giovedì
18 Settembre 2025

Sindacati “in campo” per salvaguardare l’impiego dei lavoratori agricoli

A fronte di un continuo calo nell’occupazione del settore i funzionari di Flai Cgil continuano con le attività in difesa dei diritti e della sicurezza dei braccianti

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L’occupazione nel settore agricolo è storicamente uno dei traini dell’economia del territorio ravennate.  Analizzando gli elenchi anagrafici della provincia però, nel 2023 si è assistito a un consistente calo di addetti nell’ambito (-7,74%) e a un calo di di giornate lavorate (- 5,6% ) rispetto al 2022.

«La causa non è da imputare solo agli eventi calamitosi che hanno messo in difficoltà intere colture a estensivo e interi campi di frutteti, – spiegano da Flai Cgil di Ravenna – ma anche all’avversione dei lavoratori nei confronti di un settore che non offre garanzie occupazionali e, di conseguenza, non offre un reddito certo per far fronte al costo della vita che, come noto, negli ultimi anni ha messo a dura prova il potere di acquisto»

Proprio per contrastare questa tendenza, il sindacato porta avanti da anni il progetto nazionale “Ancora in campo”, un’attività di sindacato di strada che vede i funzionari di Flai Cgil Ravenna impegnati nelle campagne ravennati, con l’obiettivo di raggiungere i braccianti per informarli dei loro diritti contrattuali, a partire dal giusto salario, e diffondere informazioni sulla salute e sicurezza in agricoltura. Nel corso delle attività vengono consegnati materiali informativi, dispositivi di protezione come cappellini per ripararsi dal sole e acqua fresca.

Foto In Campo Ok1

«Lo scorso anno – spiega Laura Mazzesi, segretaria generale della Flai Cgil di Ravenna – abbiamo incontrato oltre 60 aziende agricole private nella provincia di Ravenna che occupavano, complessivamente, oltre 300 addetti, la maggior parte impegnati nella raccolta. Relazionandoci con le lavoratrici e i lavoratori, e con molti imprenditori agricoli, abbiamo riscontrato direttamente le conseguenze dei danni subiti, a causa delle svariate calamità che hanno colpito il nostro territorio. Siamo stati informati su ciò che si è salvato e sugli investimenti che le stesse aziende hanno realizzato o realizzeranno. C’è stata inoltre segnalata la difficoltà di reperire manodopera, soprattutto qualificata, da parte dei datori di lavoro. Allo stesso tempo permane una preoccupante inconsapevolezza dei diritti contrattuali da parte dei lavoratori. Alla luce di tutto questo si rafforza l’esigenza di istituire a Ravenna, come già accaduto in altri territori, la Sezione Territoriale del Lavoro agricolo di qualità. Nonostante le ripetute richieste inviate unitariamente dal sindacato a Inps-Cisoa per convocare il tavolo e dare piena applicazione alla legge 199/2016 per la costituzione della cabina di regia, ancora oggi non abbiamo un concreto riscontro. È urgente affiancare all’attività repressiva anche quella preventiva per arginare l’illegalità, anche a favore delle molte aziende sul territorio che rispettano i contratti dei lavoratori. Sarebbe inoltre l’occasione per confrontarsi sulla necessità di investire e rafforzare gli strumenti di collocamento pubblici, promuovendo l’incrocio tra domanda e offerta del settore agroalimentare».

Il coordinamento ambientalista sul gasdotto: «Necessario rivedere le autorizzazioni»

«Valutazioni di impatto ambientale obsolete e mancanza di informazione anche verso i cittadini direttamente interessati», queste alcune delle recriminazioni contenute nel testo destinato ai primi cittadini di Ravenna e Russi

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta firmata dal Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” e indirizzata ai sindaci dei comuni di Ravenna e Russi, in merito all’inizio dei lavori per la realizzazione del gasdotto della Linea Adriatica. Secondo i firmatari è necessario rivedere le pratiche amministrative-autorizzative del progetto per valutarne l’effettiva regolarità (nelle modalità e nelle tempistiche) oltre che prendere in considerazione l’ipotesi di una nuova valutazione di impatto ambientale, proposta sostenuta anche dai comitati cittadini. Infine, tra le richieste dell’associazione, gli equi indennizzi per i titolari delle proprietà interessate dal passaggio del gasdotto e una corretta informazione nei confronti della cittadinanza attraverso incontri di divulgazione e comunicati.

«Nei giorni scorsi, alle porte dell’abitato della frazione di San Pancrazio, nel Comune di Russi, in prossimità della biforcazione fra Via Santa Caterina e Via Barlete, su terreno agricolo, sono iniziati i lavori di realizzazione di un cantiere, con delimitazione di un’area di diversi ettari occupante tutto lo spazio fra la strada carrabile e l’argine sinistro del Fiume Montone, e sono stati depositati materiali ad uso del cantiere stesso. La mattina di giovedi 23 maggio è comparso un cartello esplicativo (per altro molto lontano dal ciglio della strada e in caratteri piccolissimi, tali da non rendere leggibile gran parte del contenuto), dal quale si evince che si tratta dei lavori per la costruzione della rete Snam, lotto Sestino-Minerbio, quindi il tratto nord del gasdotto “Linea Adriatica”. 

Altre opere di perimetrazione tramite picchettatura, anche se meno visibili e prive di qualsivoglia insegna descrittiva, sono rintracciabili, secondo una direttrice perfettamente in continuità con il cantiere sopra descritto, nei campi coltivati a destra del fiume Montone, in direzione dell’abitato di Roncalceci, raggiungibili da Via Ragone, all’altezza del civico 34.  

Non vi è dubbio pertanto che stiano partendo i lavori di costruzione di un’ opera, sulla quale come Coordinamento “Per il Clima – Fuori dal Fossile” abbiamo reiteratamente chiesto –  tramite i mezzi d’informazione – che si dessero risposte a numerosi interrogativi, senza per altro ricevere risposta alcuna. 

In una seduta di alcuni mesi fa, il Consiglio Comunale di Ravenna aveva sostanzialmente e acriticamente ratificato la realizzazione del gasdotto “Linea Adriatica”, votando il punto denominato “Ottimizzazioni metanodotto Sestino – Minerbio (…), tratto ricadente nel Comune di Ravenna”.  

Da sempre cerchiamo di sostenere che non si tratta affatto di prevedere alcune minime migliorie e proporre alcune raccomandazioni: Bisognerebbe avere il coraggio di rimettere in discussione l’intero progetto. 

Innanzi tutto tale opera nel tratto sud è oggetto di contestazioni civili e legali da parte della popolazione e anche di diverse istituzioni, e a tutt’oggi i lavori sono fermi a Sulmona, ove viene messa in dubbio la stessa legittimità del cantiere di costruzione della Centrale di Compressione, che insiste in un territorio di notevolissimo pregio naturalistico ed archeologico, nonché ad alto rischio sismico.  

Per cui può ancora accadere che i lavori nel tratto sud vengano bloccati. A quel punto non si capisce che senso abbia iniziare le opere di costruzione in un territorio (il nostro) centinaia di chilometri più a nord.  

Come detto in numerosi nostri interventi a mezzo stampa, e come ripreso anche da un’interrogazione in Consiglio Regionale, alcuni mesi fa il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIg), associazione che si occupa costantemente degli aspetti legali nelle criticità ambientali, aveva inviato un’ istanza al Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica e al Ministero della Cultura per sollecitare un provvedimento che dichiari la perdita di efficacia dei decreti che hanno dato giudizio positivo al progetto di gasdotto “Rete Adriatica”.

Anche se i decreti ministeriale  su cui il GrIg concentrava la propria attenzione, interessano prevalentemente  il tronco Foligno-Sestino,  e quello Sulmona-Foligno, è evidente che  il tema riguarda tutto il tracciato della Linea Adriatica, e quindi anche il lunghissimo tratto che partendo da Sestino (in Provincia di Arezzo) dovrà attraversare amplissime aree della Romagna e del territorio ravennate, interessando i Comuni di Ravenna, Russi, Alfonsine e Bagnacavallo. 

I decreti autorizzativi sono vecchi di molti anni, mentre la più recente giurisprudenza afferma che i procedimenti di valutazione d’impatto ambientale (V.i.a.) debbano avere durata quinquennale, anche se emanati prima della riforma del Codice dell’ambiente del 2008, come nei casi in argomento. Le autorizzazioni a suo tempo emesse, a nostro avviso (e non solo) vanno considerate scadute. Tanto è vero che, in risposta all’interrogazione in Consiglio Regionale  di cui sopra, il sottosegretario alla Presidenza ha affermato che si sarebbe dovuta coinvolgere la Conferenza Stato Regioni per una rivalutazione d’insieme della questione. 

Il progetto di gasdotto Rete Adriatica  è il ben noto “gasdotto dei terremoti”, visto che il tracciato prescelto riesce, oltre che a provocare un immane scempio ambientale sull’Appennino, a interessare buona parte delle zone a maggiore rischio sismico  a livello europeo.  

È un’opera che ha caratteristiche pesantemente impattanti: una lunghezza complessiva di km. 687 (con tubazione di diametro di un metro e venti, a cinque metri di profondità, che decorre in uno spazio di una larghezza di 40 metri, quanto un’autostrada), attraversa dieci Regioni, interessa aree di rilevante importanza naturalistica, fra cui tre parchi nazionali, un parco naturale regionale, ventuno siti di importanza comunitaria, ed anche aree a alto rischio sismico e idrogeologico. Dopo l’alluvione del 2023, nella nostra regione sono state censite 80.000 (ottantamila) frane, in buona parte proprio nelle zone dove dovrà passare il gasdotto. Comporterà sia l’abbattimento di svariati milioni di alberi che emissioni climalteranti elevatissime per la sua realizzazione.

Non è stato effettuato un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale come richiesto da normativa e giurisprudenza comunitaria, né una procedura di valutazione ambientale strategica.  

Bisogna poi parlare del costo dell’opera, stimato ormai in ben 2,4 miliardi di euro, e del fatto che (lo ammette lo stesso Gruppo Snam) nel 2030 si avrà un consumo di circa 60 miliardi  di metri cubi di gas, e forse anche meno, visto che nell’anno passato il consumo ha di poco superato i sessanta miliardi ed è in costante calo, a fronte di una capacità complessiva, da parte delle infrastrutture già oggi esistenti, di 100 miliardi di metri cubi all’anno. Il che significa che saranno opere fortemente sottoutilizzate (e la loro costruzione grava sulle tasche degli Italiani), in presenza di rischi assai elevati anche dal punto di vista della sicurezza complessiva, come dimostrano per esempio il ben noto disastro occorso in un importante gasdotto iraniano e altri episodi nel tempo.

Pertanto, è convinzione nostra e di tanti esponenti del mondo scientifico e giuridico che chiedere che vengano riviste le procedure autorizzative sia un atto di puro e semplice buon senso.  

Tutte le Istituzioni interessate dovrebbero fare propria questa richiesta. Parlare di “ottimizzazioni”, riferendosi alla tutela di alcune piante monumentali e a minime deviazioni, ha il sapore della beffa vera e propria. E se poi – come si sente dire – si proporranno eventuali “compensazioni” sarà l’ammissione di tutte le criticità che l’opera comporta e della volontà di non volerle contrastare. 

Per quanto riguarda i lavori attualmente in via di cantierizzazione, facciamo notare che di qui a poco quell’area sarà fortemente appesantita dalla chiusura del ponte sul fiume Montone fra San Pancrazio e Ragone, per rifacimento della struttura, da gran tempo prevista e annunciata, ma a tutt’oggi non ancora avviata. Il periodo di inutilizzabilità del ponte comporterà uno stravolgimento del traffico locale, con moltiplicazione del numero di veicoli circolanti, per diversi mesi. Aggiungere a tale forte stato di disagio i lavori di un cantiere, che comporterà anch’esso diversi mesi di lavoro e traffico di mezzi pesanti, rischia di trasformare la vita della zona, abitualmente tranquilla;  in un vero e proprio inferno, fra l’altro in un periodo in cui si svolgono lavori agricoli importanti. 

Chiediamo quindi di sapere: 

  • Se le pratiche amministrative-autorizzative da parte dei Comuni e di ogni altra istituzione coinvolta, ivi comprese la Regione Emilia Romagna e l’Autorità di Bacino, in quanto referenti per la gestione degli ambiti fluviali, siano state espletate correttamente in ogni loro parte 
  • Se SNAM abbia comunicato ai Comuni con almeno trenta giorni di anticipo, come previsto per legge, l’avvio del cantiere; e in caso negativo, se vi sia consapevolezza che la mancata opposizione costituisca sostegno ad un’azione illegale. 
  • Se si sia presa in considerazione l’ipotesi, più volte ritenuta necessaria dai comitati della cittadinanza attiva e da esperti dell’ambito giuridico, di adire ad una nuova Valutazione di Impatto Ambientale unica per l’intera opera, visto che gli atti autorizzativi a suo tempo emessi risalgono a molti anni addietro e nel frattempo sono emersi elementi nuovi e massimamente importanti sia dal punto di vista idrogeologico, che economico-energetico, che ecologico. 
  • Se siano state già espletate le pratiche di indennizzo/esproprio ai titolari delle proprietà interessate, o se siano state concordate servitù. E in tali casi, visto che l’opera impatta gravemente e in vari modi  l’ambiente per una superficie ben più vasta di quella di pertinenza di alcuni proprietari, per quale motivo non si sia avviata una capillare e dettagliata opera d’informazione delle popolazioni. 
  • Se in particolare, non si ritenga fondamentale rendere edotta la cittadinanza, con particolare riferimento alle abitazioni prossime al tracciato, dei rischi che l’opera comporta (sono noti episodi di esplosione e di incendio di gasdotti ed altre opere metanifere) e quali piani di evacuazione siano stati predisposti e comunicati. 

Per parte nostra non possiamo che sottolineare, ancora una volta, come Ravenna e i Comuni limitrofi siano un territorio già fortemente provato dalla presenza soffocante delle strutture metanifere. Fra l’altro, come la popolazione ben ricorda, era stato  ampiamente sbandierato che l’arrivo del rigassificatore avrebbe comportato l’indipendenza dai gasdotti provenienti dall’estero, e quindi – implicitamente – si era sostenuta l’inutilità di costruirne di nuovi. 

Secondo noi, purtroppo, a Ravenna, e nella Regione, le Istituzioni evidentemente stanno dando carta bianca ai colossi del gas e dell’universo estrattivista. Dobbiamo constatare che del nostro territorio si vuole fare una vera e propria zona di sacrificio in favore del solo profitto del mondo estrattivista.

Per tutte queste ragioni chiediamo esplicitamente alla Sindaca di Russi, al  Sindaco di Ravenna, agli Assessorati competenti, alla Regione Emilia Romagna e al Governo Nazionale, di rendersi disponibili ad approfondire il discorso, pronunciarsi per la revisione degli iter autorizzativi, e intanto stabilire una moratoria, anche alla luce del quadro energetico complessivo in via di profonda trasformazione. E nel frattempo si agisca per favorire realmente la riconversione ecologica. 

In ogni caso, si provveda ad un’adeguata informazione e a un reale coinvolgimento delle popolazioni interessate. 

Attendiamo un rapido riscontro, non solo e non tanto a noi, ma al popolo che amministrate». 

«La pizza è il prodotto democratico per eccellenza. Quella ravennate mi ha sorpreso»

Ne parla il “ricercatore” Renato Bosco, protagonista di una serie di incontri organizzati da Molino Spadoni per clienti e lavoratori del settore

Renato Bosco, pizzaiolo e “pizza ricercatore” veronese, noto a livello nazionale per il programma televisivo “Na Pizza”, il lancio del brand Saporè in collaborazione con Autogrill e il riconoscimento da parte della guida gastronomica “Identità Golose”, sarà a Ravenna per una serie di incontri organizzati da Molino Spadoni, dedicati ai clienti del brand e più in generale a lavoratori del settore.

La collaborazione tra Bosco e Spadoni è nata due anni fa, e questo nuovo percorso formativo è stato ideato per lanciare un forte segnale di ripresa da parte del Molino verso la propria clientela: a seguito dell’alluvione, infatti, il marchio ha registrato ingenti perdite di territorio e prodotti, riuscendo però in breve tempo a riconfermare la propria competitività sul mercato. 

L’appuntamento dello scorso 23 aprile, a numero chiuso, ha dato vita a un dialogo con i panificatori affiliati a Spadoni, che hanno potuto esplicitare le proprie richieste sui temi e le competenze da affinare durante il corso. Il calendario di appuntamenti si svilupperà nei prossimi mesi e prevede una commistione tra pratica e teoria negli spazi dell’Accademia Molino Spadoni di Villa Selva.

Tra temi principali che verranno affrontati insieme all’ambassador, la panificazione e l’attenzione alle materie prime di qualità, con un focus particolare sulla consulenza e la formazione imprenditoriale. 

Che insegnamento vorrebbe trasmettere ai partecipanti del workshop?
«L’obiettivo principale del corso è quello di accogliere e valorizzare le richieste dei clienti. Durante l’incontro introduttivo si è parlato di aggiornamenti tecnici, di selezione di farine e lieviti. La risposta del pubblico è stata eccezionale, sia in termini di affluenza all’evento che di partecipazione al dialogo. Dal canto mio però c’è una particolare attenzione al concetto di “riappropriarsi del proprio tempo”: il panificatore è un grande lavoratore, si alza presto e fatica molto. Grazie allo studio di sistemi più innovativi, come la tecnica del freddo e processi analoghi, si possono velocizzare procedure lente e complesse ritagliando tempo da dedicare ad altri aspetti dell’attività. Un altro aspetto che verrà affrontato durante il corso infatti è quello burocratico: il mondo dei panificatori è molto più legato all’artigianato che all’imprenditoria, ma al giorno d’oggi è importante avere un’idea chiara di business plan, sapendosi districare tra food cost e amministrazione».

L’appellativo che le viene conferito più spesso non è quello di pizzaiolo ma di pizza ricercatore”, può dirci qualcosa di più?
«È una domanda a cui rispondo con orgoglio, perché nella mia vita ho dedicato tanto spazio al mondo della ricerca, e questo “soprannome” nasce grazie a quell’impegno. Sono curioso di natura e, di conseguenza, non sono mai contento. Mi piace scavare a fondo tra studio della tecnica e della materia prima, è come se inseguissi sempre quel qualcosa “in più”. A chi mi dice che sarei arrivato da un pezzo, se solo mi accontentassi, rispondo che per me la ricerca è un atto quotidiano, un qualcosa che mi viene semplice e spontaneo, spinto dal desiderio di migliorarmi e dalla volontà di divulgare ciò che imparo».

Queste ricerche la portano spesso ad esplorare quelle che lei stesso definiscepizze territoriali” e che considera un valore aggiunto rispetto alla classica pizza napoletana. La pizza del ravennate come le è sembrata?
«Esattamente. La tradizione è importante anche per un pizzaiolo contemporaneo, ma lo stesso mondo napoletano si sta modernizzando: i giovani non vogliono essere ingessati dai limiti imposti dalla tradizione, e oggi attraverso la pizza si raccontano il territorio e la persona. Questa è la forza della “pizza territoriale” e il motivo per cui va valorizzata. Per quanto riguarda Ravenna, sono veramente sorpreso. Nell’ultimo decennio, il livello della pizza si alzato in modo significativo a livello nazionale, e devo dire che Ravenna è un’ottima rappresentanza di un settore in costante ascesa. Ho frequentato principalmente pizzerie che conosco e da cui so cosa aspettarmi, ma ho anche accettato validissimi inviti “al buio” da parte di colleghi della città».

Nella lotta tra “tradizionale” e “gourmet” è quindi la seconda ad avere la meglio oggi?
«Non c’è un vincitore e non c’è un vinto, a farla da padrone sono solo l’intelligenza e la voglia di fare. La pizza è il prodotto democratico per eccellenza, supera le barriere di culture e religioni e non si traduce in nessuna lingua del mondo: nasce per mettere d’accordo tutti. L’unica vittoria secondo me consiste nello spostare la propria visione, crescendo e ampliando il proprio mondo tra studio e creatività».

Per quello che riguarda gli abbinamenti invece, c’è un vincitore tra la classica accoppiata “pizza e birra” e il più moderno calice di vino?
«In questo momento sta vincendo il vino, sotto tanti aspetti. La bollicina si riconferma essere l’abbinamento più congeniale, ma la mia recente visita al Vinitaly di Verona mi ha dato tanti spunti nuovi straordinari. Tra le novità degli ultimi anni poi, l’accostamento tra pizzeria e mixology. Un’idea interessante, soprattutto con particolari tipi di gin».

E della famigerata pizza con l’ananas invece cosa ne pensa?
«Nulla di scandaloso per quel che mi riguarda. L’ho proposta anche io per un periodo, presentandola anche a Identità Golose. Ovviamente non si parla di aprire una latta di ananas sciroppata e buttarla sopra la pizza, ci deve essere sempre dietro un pensiero, una ricerca, come per l’utilizzo di qualsiasi materia prima. Se l’accostamento viene fatto solo per attirare l’attenzione, o per provocare, allora sono meno favorevole…».

Qualche consiglio per gli appassionati di panificazione che vogliono preparare la propria pizza in casa?
«Studiare a fondo la materia prima. Tra i vari corsi che tengo, uno è dedicato in particolar modo alle casalinghe e il tema principale è sempre quello della farina. È l’ingrediente principale della panificazione e quindi è importante conoscerlo, ma bisogna anche capire che a diversi tipi di farina corrispondono diverse idoneità di lavorazione. Devo ammettere però che al giorno d’oggi c’è molta più attenzione al riguardo: quando da piccolo andavo al supermercato con mia madre la scelta si giocava tra “0” e “00”; oggi invece non è raro vedere persone ferme tra gli scaffali mentre leggono con attenzione le etichette, districandosi tra termini come “contenuto proteico”, “carboidrati” e “picco glicemico”. C’è maggiore consapevolezza nell’alimentazione».

Il professor Orsini e Moni Ovadia al convegno “per la pace” del Movimento 5 Stelle

All’Almagià anche Francesca Albanese, inviata speciale Onu per la Palestina

Pignedoli
Sabrina Pignedoli

Ci saranno Mani Ovadia, il professor Alessandro Orsini e Francesca Albanese, inviata speciale Onu per la Palestina, il 28 maggio all’Almagià di Ravenna, alle ore 18, al convegno organizzato dall’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Sabrina Pignedoli dal titolo “Insieme per la pace”.

«L’Unione europea, fragilissima nella sua politica estera, ha imboccato la strada della militarizzazione come surrogato dell’autorevolezza diplomatica che non riesce a costruire – commenta Pignedoli -. Nel contesto europeo, troppo spesso la guerra in Ucraina e l’attacco della Palestina vengono presi in considerazione solo a partire dall’ultimo capitolo, non viene analizzato il percorso di decenni di tensioni e di accordi internazionali disattesi che hanno portato alla situazione attuale. In questo incontro vogliamo approfondire il contesto di questi conflitti, al di là dell’informazione mainstream che, appiattendo e semplificando la realtà, vuol far passare la guerra come l’unica soluzione possibile per raggiungere la pace. La via diplomatica e il rispetto degli accordi internazionali devono essere la risposta ai conflitti. L’Unione europea è nata per la pace».

La stilista che ha portato un po’ di Parigi a Ravenna: «Creo abiti con l’anima»

Cristina Rocca si racconta, dalla scena francese degli anni ottanta fino alle sfilate al Museo Nazionale. «Tutti i miei vestiti hanno un legame speciale con la città: continuo a valorizzare la filiera corta e l’aspetto artigianale»

Cristina Rocca Con Modella

La nota stilista ravennate Cristina Rocca ha iniziato la sua carriera nel mondo della moda negli anni ’80, muovendo i primi passi nella vivace scena parigina dell’epoca, dove ai grandi nomi della sartoria francese stavano iniziando ad affiancarsi le prime firme italiane di spessore, come Armani o Versace. Il forte legame con la città natia la riporta a Ravenna, dove all’interno del suo atelier inizia a esplorare linee, tessuti e fantasie, lontana dai diktat imposti dall’alta moda.
Il patrimonio storico, artistico e musivo di Ravenna sono da sempre l’elemento che più caratterizza la produzione della stilista, nota anche per le sfilate ambientate nei luoghi culturali della città, tra chiese, vie storiche e musei.
L’abbiamo incontrata.

Una carriera iniziata negli anni ’80, tra le strade di Ravenna e le “rue” parigine: ci racconta qualcosa di quel periodo?
«Negli anni ’80 frequentavo Giurisprudenza a Bologna, provando però un’attrazione irresistibile per il mondo della moda. Iniziai a frequentare botteghe e atelier, cercando di apprendere le prime tecniche sartoriali: riproducevamo i capi dell’alta moda francese, utilizzandone i modelli e cucendo gli abiti interamente a mano. Il passo successivo fu quello di iniziare a frequentare la scena parigina, in compagnia di una cara amica divenuta in seguito una famosa modella. Se ripenso a quei giorni, ricordo le timide aperture dei piccoli atelier in Rue de Bellechasse, nomi come Azzedine Alaïa, Kenzo e molti altri giovani stilisti destinati a scrivere la storia del fashion. Decisi di aprire anche io il mio atelier, con laboratorio di sartoria, ma lo feci nella mia Ravenna. Per qualche tempo ho avuto come clienti boutique storiche come Draganzuk, a Bologna e Cortina, Moda Motta a Brescia o Vezzoni a Genova. A un certo punto però ho deciso di produrre solo per le mie boutique».

Il legame con Ravenna è stato rimarcato più volte nel corso degli anni, con le celebri sfilate nei luoghi più iconici della città. È un modo di trasformare la moda in performance?
«Questo tipo di evento è nato negli anni ’90, con una sfilata a Santa Maria delle Croci. L’intera collezione si ispirava al patrimonio musivo della città e cercavo un luogo che potesse valorizzare al meglio l’impronta culturale dei modelli. Non l’ho mai pensata come una performance, ma come una sinergia: tutti i miei abiti hanno un legame speciale con la città e cerco di dare maggiore spessore a questa unione attraverso i luoghi ricchi di significato, anche e soprattutto a cielo aperto, come piazza del Popolo o via Argentario o strutture come il museo Tamo, le artificierie Almagià, il teatro Alighieri e palazzo Corradini, arrivando anche a sfilare tra le magiche calli veneziane o per le vie di Roma, rimarcando sempre il legame tra cornice e abito. Lo scorso giugno, ad esempio, ho scelto di sfilare nel pieno centro storico di Ravenna, con alcuni modelli ispirati alla giovane Teodora, con l’intento di dare un’immagine della città gioiosa e accogliente, in contrasto con l’informazione disfattista del post-alluvione diffusa dai media. Quest’anno invece mi sono lasciata ispirare dagli elaborati ricami della bizantina art, una tradizione dell’artigianato ravennate quasi dimenticata se confrontata al mosaico. Ho riportato gli elaborati ricami sul lino e li ho fatti sfilare negli spazi del Museo Nazionale, per restituire a quell’antica arte un piccolo spazio espositivo».

Com’è cambiato il mondo della moda in questi anni di carriera?
«È stato completamente stravolto. Vengo da una scuola in cui il capo nasceva dal cartamodello, mettendo al centro l’eleganza sartoriale e l’artigianato. Il trasferimento massivo delle produzioni tessili in oriente ha tolto linfa creativa al mondo della moda. Allungando la filiera in maniera sconsiderata si perde il controllo sul prodotto e sulla qualità: se prima l’alta moda italiana si riforniva dei pregiati tessuti di Prato, Biella e Vicenza oggi si sposta la produzione in Cina e Corea, per meri fattori economici. A noi è rimasto il know-how, ma senza una struttura artigianale di alto livello il risultato non può essere lo stesso di un tempo. Un altro grosso cambiamento è stato imposto dalla diffusione dell’e-commerce: creare un vestito per la vendita online non è lo stesso che crearlo per una vendita diretta, dove oltre alle linee si valutano tessuto e sensazioni. Oggi poi una nuova minaccia incombe sulla piccola e media sartoria italiana: i grandi brand francesi acquistano in maniera sempre più aggressiva laboratori e griffe, al solo fine di fregiarsi dell’etichetta “made in Italy” per la loro produzione».

Tutto questo comporta un fisiologico calo della qualità?
«Non posso spingermi in un’affermazione tanto forte, ma sicuramente la creatività è la prima a risentirne. La filiera corta garantisce risultati incredibili e io, nel mio piccolo, continuo a servirmene, prediligendo aziende ravennati o vicine alla provincia e valorizzando l’aspetto artigianale del mio lavoro».

Cosa ne pensa invece della cosiddetta fast fashion?
«Un altro fenomeno strettamente legato alla delocalizzazione e alla possibilità di produrre in grandi quantità e a basso costo, a discapito delle condizioni lavorative dei dipendenti. Spero che questo cambi in fretta, ma mi rendo conto che questo tipo di offerta risponde a una domanda del mercato. La fast fashion ha un suo significato, a prescindere dal ceto sociale degli acquirenti, ma personalmente odio lo spreco e “l’usa e getta”. Acquistare un capo in meno, ma di maggior valore, permette di vestire in modo più sostenibile definendo al tempo stesso uno stile unico e personale».

I capi del suo brand sono prodotti in numero limitato?
«Assolutamente. Non siamo amanti delle grandi quantità, anzi, molti capi sono pezzi unici, come nel caso di tutti gli abiti da sposa. Amo il tessuto di qualità e il taglio semplice ma elegante, cerco di realizzare un abito con un’anima creativa che duri nel tempo, con una forte idea di unicità lontana dai diktat dell’alta moda».

Può rivelarci qualche anticipazione sulla prossima collezione?
«Parlando di linee e tessuti, per l’autunno-inverno punteremo sicuramente sul tailleur, un capo importante del guardaroba e declinabile in molte versioni: dall’eleganza del cady al velluto a coste e fresco lana, giocando con giacche corte utilizzabili anche spezzate, magari su abiti o un pantalone a vita alta. Per quanto riguarda le fantasie non posso rivelare troppo, ma tornerà il tema dei ricami».

È ancora possibile emergere nel panorama della moda per un giovane ravennate?
«Credo che a Ravenna manchi una tradizione legata alla produzione sartoriale, sia a livello industriale che artigianale, a differenza delle vicine Faenza e Rimini. Questo probabilmente inibisce i giovani a lanciarsi in questo tipo percorso, anche se credo che le possibilità di successo non mancherebbero: qualche anno fa abbiamo cercato di creare una classe di moda all’istituto geometri “Camillo Morigia”, con l’obiettivo di dare un’opportunità nel settore a giovani creativi, ma il progetto non è partito per mancanza di adesioni. Personalmente, penso che in città ci siano ancora tanti giovani creativi e appassionati, ma immagino che alcune famiglie abbiano ostacolato la scelta per il timore delle prospettive lavorative incerte, quando in realtà si tratta di figure professionali sempre più richieste».

In migliaia alla Torraccia per il concerto di Daniele Silvestri

La rassegna “Romagna in fiore” nei luoghi alluvionati prosegue sabato 1 giugno con Manuel Agnelli a Conselice

Ravenna Festival Romagna In Fiore

Migliaia di persone anche domenica 26 maggio per “Romagna in fiore”, la rassegna solidale di Ravenna Festival nei luoghi alluvionati, che per la prima volta è arrivata nel comune di Ravenna. In migliaia, in particolare, per il concerto (a ingresso gratuito) di Daniele Silvestri in località La Torraccia, nei terreni di proprietà della più antica cooperativa agricola della provincia, Cab Terra, la cui generosità ha salvato il centro della città dall’avanzata delle acque lo scorso maggio, immolando ettari di terreni da coltura per far defluire la piena.

Romagna In Fiore Daniele Silvestri

“Romagna in fiore” continua il prossimo weekend: sabato 1 giugno i terreni della Cab Massari a Conselice ospitano il concerto di Manuel Agnelli e domenica 2 giugno l’appuntamento è con Dardust e il Sunset String Quinte, all’Abbazia di San Salvatore in Summano, nel territorio di Sarsina.

Info 0544 249244; iscrizione obbligatoria fino a esaurimento capienza su www.ravennafestival.org

 

L’intelligenza artificiale spiegata alle ragazze: «Un camp contro i pregiudizi»

La professoressa Carbonaro (Unibo) è la referente di un corso introduttivo riservato alle studentesse delle scuole superiori

Braccia

“Intelligenza artificiale per ragazze digitali” è il titolo del camp estivo organizzato dal 2018, ogni anno a settembre, dal dipartimento di Informatica dell’università di Bologna nelle sue quattro sedi in Romagna (Cesena, Forlì, Ravenna, Rimini, in totale 125 posti). Il corso di 40 ore, gratuito per le partecipanti grazie al contributo economico della Regione, è riservato a studentesse che hanno concluso il terzo o quarto anno di scuola superiore, ma non richiede alcuna competenza pregressa (la prossima edizione sarà dal 2 al 13 settembre, a Ravenna a Palazzo Corradini in via Mariani, iscrizioni a questo indirizzo internet: www.serinar.unibo.it/ragazze-digitali-2024).

Antonella CarbonaroLa professoressa Antonella Carbonaro, docente al corso di laurea di Cesena, è la referente del camp. «Prima della nostra iniziativa c’era qualcosa di simile a Modena. Poi il nostro progetto ha avuto apprezzamenti dall’Unione europea, che l’ha inserito in un report come attività che favoriva la conoscenza informatica, e l’Emilia-Romagna ha deciso di finanziarlo e dall’anno scorso è presente in tutte le province della regione».

L’accesso riservato alle studentesse è una scelta dettata dai numeri che spiega la stessa Carbonaro: «La componente femminile è quasi assente da alcuni percorsi di laurea: non si va oltre il 15 percento delle iscrizioni ai corsi Stem, cioè quelli nelle aree scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Ma spesso è un risultato di un pregiudizio, perché molte volte le ragazze non conoscono le possibili applicazioni di questi studi. E poi si ripercuote sul mondo del lavoro. E in ogni caso oggi è necessario maneggiare una base di informatica anche se non serve per il lavoro, ma per consultare il fascicolo elettronico e prenotare una visita».

In cattedra salgono neo laureati in informatica e ai partecipanti viene rilasciato un attestato di partecipazione che può essere incluso nel curriculum vitae e da alcune scuole è riconosciuto come attività extra scolastiche che integrano il percorso di studi in aula.

Dalla prima edizione del camp sono passati sei anni, un lasso di tempo che in informatica è enorme: «Ogni anno dobbiamo aggiornare i temi perché le cose evolvono continuamente. Faccio un esempio: oggi un servizio chatbot con intelligenza artificiale lo troviamo quando ci rivolgiamo ormai a qualunque attività commerciale, sei anni fa non si sapeva quasi cosa fosse un agente conversazionale».

Qualche centinaio di studentesse incontrate nel corso degli anni rappresentano anche un buon campione per misurare il polso dei giovani in questo tema: «Il feedback più ricorrente è la sorpresa nello scoprire cosa si può fare. Si nota la grande facilità a utilizzare gli strumenti, anche a capire come usare quelli nuovi che non conoscevano. Ma c’è grande difficoltà a capire le strutture su cui poggiano e funzionano questi strumenti, ma è una difficoltà che vediamo anche negli studenti universitari del primo anno».

E la percezione dei rischi quanto è consolidata? «Poco. Se una funzione è consentita dal software si pensa che sia anche sempre lecito utilizzarla. È difficile che si pongano interrogativi sulle implicazioni di una condivisione di foto o di contenuti».

La professoressa Carbonaro si occupa di intelligenza artificiale da molto tempo. Tra i temi di attualità c’è la regolamentazione dell’uso di questi nuovi strumenti: «Sono ottimista. Vedo molti sforzi da parte dell’Ue e del governo italiano che negli ultimi giorni di aprile ha approvato un Ddl anticipando le imminenti disposizioni europee. Per la regolamentazione dei rischi vedo sempre più fondamentale un approccio multi disciplinare: l’ingegnere informatico da solo non basta, servono anche il giurista e l’esperto di dati. Ma anche figure capaci di valutare le ricadute sull’economia sociale: dobbiamo ragionare di quali ricadute avrà uno strumento di intelligenza artificiale sulla comunità, non solo in termini di economia ma più in generale di benessere collettivo».

Su una cosa non ha dubbi la docente: «Non vanno vietati gli strumenti. In questo anche il mondo della scuola deve fare un cambiamento e capire che gli strumenti esistono, quindi anche la didattica deve tenerne conto. È inutile assegnare una ricerca da fare a casa, finirebbe per essere fatta da ChatGpt. Allo studente devo chiedere di elaborare un processo cognitivo per cui non può avere risposte dal bot».

Tra Cotignola e Barbiano torna “Cotignyork”, la citta dei bambini

Tre giorni di festa tra spettacoli e laboratori

Da mercoledì 29 a venerdì 31 maggio Cotignola e Barbiano sono pronte a trasformarsi in Cotignyork, la città dei bambini. Per tre giorni torna la festa in cui il museo civico «Luigi Varoli» e la Scuola arti e mestieri di Cotignola scendono in strada e nei parchi, portando le loro iniziative e attività all’aperto, grazie a un calendario di appuntamenti che propone mostre, giochi, laboratori, letture, spettacoli e molto altro.

Le tre giornate di festa saranno suddivise tra la mattina, con laboratori riservati agli studenti delle scuole, e il pomeriggio, con attività aperte a tutti e spettacoli (anche per adulti) fino a sera. In tutte e tre le serate sarà inoltre possibile cenare: a Barbiano grazie alla presenza di un chiosco e a Cotignola con lo stand gastronomico al parco Bacchettoni, a cura del motoclub I Leoni.

A Barbiano la città dei bambini sarà al parco Conti mercoledì 29 maggio, con laboratori al mattino e al pomeriggio e ben tre spettacoli a partire dalle 18.30: prima la clown Jessica Da Rodda, poi alle 19 la giocoleria di Riccardo Rosato e infine lo spettacolo di teatro-circo PiùmeSwing del Teatro Appeso.

Giovedì 30 e venerdì 31 maggio la festa si trasferirà a Cotignola, dove occuperà diversi luoghi del centro, come il parco Bacchettoni, il parco Zanzi, il giardino di Casa Vaoli, l’ex ospedale Testi, la Scuola arti e mestieri e il museo civico Luigi Varoli. Durante le due giornate si alterneranno laboratori e letture, mentre dalle 17.30 cominceranno gli spettacoli, tra giocoleria, teatro, arte di strada e fantascienza.

Tutte le iniziative, gli spettacoli, i laboratori e le letture sono a ingresso gratuito. Per informazioni scrivere postaselvatica@gmail.com, oppure contattare il numero 0545 908826/71.

Il programma completo è disponibile su www.museovaroli.it.

Quasi 2.300 persone (anche un 84enne) hanno completato la 100 km da Firenze a Faenza

A vincere la corsa del Passatore il perugino Federico Furiani. Risultati e curiosità

Il perugino Federico Furiani del team TX Fitness è il nuovo vincitore della 100 km del Passatore, tornata dopo un anno di stop forzato causa alluvioni nel mese di maggio 2023. Furiani ha tagliato il traguardo in 7 ore, 10 minuti e 57 secondi disputando una corsa che lo ha visto prevalentemente al comando.

Sul podio assoluto del campionato italiano 100 km su strada (con titoli assoluti e master), al secondo posto Massimo Giacopuzzi (US Dolomitica), apparso competitivo sin dalle fasi iniziali, al terzo David Colgan (Atletica Castenaso Celtic Druid).

Entro l’ora di distacco dal vincitore sono arrivate le prime tre donne classificate: la vincitrice Federica Moroni (Dinamo Sport) – 13esima assoluta a oltre 42 minuti dal vincitore -; la rimontante Serena Natolini (Asd Esercito) 15esima assoluta; la diretta rivale in gara Silvia Luna (Grottini Team Recanati Asd) 16esima assoluta.

La Firenze-Faenza 2024, valevole per assegnare i titoli nazionali assoluti e master Fidal su strada è partita alle 15 in punto da Piazza del Duomo; partita con clima variabile, ha registrato uno scroscio di pioggia quando i concorrenti sono transitati a Vetta Le Croci; temperatura media di 18° e minima attorno ai 13°.

Degli oltre 3.300 iscritti si sono contati 392 concorrenti romagnoli (di cui 190 faentini), 450 toscani (dei quali 90 fiorentini), 685 donne, 670 esordienti e oltre 120 atleti provenienti da 32 nazioni straniere.

Quelli effettivamente partiti sono stati invece 2.894 (erano stati 2.856 nel 2022) mentre ne sono arrivati 2.285.

Statistiche. Federico Furiani oltre che vincitore della Cento numero 49 e Campione Italiano 100 km su Strada si aggiudica anche il GP della Montagna (premio intitolato alla memoria di Checco Calderoni) essendo transitato per primo al Passo della Colla di Casaglia e poi giunto al traguardo. Il trofeo dedicato ad Angela Bettoli è stato vinto invece da Federica Moroni, passata per prima al Passo della Colla e poi transitata 13^ assoluta e prima tra le donne.

Il primo podista emiliano-romagnolo ad essere giunto al traguardo è David Colgan, seguito da Federico Camprincoli e Luigi Pecora. La prima podista romagnola è la vincitrice in campo femminile Federica Moroni seguita da Daniela Valgimigli (36^) e Roberta Peroni (131^).

Il primo faentino transitato al traguardo è Luigi Pecora (ottavo assoluto), seguito da Turroni (10°) e Bartolotti (11°) nella top 3 manfreda. Prima donna faentina al traguardo Daniela Valgimigli (36^ assoluta), seguita da Roberta Peroni e Michela Montanari, rispettivamente 131^ e 449^ assoluta.

Sono 850 le squadre giunte al traguardo. Il team con il maggior numero di concorrenti classificati è Leopodistica (46) e si contano circa 190 atleti Fidal Runcard. Il gruppo sportivo più competitivo è risultato essere Liferunner SSDarl ottenendo il crono di 8h58’26’’. Al secondo posto Leopodistica 9h32’23’’ seguita da GS 100 km del Passatore (9h57’06’’).

Le nazioni estere che hanno registrato maggior concorrenti al traguardo sono la Finlandia (9), la Russia (5), la Francia (3) e la Colombia (2).

A vincere il Trittico di Romagna (che, ricordiamo, comprende la Maratona del Lamone di Russi, la 50 km di Romagna e la 100 km del Passatore) è David Colgan (Atletica Castenaso) con il totale di 13 ore 7 minuti e 31 secondi. Seconda posizione per Enrico Bartolotti (13h39’23’’), terza piazza per Matteo Zucchini (14h02’01’’). In campo femminile Roberta Peroni guida il Trittico di Romagna (17h32’23’’) seguita da Francesca Venturelli (17h37’28’’) e terza Sohn Majidae (18h28’58’’).

I runner più anziani a tagliare il traguardo in tempo utile della 48^edizione del Passatore sono stati Antonio Cernuschi (classe 1940) e Marina Mocellin (classe 1951) mentre gli atleti più giovani rispondono ai nomi di Giacomo Dal Mas (classe 2003) e Agnese Serra di anni 24.

Salvatore Cutaia è l’atleta disabile giunto al traguardo con il tempo di 18 ore 24 minuti e 52 secondi.

Il vincitore del Nordic Walking (consegnato a Borgo San Lorenzo) è Fabrizio Pavone, seguito da Claudio Solaroli e Francesco Salioni. Prima donna Annalena Cocchi, seguita da Laura Mariano e da Irene Pianezzola.

Positiva, come di consueto, l’organizzazione e l’assistenza agli atleti, garantita da 500 volontari di decine di associazioni e gruppi attivi in tutte le località del percorso. Di grande efficacia e puntualità l’assistenza medico-sanitaria, assicurata dal Coordinamento delle Misericordie della Provincia di Firenze (sul versante toscano) e dalla Croce Rossa di Faenza.

Anche quest’anno non sono stati segnalati problemi di rilievo, così come sul fronte della sicurezza garantita dalle Forze dell’Ordine. Tantissime le persone e gli appassionati presenti lungo il percorso a sostenere e incitare i concorrenti e l’organizzazione, così come in Piazza del Duomo a Firenze e in Piazza del Popolo a Faenza.

Tutte le classifiche della gara consultabili su www.endu.net

Il caso del banchetto oscurato di +Europa: «Il ministro chiarisca»

La denuncia del coordinatore ravennate Nevio Salimbeni. Agenti di polizia hanno fatto coprire la scritta vota

Europa Ravenna Banchetto

«Oggi (25 maggio, ndr) al nostro banchetto di Faenza si sono avvicinati due funzionari in borghese, ci hanno fatto vedere i distintivi, chiesto i documenti e intimato di coprire la scritta “vota” dal manifesto che campeggiava davanti al tavolino degli Stati Uniti d’Europa, “non si puo’ scrivere”. Chi stava al tavolo ha eseguito. Poi dopo mezz’ora sono tornati altri agenti di Polizia in divisa dicendoci che non si poteva nemmeno vedere la data delle elezioni europee… a quel punto abbiamo tolto tutto; che senso aveva?».

È la denuncia del coordinatore di +Europa Ravenna Nevio Salimbeni, pubblicando su Facebook la foto della pecetta bianca sul manifesto che invita a votare per gli Stati Uniti d’Europa.

«Piantedosi deve chiarire quanto prima ciò che è avvenuto. E deve farlo in aula – dichiarano il segretario di +Europa Riccardo Magi e il deputato di +E Benedetto Della Vedova -. È preoccupante che nell’Italia di Giorgia Meloni, le forze di opposizione non possano fare campagna elettorale nemmeno quando dovrebbe esserci la campagna elettorale. È l’ennesimo segnale del clima pesante che si respira in Italia, dove i giornalisti vengono svegliati di notte per la notifica di una querela come è accaduto a Massimo Giannini, altri vengono identificati mentre raccontano le manifestazioni degli ecologisti, gli studenti vengono sistematicamente manganellati, le televisioni occupate dalla propaganda meloniana, mentre ai tassisti viene concesso di arrivare con petardi e bombe carta a ridosso del Parlamento. Ci aspettiamo – concludono Magi e Della Vedova – un chiarimento immediato da parte del Ministro Piantedosi». (Agi)

Parco eolico: via libera pure alla parte a terra per la produzione di idrogeno verde

Ma continuano le polemiche politiche: la Lega a Ravenna si spacca e il senatore Borghi interroga i ministri

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Nuovo via libera per il progetto Agnes, quello del parco eolico in mare al largo di Ravenna. L’ideatore del progetto, l’ingegnere Alberto Bernabini, annuncia infatti che è arrivato anche il parere favorevole dei vigili del fuoco di Ravenna per quanto riguarda l’hub energetico a terra e alla relativa parte di produzione e stoccaggio di “idrogeno verde” all’interno del porto di Ravenna.

«Come noto – sottolinea Bernabini – questa parte del progetto è stata sviluppata in una “cassa di colmata dismessa” all’interno dell’area portuale di Ravenna. L’approvazione antincendio è un piccolo passo per il progetto Agnes di un hub energetico innovativo nel cuore della Romagna. Ringrazio il team di Qint’x e di Fse Progetti per il prezioso lavoro», conclude Bernabini.

Intanto continuano anche le polemiche politiche, con i dubbi sollevati in passato da Veronica Verlicchi della Pigna e dal Gianfilippo Rolando, capogruppo della Lega in consiglio comunale, che approdano in Senato. Il senatore leghista Claudio Borghi, infatti, interroga i ministri dell’Ambiente e della sicurezza energetica e delle Infrastrutture e dei trasporti, «al fine di evidenziare le numerose perplessità che gravano sulla regolarità procedurale del Progetto Agnes e per ottenere risposte» (cliccando qui è possibile leggere l’interrogazione integrale).

Allo stesso tempo, però, il consigliere comunale della Lega, Giacomo Ercolani, va contro il suo capogruppo e chiede che la politica si faccia da parte. «Sono state troppe le intromissioni da destra e da sinistra sul progetto, fra chi vuole intestarsi l’opera e chi invece ha avviato di conseguenza una crociata politica. Sbagliano entrambi, l’opera è privata, frutto dell’ingegno di imprenditori e tecnici che hanno avuto visione, hanno investito, rischiato e sono stati capaci di attirare enormi capitali sulla nostra città e sul nostro territorio. La politica poco c’entra e poco dovrebbe centrare, ma in un paese in perenne campagna elettorale, ogni appiglio è buono, io sono contrario a questo modus operandi».

L’attore di 10 anni protagonista di “Io e il secco”: «Strano vedermi al cinema»

Francesco Lombardo è nel cast del film girato nel Ravennate che sarà presentato domenica sera al Cinemacity

Francesco Lombardo Andrea Lattanzi
Francesco Lombardo con Andrea Lattanzi

È in sala da giovedì 23 maggio Io e il secco, film girato per buona parte nel 2022 nel Ravennate, di cui avevamo parlato a questo link.

Si tratta dell’opera prima del giovane regista marchigiano Gianluca Santoni, realizzata grazie anche al sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso la “Film Commission”. Protagonista è il debuttante Francesco Lombardo, bambino di 10 anni di Riccione che interpreta il ruolo drammatico di Denni, che nel film tenta di salvare sua madre (l’attrice romana Barbara Ronchi) dalla violenza di suo padre (Andrea Sartoretti). Denni chiederà aiuto a un killer (il Secco del titolo, l’attore Andrea Lattanzi) per uccidere suo padre.

Domenica 26 maggio, alle 21.25 è in programma una proiezione speciale al Cinemacity di Ravenna con una parte dello staff e il regista.

Abbiamo parlato al telefono con Francesco Lombardo, 11 anni a settembre e già con un ruolo da protagonista in un film.

Francesco, com’è stato vederti al cinema? Cosa ricordi delle riprese?
«La prima volta è stato un po’ strano, ma anche molto bello. Ricordo in particolare i luoghi dove si sono svolte le riprese, con le tutte le luci e gli effetti di scena».

La cosa che ti ha stupito di più, invece?
«Il mondo del cinema per me era tutto nuovo, ma forse la cosa che mi ha stupito di più è stata la camera-car (il sistema di ripresa video in movimento, ndr)»

Ti piacerebbe fare l’attore da grande?
«Sì, perché no. Mi piacerebbe fare questo lavoro. Per me e Gianluca (il regista, ndr) è stato il primo film, sarebbe molto bello farne altri. In particolare mi piacerebbe interpretare Denni da grande, sarei molto curioso di vedere come sarà».

Come sei finito a recitare?
«Ero al centro estivo Millepiedi di Riccione, quando è arrivata una ragazza, Giulia, che cercava un bambino per interpretare il ruolo di Denni. Dopo tanti provini, hanno scelto me. Ne approfitto per ringraziare tutta la produzione Nightswim, in particolare Ines e Stefano, l’Emilia Romagna Film Commission, il regista Gianluca e tutti gli altri attori».

Cosa ne pensi della tematica del film? È stato difficile “fingere” di essere il figlio di un padre violento?
«Di violenza vera praticamente durante le riprese non c’era niente, ma il film lo fa capire. Secondo me è molto bello, perché lancia un messaggio che non deve esistere la violenza».

Quali sono i tuoi film preferiti?
«A me piacciono tutte le categorie di film però i miei due preferiti finora sono stati Mia e il leone bianco e la serie tv Summertime perché c’è il mio amico Andrea Lattanzi (l’attore che interpreta il Secco, ndr)».

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