in minima parte il personale che va in pensione e per ragioni di risorse. Non escludo nemmeno che possano esserci ritardi nel rilascio per esempio di permessi o altra documentazione».

Alcune attività svolte dalla Provincia, inoltre, rischiano semplicemente di sparire, con un danno al territorio. «Penso per esempio a tutti quei bandi europei vinti dalla Provincia per progetti che hanno portato risorse – dice ancora Valenti – e che oggi, semplicemente, non abbiamo più il personale per seguirli e mi chiedo chi abbia competenze e forze per farlo in futuro». Inoltre se alcuni servizi continueranno ad essere erogati (come gli impianti sportivi e il Servizio Bibliotecario) perché finiranno anche sul libro spese di altri, come Regione e i Comuni, sul fronte risorse i tagli si sono già visti negli anni passati, da quelli del sociale alla cultura e soprattutto quelli delle manutenzioni delle strade e degli edifici scolastici e per nuovi investimenti, soldi che sono “spariti” e non compensati da altri. Sono tutti andati, come si diceva, a Roma, così come andranno i 25 milioni del 2016 che nessuno però ora è in grado di dire esattamente come questo potrà accadere senza mettere a rischio le spese per le funzioni fondamentali dell’ente visto che dei 35 milioni circa di entrate una decina dovrebbero servire solo a pagare mutui. «Già per lo scorso anno – dice Valenti – ci fu bisogno di una legge ad hoc che ci permise, per esempio, di posticipare il pagamento di mutui e di utilizzare risorse precedentemente vincolate che venivano destinate, in via del tutto eccezzionale, alla spesa per i servizi erogati».

Provincia: metà dipendenti in Regione

Nessun esubero tra i lavoratori ma restano preoccupazioni per conti e servizi. Nel 2016 Piazza Caduti dovrà versare 25 milioni al Governo

E le Province? Inserite nella legge di modifica costituzionale che sarà sottoposta al voto del referendum a ottobre in cui si cancella definitivamente l’ente dal dettato costituzionale con scenari futuri tutti da prefigurare, intanto le province continuano a esistere, anche se sono ormai ridotte soprattutto a una fonte da cui il governo attinge risorse.

Dopo i 15 milioni mandati a Roma nel 2015, nel 2016 piazza Caduti dovrà versare un obolo di addirittura 25 milioni di euro, sempre provenienti in gran parte dalle tasse pagate dai ravennati sulle Rc Auto (le province infatti non ricevono fondi dal governo). Intanto qui si resta a fare conti sempre più risicati e mentre si riorganizzano processi e metodi, visto che il personale si è intanto dimezzato. Fatto salvo qualche trasferimento a Comuni e Tribunale, 113 dipendenti della Provincia, tra cui tre dirigenti, dall’1 gennaio sono diventati dipendenti della Regione o di sue agenzie come Arpa a tutti gli effetti (salvo alcuni aspetti contrattuali per un periodo transitorio del 2016). Sono le persone che si occupavano (e si occupano) di ambiente, agricoltura e protezione civile, formazione professionale, cultura, sociale. Funzioni che almeno in parte la Regione aveva delegato alle Province e che ora si è vista costretta a riprendersi in carico, tornando indietro di fatto di qualche decennio: le persone lavorano negli uffici di prima, di proprietà della Provincia, ma per la Regione (e ancora non è chiaro ad esempio chi pagherà le utenze).

Il paradosso è che una volta a regime il sistema, questi lavoratori dovrebbero costare alle casse pubbliche più di quanto non costassero quando erano dipendenti della Provincia. Stato e Regioni insieme si occuperanno inoltre di pagare gli stipendi a sessantaquattro persone che lavorano nei centri per l’impiego e che saranno “comandati” alla nascitura nuova agenzia del lavoro, ma che restano al momento in Provincia.

Risparmi dunque in vista per le casse di piazza Caduti? Non proprio, poiché per tutti questi lavoratori era già intervenuta la Regione a coprire i costi degli stipendi nel 2015. Qualche fondo extra per il 2016 dovrebbe arrivare dalle funzioni che per esempio la polizia provinciale svolgerà per conto della Regione, ancora da quantificare. La polizia provinciale infatti sarà tra quei settori che resterà alla Provincia, ma non lavorerà solo per l’ente. E proprio qui potrebbero nascere i primi intoppi di riorganizzazione del sistema che se prima vedeva coinvolto un solo soggetto ora ne può vedere anche due o tre, per esempio Provincia, Regione, Arpa.

Nel complesso tuttavia non ci saranno esuberi. E in toto alla Provincia resteranno meno di 200 dipendenti (erano 480 all’inizio del mandato nel 2011) tra cantonieri, addetti a edilizia scolastica e manutenzione stradale, trasporti servizi generali, informatica e polizia, per quanto si tratti di servizi sempre più in sofferenza. «Lo sono per due ragioni – ci spiega l’assessore al Personale Paolo Valenti, che ci ha fatto il quadro generale della situazione – perché in alcuni casi siamo ormai senza personale sufficiente, visto che non si può per legge sostituire nemmeno in minima parte il personale che va in pensione e per ragioni di risorse. Non escludo nemmeno che possano esserci ritardi nel rilascio per esempio di permessi o altra documentazione».

Alcune attività svolte dalla Provincia, inoltre, rischiano semplicemente di sparire, con un danno al territorio. «Penso per esempio a tutti quei bandi europei vinti dalla Provincia per progetti che hanno portato risorse – dice ancora Valenti – e che oggi, semplicemente, non abbiamo più il personale per seguirli e mi chiedo chi abbia competenze e forze per farlo in futuro». Inoltre se alcuni servizi continueranno ad essere erogati (come gli impianti sportivi e il Servizio Bibliotecario) perché finiranno anche sul libro spese di altri, come Regione e i Comuni, sul fronte risorse i tagli si sono già visti negli anni passati, da quelli del sociale alla cultura e soprattutto quelli delle manutenzioni delle strade e degli edifici scolastici e per nuovi investimenti, soldi che sono “spariti” e non compensati da altri. Sono tutti andati, come si diceva, a Roma, così come andranno i 25 milioni del 2016 che nessuno però ora è in grado di dire esattamente come questo potrà accadere senza mettere a rischio le spese per le funzioni fondamentali dell’ente visto che dei 35 milioni circa di entrate una decina dovrebbero servire solo a pagare mutui. «Già per lo scorso anno – dice Valenti – ci fu bisogno di una legge ad hoc che ci permise, per esempio, di posticipare il pagamento di mutui e di utilizzare risorse precedentemente vincolate che venivano destinate, in via del tutto eccezzionale, alla spesa per i servizi erogati».

Incendio in casa, un intossicato Allarme partito dalla vicina

Ancora da accertare le cause del rogo, domato da pompieri in un paio di ore. La donna ha visto il fumo dalle finestre

Un 76enne è all’ospedale di Ravenna dopo essere rimasto intossicato nell’incendio che ha interessato la sua abitazione in via Matteotti a Russi nella serata del 15 febbraio. L’uomo non pare essere in gravi condizioni ma è stato soccorso dal 118 e ricoverato per accertamenti. Per domare le fiamme sono servite un paio di ore: danneggiati i locali dell’appartamento. A chiamare i vigili del fuoco è stata la vicina di casa che verso le 21 si è accorta del fumo che usciva dalle finestre adiacenti e ha allertato il 115 probabilmente salvando la vita dell’uomo. Sul posto anche i carabinieri.

Al Pala De André di Ravenna le finali di coppa Italia di serie A di pallavolo 

Il 19 e il 20 marzo protagonista il grande volley femminile

È ufficiale: sarà il Pala De Andrè ad ospitare, il 19 e il 20 marzo, le finali di Coppa Italia di serie A femminile di pallavolo. «È una notizia bellissima per Ravenna – commenta il sindaco Fabrizio Matteucci –, che ha vissuto i fasti dell’Olimpia Teodora e che da sempre nutre una passione fortissima per la pallavolo. Il grande volley femminile torna quindi ad essere protagonista nella nostra città. Questo appuntamento si svolge nella cornice di Ravenna Città Europea dello Sport che si conferma un’occasione preziosa per la nostra città di diventare sede di eventi sportivi di grande prestigio».

Nel weekend del 19-20 marzo, come ormai da tradizione, si assegneranno due trofei: la 38^ Coppa Italia di Serie A1 e la 19^ Coppa Italia di Serie A2. Il programma prevede le semifinali di A1 il sabato, mentre domenica la finalissima, preceduta dalla finale di A2. I nomi delle quattro semifinaliste di A1 si conosceranno nella tarda serata di mercoledì 17 febbraio al termine dei quarti di finale, in gara secca sul campo delle migliori classificate al termine del girone di andata della Regular Season. Detentrice del trofeo è la Igor Gorgonzola Novara, che l’anno scorso si impose in finale sulla Liu Jo Modena.

Già note le due squadre di A2 che si contenderanno il titolo che dodici mesi fa fu del Sudtirol Bolzano: Volley 2002 Forlì e Volley Soverato.

Per l’assessore allo Sport del Comune di Ravenna, Guido Guerrieri si tratta del giusto riconoscimento ad una città che ha scritto pagine gloriose in questo sport: «Sono felice per gli sportivi ravennati ed in particolare per l’intero movimento della pallavolo. Mi auguro che il ritorno della grande pallavolo a Ravenna sia da stimolo per le nostre squadre affinché tornino ad occupare quelle posizioni che competono loro. Questa due giorni sarà l’occasione – ha proseguito Guerrieri – per riempire il Pala De Andrè proprio come lo sono state in questa settimana le gare di campionato del Porto Robur Costa e dell’OraSi».

«Laura Pausini non è più l’unica di Solarolo che ha vinto Sanremo…»

Una compaesana della popstar è la truccatrice del video della canzone
degli Stadio, girato nel Ravennate «facendo il tifo per la nebbia»

Sul palco dell’Ariston ha strappato sorrisi dicendo di essere l’unica ragazza di Solarolo ad aver vinto Sanremo ma Laura Pausini non poteva immaginare che cinque giorni dopo una compaesana avrebbe partecipato alla vittoria degli Stadio: Raffaella Tabanelli è infatti la truccatrice del videoclip della canzone “Un giorno mi dirai” (vedi in fondo alla pagina) che ha conquistato la 66esima edizione del festival della canzone italiana. Da sabato sera si gusta la sensazione con la giusta ironia: «La vittoria di persone con cui ho lavorato è stata una bella emozione. Mi piace pensare che un po’ ho vinto anche io. Non a caso anche il prete di Solarolo era molto felice».

Il video per la regia di Domenico Giovannini è stato realizzato in due giorni di riprese (30 e 31 gennaio scorso) in provincia di Ravenna: gli Stadio partono dal teatro Rossini di Lugo e in auto raggiungono la spiaggia di Marina Romea alla foce del Lamone dopo aver attraversato le nebbiose campagne ravennati: Pieve Cesato, Rossetta, Savarna, Conventello, Sant’Alberto, solo per nominare alcune delle località attraversate dal Suv guidato da Gaetano Curreri. Tappe in cui Raffaella ha sfoderato la postazione mobile per il makeup: «La valigia per il set è dotata di una sedia perché il trucco va fatto sul posto sapendosi arrangiare all’aperto, anche in auto. Ma è stato divertente così». Tutte le scene sono state girate all’aperto «in due giornate piuttosto fredde ma non è la prima volta che lavoro in condizioni simili per produzioni video – dice la 40enne che ha trasformato in professione un hobby cominciato nel 1991 e ora, da una decina di anni, è insegnante di trucco che tiene corsi in giro per l’Italia –. La collaborazione con Giovannini va avanti da diverso tempo con buoni risultati, ho già lavorato per video e docufilm».

L’esperienza professionale lascia un bel ricordo a Raffaella: «È sempre piacevole avere a che fare con artisti di fama che si comportano in maniera molto umile, con disponibilità, mettendo tutti a loro agio». Tra i momenti più curiosi della due giorni c’è sicuramente quello in cui troupe e artisti si sono ritrovati a fare il tifo per la nebbia: «Per l’ultima scena al mare serviva la nebbia e si sperava di averla naturale per l’effetto migliore. La sera prima tutti a sperarci e il giorno dopo puntualmente è arrivata. Non mi era mai capitato di accogliere la nebbia con piacere. Forse le ragazze che hanno dovuto girare le scene con i piedi in acqua sulla battigia avrebbero preferito una giornata di sole…».

Ma dove inizia il percorso di Raffaella? «Dal 1991 all’età di sedici anni, mentre conseguivo gli studi superiori per ragionieri, lavoravo in profumeria come commessa e mi dilettavo a truccare le clienti e le prime spose. Da lì è iniziata una passione senza fine».

«Laura Pausini non è più l’unica di Solarolo che ha vinto Sanremo…»

Una compaesana della popstar è la truccatrice del video della canzone degli Stadio, girato nel Ravennate «facendo il tifo per la nebbia»

Sul palco dell’Ariston ha strappato sorrisi dicendo di essere l’unica ragazza di Solarolo ad aver vinto Sanremo ma Laura Pausini non poteva immaginare che cinque giorni dopo una compaesana avrebbe partecipato alla vittoria degli Stadio: Raffaella Tabanelli è infatti la truccatrice del videoclip della canzone “Un giorno mi dirai” (vedi in fondo alla pagina) che ha conquistato la 66esima edizione del festival della canzone italiana. Da sabato sera si gusta la sensazione con la giusta ironia: «La vittoria di persone con cui ho lavorato è stata una bella emozione. Mi piace pensare che un po’ ho vinto anche io. Non a caso anche il prete di Solarolo era molto felice».

Il video per la regia di Domenico Giovannini è stato realizzato in due giorni di riprese (30 e 31 gennaio scorso) in provincia di Ravenna: gli Stadio partono dal teatro Rossini di Lugo e in auto raggiungono la spiaggia di Marina Romea alla foce del Lamone dopo aver attraversato le nebbiose campagne ravennati: Pieve Cesato, Rossetta, Savarna, Conventello, Sant’Alberto, solo per nominare alcune delle località attraversate dal Suv guidato da Gaetano Curreri. Tappe in cui Raffaella ha sfoderato la postazione mobile per il makeup: «La valigia per il set è dotata di una sedia perché il trucco va fatto sul posto sapendosi arrangiare all’aperto, anche in auto. Ma è stato divertente così». Tutte le scene sono state girate all’aperto «in due giornate piuttosto fredde ma non è la prima volta che lavoro in condizioni simili per produzioni video – dice la 40enne che ha trasformato in professione un hobby cominciato nel 1991 e ora, da una decina di anni, è insegnante di trucco che tiene corsi in giro per l’Italia –. La collaborazione con Giovannini va avanti da diverso tempo con buoni risultati, ho già lavorato per video e docufilm».

L’esperienza professionale lascia un bel ricordo a Raffaella: «È sempre piacevole avere a che fare con artisti di fama che si comportano in maniera molto umile, con disponibilità, mettendo tutti a loro agio». Tra i momenti più curiosi della due giorni c’è sicuramente quello in cui troupe e artisti si sono ritrovati a fare il tifo per la nebbia: «Per l’ultima scena al mare serviva la nebbia e si sperava di averla naturale per l’effetto migliore. La sera prima tutti a sperarci e il giorno dopo puntualmente è arrivata. Non mi era mai capitato di accogliere la nebbia con piacere. Forse le ragazze che hanno dovuto girare le scene con i piedi in acqua sulla battigia avrebbero preferito una giornata di sole…».

Ma dove inizia il percorso di Raffaella? «Dal 1991 all’età di sedici anni, mentre conseguivo gli studi superiori per ragionieri, lavoravo in profumeria come commessa e mi dilettavo a truccare le clienti e le prime spose. Da lì è iniziata una passione senza fine».

Nidi: dal Comune la novità dei voucher e oltre mezzo milione di euro ai privati

Ecco le nuove convenzioni per gli asili. L’assessore: «Le imprese
siano più flessibili su orari e magari aperture al sabato mattina»

Un nuovo sistema di convenzionamento con tutti i soggetti interessati, in modo da rendere stabile per i prossimi anni nel territorio del comune di Ravenna la presenza di asili privati – a fianco della tradizionale offerta di posti comunali – per i bambini da 3 mesi a 3 anni, i cosiddetti nidi, ormai divenuti servizi fondamentali per molte famiglie.

Un’esperienza, quella dei nidi privati, partita a Ravenna una decina di anni fa e che ha visto con il tempo aumentare le strutture ma anche – complice la crisi – alcune imprese chiudere. È sicuramente complicato, infatti, resistere sul mercato per un nido privato senza alcun contributo del pubblico. E l’Amministrazione infatti, a fronte della permanenza di liste d’attesa (al momento sono 116 per esempio i bambini senza un posto comunale), con il tempo (lo prevede una legge regionale del 2000) ha stipulato convenzioni o protocolli con soggetti privati in grado di ospitare bambini con lo stesso (se non addirittura più elevato) standard qualitativo delle strutture pubbliche, tanto da essere appunto utilizzati per le graduatorie allo stesso modo dei nidi comunali. Una prassi che va avanti da un decennio in maniera disarticolata – tra corrispettivi e contributi variabili, versati a seconda dei casi differentemente dal Comune ai privati – e che ora l’Amministrazione ha deciso di riordinare con un vero e proprio piano triennale le cui linee guida sono state approvate dal consiglio comunale (con l’astensione dei 5 Stelle e di Sirio Stampa di Lista per Ravenna e il voto favorevole di tutti gli altri gruppi, anche di opposizione) giovedì 11 febbraio.

La prima notizia è che, come promesso, non sono previsti tagli, passando anzi l’investimento del Comune per i nidi privati (al netto delle entrate per le rette incassate direttamente fino ad oggi, come non accadrà invece più) dai 540mila euro circa del 2015 (ultimo anno solare in cui è stato utilizzato ininterrottamente il vecchio sistema, che resterà in vigore invece solo fino a questa estate) ai 560mila euro previsti per il 2017. E l’investimento complessivo dell’Amministrazione aumenterà sensibilmente (fino ad arrivare a 680mila euro) con l’emissione per la prima volta di voucher comunali per andare incontro alle esigenze delle famiglie che non usufruiranno del servizio pubblico (per scelta o per esclusione) coprendo in parte la retta per il nido privato (a Ravenna di quasi 600 euro in media al mese). Si tratta di una sorta di pezza che il Comune ha deciso di mettere a fronte della fine dell’esperienza (a giugno 2015) degli analoghi voucher regionali a cui la Regione ha deciso di rinunciare, preferendo utilizzare le risorse europee, fino a quel momento indirizzate all’infanzia, per politiche occupazionali. A dire il vero i voucher regionali non erano neppure molto utilizzati dagli utenti (nell’ultimo anno scolastico in cui sono stati pubblicati, il 2014-205, ne erano stati concessi una trentina sui cento disponibili) anche per alcuni vincoli piuttosto limitanti, come quello che restringeva la partecipazione al bando solo a famiglie con entrambi i genitori occupati. Quelli comunali saranno invece più accessibili, assicura l’assessore all’Istruzione di Ravenna, Ouidad Bakkali, prevedendo per i primi mesi del prossimo anno scolastico (settembre-dicembre) un plafond di 50mila euro che crescerà nel 2017 arrivando a regime attorno ai 120mila euro annui. L’intenzione in questo modo è quella di distrubuire 50-60 voucher (praticamente per un bambino su due, considerato il fatto che quest’anno sono 103 quelli iscritti nei nidi privati, non convenzionati) dall’importo medio di circa 200 euro. Potranno farne richiesta le famiglie con un Isee compreso tra 7.500 e 35mila euro e i rimborsi varieranno di conseguenza tra i 50 e i 300 euro mensili.

L’altro fulcro della convenzione è quella – come detto – di adeguare e uniformare le convenzioni in una logica di semplificazione – si legge nella delibera – e «di parità ed equità di trattamento rispetto ai diversi gestori». A risultare penalizzati, con tagli anche consistenti, sono i privati che avevano ottenuto le prime convenzioni otto, nove o anche dieci anni fa, quando c’erano maggiori risorse, più bambini e anche meno concorrenza. Il Comune mira quindi a redistribuire i posti convenzionati – che resteranno circa 170 in totale – tra le strutture private presenti (a oggi una quindicina, ma potrebbero aumentare di qualche unità), autorizzate secondo le norme di legge e che risponderanno alla chiamata pubblica dei prossimi mesi. Saranno quindi redistribuite anche le risorse, in modo omogeneo, con un corrispettivo che il Comune verserà ai privati di 580 euro al mese (cifra rivista al rialzo e che riconosce per la prima volta al gestore anche i costi della ristorazione) per bambino convenzionato. In questo modo tutti i privati saranno trattati allo stesso modo e l’unica eccezione (con convenzione studiata appositamente) sarà rappresentata dall’esperienza del nido interaziendale l’Hera dei Bimbi che si trova in un immobile di proprietà comunale e per cui il Comune dovrà – anche se solo probabilmente pro forma, visto che pare improbabile che Hera possa abbandonare il progetto – pubblicare un avviso pubblico per affidarne la gestione.

Infine, con questo nuovo piano di convenzioni il Comune si pone anche l’obiettivo di realizzare un sistema – citiamo ancora la delibera – «dove l’offerta di posti privati convenzionati sia chiara e omogenea per le famiglie», che potranno così scegliere nell’ambito del bando annuale di iscrizione (solitamente pubblicato tra marzo e aprile e che quest’anno metterà in rilievo appunto anche la novità dei voucher) fra nidi comunali e una pluralità di servizi privati a cui accedere alle stesse condizioni economiche.

L’assessore Bakkali commenta con orgoglio il nuovo piano e sembra quasi rispondere alle accuse di Alberto Ancarani di Forza Italia che lo considerà, apprezzando, un provvedimento di destra: «Il nostro sistema pubblico-privato ha sempre avuto e continuerà ad avere sempre una forte governance pubblica – dice Bakkali –, con standard qualitativi alti (a tal fine esiste anche un organismo di controllo comunale che effettua almeno due sopralluoghi nei nidi privati durante il ciclo di convenzionamento, per evitare anche – dicono dal Comune – la pratica del baby parking camuffato, ndr) in un territorio dove storicamente le famiglie hanno pretese alte». Il passo successivo che l’assessore dice di voler compiere con questo nuovo piano è vedere il privato «integrarsi nel vero senso della parola al pubblico, costruendo insieme un sistema più flessibile per rispondere alle necessità delle famiglie che sono diverse rispetto al passato. Il privato, per restare sul mercato – conclude Bakkali – deve cercare anche di coprire quello che non riesce a fare il pubblico: penso agli orari (i nidi comunali solitamente restano aperti dalle 7.30 alle 17, ndr), ai sabati mattina, magari ad alcuni festivi… Dovranno cercare di essere, in definitiva, sempre più flessibili».

Nidi: dal Comune la novità dei voucher e oltre mezzo milione di euro ai privati

Ecco le nuove convenzioni per gli asili. L’assessore: «Le imprese
siano più flessibili su orari e magari aperture al sabato mattina»

Un nuovo sistema di convenzionamento con tutti i soggetti interessati, in modo da rendere stabile per i prossimi anni nel territorio del comune di Ravenna la presenza di asili privati – a fianco della tradizionale offerta di posti comunali – per i bambini da 3 mesi a 3 anni, i cosiddetti nidi, ormai divenuti servizi fondamentali per molte famiglie.

Un’esperienza, quella dei nidi privati, partita a Ravenna una decina di anni fa e che ha visto con il tempo aumentare le strutture ma anche – complice la crisi – alcune imprese chiudere. È sicuramente complicato, infatti, resistere sul mercato per un nido privato senza alcun contributo del pubblico. E l’Amministrazione infatti, a fronte della permanenza di liste d’attesa (al momento sono 116 per esempio i bambini senza un posto comunale), con il tempo (lo prevede una legge regionale del 2000) ha stipulato convenzioni o protocolli con soggetti privati in grado di ospitare bambini con lo stesso (se non addirittura più elevato) standard qualitativo delle strutture pubbliche, tanto da essere appunto utilizzati per le graduatorie allo stesso modo dei nidi comunali. Una prassi che va avanti da un decennio in maniera disarticolata – tra corrispettivi e contributi variabili, versati a seconda dei casi differentemente dal Comune ai privati – e che ora l’Amministrazione ha deciso di riordinare con un vero e proprio piano triennale le cui linee guida sono state approvate dal consiglio comunale (con l’astensione dei 5 Stelle e di Sirio Stampa di Lista per Ravenna e il voto favorevole di tutti gli altri gruppi, anche di opposizione) giovedì 11 febbraio.

La prima notizia è che, come promesso, non sono previsti tagli, passando anzi l’investimento del Comune per i nidi privati (al netto delle entrate per le rette incassate direttamente fino ad oggi, come non accadrà invece più) dai 540mila euro circa del 2015 (ultimo anno solare in cui è stato utilizzato ininterrottamente il vecchio sistema, che resterà in vigore invece solo fino a questa estate) ai 560mila euro previsti per il 2017. E l’investimento complessivo dell’Amministrazione aumenterà sensibilmente (fino ad arrivare a 680mila euro) con l’emissione per la prima volta di voucher comunali per andare incontro alle esigenze delle famiglie che non usufruiranno del servizio pubblico (per scelta o per esclusione) coprendo in parte la retta per il nido privato (a Ravenna di quasi 600 euro in media al mese). Si tratta di una sorta di pezza che il Comune ha deciso di mettere a fronte della fine dell’esperienza (a giugno 2015) degli analoghi voucher regionali a cui la Regione ha deciso di rinunciare, preferendo utilizzare le risorse europee, fino a quel momento indirizzate all’infanzia, per politiche occupazionali. A dire il vero i voucher regionali non erano neppure molto utilizzati dagli utenti (nell’ultimo anno scolastico in cui sono stati pubblicati, il 2014-205, ne erano stati concessi una trentina sui cento disponibili) anche per alcuni vincoli piuttosto limitanti, come quello che restringeva la partecipazione al bando solo a famiglie con entrambi i genitori occupati. Quelli comunali saranno invece più accessibili, assicura l’assessore all’Istruzione di Ravenna, Ouidad Bakkali, prevedendo per i primi mesi del prossimo anno scolastico (settembre-dicembre) un plafond di 50mila euro che crescerà nel 2017 arrivando a regime attorno ai 120mila euro annui. L’intenzione in questo modo è quella di distrubuire 50-60 voucher (praticamente per un bambino su due, considerato il fatto che quest’anno sono 103 quelli iscritti nei nidi privati, non convenzionati) dall’importo medio di circa 200 euro. Potranno farne richiesta le famiglie con un Isee compreso tra 7.500 e 35mila euro e i rimborsi varieranno di conseguenza tra i 50 e i 300 euro mensili.

L’altro fulcro della convenzione è quella – come detto – di adeguare e uniformare le convenzioni in una logica di semplificazione – si legge nella delibera – e «di parità ed equità di trattamento rispetto ai diversi gestori». A risultare penalizzati, con tagli anche consistenti, sono i privati che avevano ottenuto le prime convenzioni otto, nove o anche dieci anni fa, quando c’erano maggiori risorse, più bambini e anche meno concorrenza. Il Comune mira quindi a redistribuire i posti convenzionati – che resteranno circa 170 in totale – tra le strutture private presenti (a oggi una quindicina, ma potrebbero aumentare di qualche unità), autorizzate secondo le norme di legge e che risponderanno alla chiamata pubblica dei prossimi mesi. Saranno quindi redistribuite anche le risorse, in modo omogeneo, con un corrispettivo che il Comune verserà ai privati di 580 euro al mese (cifra rivista al rialzo e che riconosce per la prima volta al gestore anche i costi della ristorazione) per bambino convenzionato. In questo modo tutti i privati saranno trattati allo stesso modo e l’unica eccezione (con convenzione studiata appositamente) sarà rappresentata dall’esperienza del nido interaziendale l’Hera dei Bimbi che si trova in un immobile di proprietà comunale e per cui il Comune dovrà – anche se solo probabilmente pro forma, visto che pare improbabile che Hera possa abbandonare il progetto – pubblicare un avviso pubblico per affidarne la gestione.

Infine, con questo nuovo piano di convenzioni il Comune si pone anche l’obiettivo di realizzare un sistema – citiamo ancora la delibera – «dove l’offerta di posti privati convenzionati sia chiara e omogenea per le famiglie», che potranno così scegliere nell’ambito del bando annuale di iscrizione (solitamente pubblicato tra marzo e aprile e che quest’anno metterà in rilievo appunto anche la novità dei voucher) fra nidi comunali e una pluralità di servizi privati a cui accedere alle stesse condizioni economiche.

L’assessore Bakkali commenta con orgoglio il nuovo piano e sembra quasi rispondere alle accuse di Alberto Ancarani di Forza Italia che lo considerà, apprezzando, un provvedimento di destra: «Il nostro sistema pubblico-privato ha sempre avuto e continuerà ad avere sempre una forte governance pubblica – dice Bakkali –, con standard qualitativi alti (a tal fine esiste anche un organismo di controllo comunale che effettua almeno due sopralluoghi nei nidi privati durante il ciclo di convenzionamento, per evitare anche – dicono dal Comune – la pratica del baby parking camuffato, ndr) in un territorio dove storicamente le famiglie hanno pretese alte». Il passo successivo che l’assessore dice di voler compiere con questo nuovo piano è vedere il privato «integrarsi nel vero senso della parola al pubblico, costruendo insieme un sistema più flessibile per rispondere alle necessità delle famiglie che sono diverse rispetto al passato. Il privato, per restare sul mercato – conclude Bakkali – deve cercare anche di coprire quello che non riesce a fare il pubblico: penso agli orari (i nidi comunali solitamente restano aperti dalle 7.30 alle 17, ndr), ai sabati mattina, magari ad alcuni festivi… Dovranno cercare di essere, in definitiva, sempre più flessibili».

Nidi: dal Comune la novità dei voucher e oltre mezzo milione di euro ai privati

Ecco le nuove convenzioni per gli asili. L’assessore: «Le imprese siano più flessibili su orari e magari aperture al sabato mattina»

Un nuovo sistema di convenzionamento con tutti i soggetti interessati, in modo da rendere stabile per i prossimi anni nel territorio del comune di Ravenna la presenza di asili privati – a fianco della tradizionale offerta di posti comunali – per i bambini da 3 mesi a 3 anni, i cosiddetti nidi, ormai divenuti servizi fondamentali per molte famiglie.

Un’esperienza, quella dei nidi privati, partita a Ravenna una decina di anni fa e che ha visto con il tempo aumentare le strutture ma anche – complice la crisi – alcune imprese chiudere. È sicuramente complicato, infatti, resistere sul mercato per un nido privato senza alcun contributo del pubblico. E l’Amministrazione infatti, a fronte della permanenza di liste d’attesa (al momento sono 116 per esempio i bambini senza un posto comunale), con il tempo (lo prevede una legge regionale del 2000) ha stipulato convenzioni o protocolli con soggetti privati in grado di ospitare bambini con lo stesso (se non addirittura più elevato) standard qualitativo delle strutture pubbliche, tanto da essere appunto utilizzati per le graduatorie allo stesso modo dei nidi comunali. Una prassi che va avanti da un decennio in maniera disarticolata – tra corrispettivi e contributi variabili, versati a seconda dei casi differentemente dal Comune ai privati – e che ora l’Amministrazione ha deciso di riordinare con un vero e proprio piano triennale le cui linee guida sono state approvate dal consiglio comunale (con l’astensione dei 5 Stelle e di Sirio Stampa di Lista per Ravenna e il voto favorevole di tutti gli altri gruppi, anche di opposizione) giovedì 11 febbraio.

La prima notizia è che, come promesso, non sono previsti tagli, passando anzi l’investimento del Comune per i nidi privati (al netto delle entrate per le rette incassate direttamente fino ad oggi, come non accadrà invece più) dai 540mila euro circa del 2015 (ultimo anno solare in cui è stato utilizzato ininterrottamente il vecchio sistema, che resterà in vigore invece solo fino a questa estate) ai 560mila euro previsti per il 2017. E l’investimento complessivo dell’Amministrazione aumenterà sensibilmente (fino ad arrivare a 680mila euro) con l’emissione per la prima volta di voucher comunali per andare incontro alle esigenze delle famiglie che non usufruiranno del servizio pubblico (per scelta o per esclusione) coprendo in parte la retta per il nido privato (a Ravenna di quasi 600 euro in media al mese). Si tratta di una sorta di pezza che il Comune ha deciso di mettere a fronte della fine dell’esperienza (a giugno 2015) degli analoghi voucher regionali a cui la Regione ha deciso di rinunciare, preferendo utilizzare le risorse europee, fino a quel momento indirizzate all’infanzia, per politiche occupazionali. A dire il vero i voucher regionali non erano neppure molto utilizzati dagli utenti (nell’ultimo anno scolastico in cui sono stati pubblicati, il 2014-205, ne erano stati concessi una trentina sui cento disponibili) anche per alcuni vincoli piuttosto limitanti, come quello che restringeva la partecipazione al bando solo a famiglie con entrambi i genitori occupati. Quelli comunali saranno invece più accessibili, assicura l’assessore all’Istruzione di Ravenna, Ouidad Bakkali, prevedendo per i primi mesi del prossimo anno scolastico (settembre-dicembre) un plafond di 50mila euro che crescerà nel 2017 arrivando a regime attorno ai 120mila euro annui. L’intenzione in questo modo è quella di distrubuire 50-60 voucher (praticamente per un bambino su due, considerato il fatto che quest’anno sono 103 quelli iscritti nei nidi privati, non convenzionati) dall’importo medio di circa 200 euro. Potranno farne richiesta le famiglie con un Isee compreso tra 7.500 e 35mila euro e i rimborsi varieranno di conseguenza tra i 50 e i 300 euro mensili.

L’altro fulcro della convenzione è quella – come detto – di adeguare e uniformare le convenzioni in una logica di semplificazione – si legge nella delibera – e «di parità ed equità di trattamento rispetto ai diversi gestori». A risultare penalizzati, con tagli anche consistenti, sono i privati che avevano ottenuto le prime convenzioni otto, nove o anche dieci anni fa, quando c’erano maggiori risorse, più bambini e anche meno concorrenza. Il Comune mira quindi a redistribuire i posti convenzionati – che resteranno circa 170 in totale – tra le strutture private presenti (a oggi una quindicina, ma potrebbero aumentare di qualche unità), autorizzate secondo le norme di legge e che risponderanno alla chiamata pubblica dei prossimi mesi. Saranno quindi redistribuite anche le risorse, in modo omogeneo, con un corrispettivo che il Comune verserà ai privati di 580 euro al mese (cifra rivista al rialzo e che riconosce per la prima volta al gestore anche i costi della ristorazione) per bambino convenzionato. In questo modo tutti i privati saranno trattati allo stesso modo e l’unica eccezione (con convenzione studiata appositamente) sarà rappresentata dall’esperienza del nido interaziendale l’Hera dei Bimbi che si trova in un immobile di proprietà comunale e per cui il Comune dovrà – anche se solo probabilmente pro forma, visto che pare improbabile che Hera possa abbandonare il progetto – pubblicare un avviso pubblico per affidarne la gestione.

Infine, con questo nuovo piano di convenzioni il Comune si pone anche l’obiettivo di realizzare un sistema – citiamo ancora la delibera – «dove l’offerta di posti privati convenzionati sia chiara e omogenea per le famiglie», che potranno così scegliere nell’ambito del bando annuale di iscrizione (solitamente pubblicato tra marzo e aprile e che quest’anno metterà in rilievo appunto anche la novità dei voucher) fra nidi comunali e una pluralità di servizi privati a cui accedere alle stesse condizioni economiche.

L’assessore Bakkali commenta con orgoglio il nuovo piano e sembra quasi rispondere alle accuse di Alberto Ancarani di Forza Italia che lo considerà, apprezzando, un provvedimento di destra: «Il nostro sistema pubblico-privato ha sempre avuto e continuerà ad avere sempre una forte governance pubblica – dice Bakkali –, con standard qualitativi alti (a tal fine esiste anche un organismo di controllo comunale che effettua almeno due sopralluoghi nei nidi privati durante il ciclo di convenzionamento, per evitare anche – dicono dal Comune – la pratica del baby parking camuffato, ndr) in un territorio dove storicamente le famiglie hanno pretese alte». Il passo successivo che l’assessore dice di voler compiere con questo nuovo piano è vedere il privato «integrarsi nel vero senso della parola al pubblico, costruendo insieme un sistema più flessibile per rispondere alle necessità delle famiglie che sono diverse rispetto al passato. Il privato, per restare sul mercato – conclude Bakkali – deve cercare anche di coprire quello che non riesce a fare il pubblico: penso agli orari (i nidi comunali solitamente restano aperti dalle 7.30 alle 17, ndr), ai sabati mattina, magari ad alcuni festivi… Dovranno cercare di essere, in definitiva, sempre più flessibili».

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