mercoledì
16 Luglio 2025

Faenza, nel 2023 in 1.134 sono andati al lavoro in bici incassando 20 centesimi a km

Il bilancio del progetto Bike to Work: erogati quasi 90mila euro

Pexels Snapwire 310983Tempo di bilanci per la seconda edizione del progetto Bike to Work, iniziativa promossa dalla Regione Emilia-Romagna per incentivare la mobilità sostenibile, contribuire a uno stile di vita sano e a contrastare la lotta all’inquinamento atmosferico.

Bike to Work, attraverso incentivi economici pari a 20 centesimi per ogni chilometro percorso in bicicletta, intende incoraggiare l’uso della due ruote per i dipendenti delle aziende che hanno aderito negli spostamenti dalla propria abitazione al luogo di lavoro e viceversa.

Nel 2023 le realtà imprenditoriali che hanno aderito al progetto sono state 127 con 1.134 utenti che hanno scelto di lasciare a casa l’automobile e recarsi al lavoro in bici. In totale le persone che hanno aderito al progetto hanno percorso oltre mezzo milione di chilometri (563.098 Km) effettuando 174.876 viaggi “casa-lavoro” e viceversa. Il saldo del risparmio di Co2 nell’atmosfera è stato di quasi 79 tonnellate.

Sempre sul fronte dei numeri, ai fruitori dell’iniziativa sono stati destinati 87.457,42 euro. Analizzando i dati raccolti, ciascun utente ha percorso in media 3,22 chilometri per ogni viaggio, 6,44 chilometri al giorno (considerando andata e ritorno). Tenendo presente che l’incentivo previsto per ogni chilometro percorso è di 20 centesimi, il guadagno medio giornaliero è stato di 1,30 euro. A questi però si deve aggiungere il risparmio medio di 12 centesimi al chilometro (circa 77 centesimi sui chilometri percorsi da ciascun utente al giorno) per aver lasciato a casa l’automobile, cifra che si ottiene tenendo conto del costo medio del carburante e dei consumi dei veicoli. Sommando la cifra di questa parte con gli incentivi attribuiti ai “pedalatori” che hanno aderito al progetto Bike to Work, il guadagno totale sale a oltre 2 euro al giorno. In totale, considerando gli oltre 563.000 chilometri percorsi in bicicletta, si arriva a un risparmio di 67mila euro di carburanti in un anno.

Il monitoraggio dell’attività è stato effettuato attraverso l’app Wecity, in grado di rilevare i km percorsi e la Co2 risparmiata da ciascun lavoratore che utilizza la bicicletta, sia tradizionale che a pedalata assistita, depurandoli dai tratti di percorso eventualmente effettuati con auto o treno.

Terminate le operazioni di sbarco dei migranti, in due al Pronto Soccorso

Gli altri sono stati portati al circolo Canottieri della Standiana per gli adempimenti di rito. In 7 resteranno in provincia

Sbarco Geo BarentsSono terminate intorno alle ore 11.30 al terminal crociere di Porto Corsini le operazioni di sbarco dei 134 migranti a bordo della Geo Barents, la nave Ong di Medici Senza Frontiere attraccata quattro ore prima.

Tra i primi 35 migranti a scendere dalla nave, per poi essere accompagnati con mezzi della Croce Rossa Italiana al Circolo dei Canottieri della Standiana, due persone per le quali, dopo le prime visite sanitarie, si è reso necessario il trasporto al Pronto Soccorso per ulteriori accertamenti.

A seguire altri due trasferimenti (50 e 49 migranti), sempre con mezzi della Croce Rossa Italiana, verso la Standiana, per le ulteriori visite mediche da parte del personale dell’Ausl Romagna (finora non sono emersi casi critici) e per tutti gli adempimenti di polizia e dei Servizi Sociali del Comune.

Appena ultimate le visite e le procedure identificative, saranno 7 (e non 6 come precedentemente comunicato) i migranti che resteranno nelle strutture della provincia di Ravenna, altri 64 resteranno in Emilia Romagna (di cui 16 a Bologna, 5 a Ferrara, 7 a Forlì-Cesena, 11 a Modena, 6 a Parma, 5 a Piacenza, 8 a Reggio Emilia, 6 a Rimini). I restanti 63 migranti saranno trasferiti con pullman nel Lazio.

«Sta procedimento tutto secondo le previsioni – ha dichiarato il prefetto di Ravenna Castrese De Rosa – finora solo per due persone a bordo è stato necessario il trasferimento al Pronto Soccorso per più approfonditi accertamenti. Nessun intoppo nelle operazioni di sbarco che si sono concluse anche prima dei tempi preventivati. Al Circolo dei Canottieri le visite e gli adempimenti di polizia stanno procedendo senza particolari criticità».

Sono 34 i minorenni di cui 15 non accompagnati, tanti i bambini tra cui due di 2 anni, uno di 4 e due di 6 anni. Ben 12 i nuclei familiari tutti siriani che rappresentano la maggioranza giunta a Ravenna (90), 26 provengono dall’Egitto, 10 dal Pakistan, 5 dall’Etiopia e 3 da Bangladesh, Eritrea e Palestina.

“Giotto coraggio”, la memoria (e molto altro) nel nuovo romanzo di Paolo Casadio

L’autore ravennate conferma la sua cifra stilistica, con una lingua ricca e impastata di dialetti e regionalismi

Paolo Casadio

A nove anni dal primo, sorprendente, romanzo La quarta estate (edizioni Piemme), Paolo Casadio ne pubblica il seguito: Giotto coraggio (Manni editori).

Giotto CoraggioLo scrittore di Godo, classe 1955, conferma così la sua distintiva cifra stilistica, l’accuratezza nella ricostruzione storica, l’interesse per alcuni temi che percorrono tutta la sua produzione artistica. Dopo l’esordio in solitaria del 2015, infatti, Casadio ha dato alle stampe anche Il bambino del treno (Piemme, 2018) e Fiordicotone (Manni, 2022) e tutti i suoi libri sono ambientati nell’epoca del fascismo, della seconda guerra mondiale, gli orrori della Shoah, la memoria di un’epoca che ha segnato indelebilmente la storia del paese e che Casadio affronta “dal basso”, da una prospettiva quotidiana, da un legame con i territori. E con un sguardo che include sempre l’infanzia, bambini che hanno sofferto senza capire le ragioni delle propria sofferenza, che hanno cercato di dare un senso a ciò che accade attorno a loro.

E un bambino è infatti Giotto, protagonista insieme ad Andrea, giovane medico donna, di questo ultimo romanzo. I due si sono scelti come “madre e figlio” a Marina di Ravenna durante il precedente romanzo e ora sono sul Lago di Garda nell’autunno del ‘43, nel cuore della Repubblica di Salò, nella terra natale di Andrea. Luogo e momento che da soli bastano per pensare alla cosiddetta storia con la s maiuscola, ma Casadio riesce ancora una volta a non scadere mai nel didascalico e a utilizzare dettagli, notizie, fatti per un quadro che è fatto innanzitutto di relazioni umane, personaggi che fanno scelte, momenti di puro divertimento e di un’umanità autentica e perbene. Andrea è un esempio di coraggio, testardaggine, forza che sceglie di stare dalla parte giusta senza proclami, con poche parole e molti gesti e fatti. Una donna emancipata, che non si lascia condizionare dalle voci di paese e nemmeno (troppo) dalla famiglia, ma che riesce a trovare un suo spazio senza fuggire, senza gridare, senza rinunciare agli affetti più cari. Giotto è un orfano romagnolo fino nel midollo, un bambino di dieci anni che vuole Andrea come madre e che la segue e si farà amare da tutti con quella parlata così strana in quelle terre del Nord dove diventerà spicasalti. E qui veniamo a quello che resta il tratto più distintivo di Casadio: la scrittura. La sua prosa si conferma morbida, rotonda quasi nell’andamento delle descrizioni e delle ambientazioni, ricca e venata di un’ironia sottile, arma imbattibile per ridicolizzare il potere da un lato e per evitare eccessi di sentimentalismo nelle scene inevitabilmente commoventi. L’impasto di italiano dialettale che attraversa il libro lo rende quanto mai vivo, divertente da leggere, vario. Vari del resto sono i personaggi di un romanzo che attorno ai due protagonisti mette in scena tantissimi altri soggetti di varia provenienza, estrazione, fede religiosa e politica.

Brevi capitoli danno ritmo alle quattrocento pagine del libro che si conclude chiudendo molti cerchi (ma che, va sottolineato, può essere apprezzato anche da chi non avesse ancora letto La quarta estate). Preziosa anche la postfazione in cui l’autore ci svela almeno alcune delle fonti su cui ha lavorato per questa ricostruzione vivida e appassionante di quell’epoca la cui memoria sembra diventare ogni giorno più importante.

Gli appuntamenti con l’autore. Da pochi giorni in libreria, Giotto coraggio sarà al centro di una serie di presentazioni dell’autore nei prossimi giorni anche in provincia di Ravenna. Sabato 10 febbraio alle 17.30 l’appuntamento è alla libreria Liberamente di Ravenna; giovedì 15 febbraio, invece, alle 17, Paolo Casadio sarà ospite della biblioteca Contarini a Massa Lombarda, mentre il 17, alle 17.30, si parlerà del romanzo alla Bottega Bertaccini di Faenza. Domenica 18 febbraio si torna, alle 17.30, alla libreria Ubik del Centro Esp di Ravenna; stessa ora venerdì 23, al centro sociale Baronio, sempre a Ravenna. Sabato 24, alle 15.30, Casadio sarà invece al Centro sociale Porta Nova a Russi.

Deco premia i dipendenti con quasi due mesi di stipendio in più

La cooperativa ha stanziato 750mila euro aggiuntivi per gli ottimi risultati raggiunti nel corso del 2023

Stanislao Fabbrino Deco Industrie
Stanislao Fabbrino

È di 750.000 euro la somma che Deco Industrie erogherà nella prossima busta paga a 195 soci e a 55 dipendenti per celebrare gli ottimi risultati raggiunti nel corso del 2023.

Grazie a un fatturato di gruppo che ha toccato i 228 milioni di euro, 31 in più rispetto l’anno precedente, e un margine operativo lordo di 28 milioni, la cooperativa con sede a Bagnacavallo, con stabilimenti in Emilia e in Romagna, che produce prodotti alimentari e per la detergenza ha deciso che questi risultati andavano condivisi coi propri soci e coi propri lavoratori.

«Il cda di Deco Industrie ha deciso che nella busta paga del mese di gennaio, erogata in questi giorni – dichiara Stanislao Fabbrino, Ad di Deco Industrie -, i nostri colleghi riceveranno il loro giusto premio. Il 2023 è stato un anno durissimo: due alluvioni hanno colpito lo stabilimento di Bagnavacallo e alcuni colleghi hanno subito lo stesso anche nelle loro abitazioni. Questi tragici eventi non hanno però scalfito lo spirito di squadra di Deco e tantissimi colleghi non si sono risparmiati dando il loro supporto per ripristinare nel minor tempo possibile la normale attività. In un anno così difficile però Deco Industrie ha saputo raggiungere numeri importanti e questi risultati che sono merito di tutti andavano condivisi come è giusto che avvenga in una cooperativa».

«La nostra cooperativa – dichiara Antonio Campri, presidente di Deco Industrie – si conferma sensibile al valore umano. Siamo infatti consapevoli che certi risultati si ottengono con la condivisione dello sforzo da parte di tutti. Buoni benzina, borse di studio per i figli dei dipendenti, sostegno economico ai colleghi alluvionati e ora un premio aggiuntivo che corrisponde per i dipendenti soci a quasi due mensilità aggiuntive».

Il premio, erogato con la mensilità di gennaio del salario variabile, è stato anticipato di un mese rispetto al consueto per venire incontro alle esigenze dei lavoratori e sarà destinato ai soci e dipendenti degli stabilimenti di San Michele, Bagnacavallo e Forlì.

Foibe, Rifondazione Comunista contro il Giorno del Ricordo: «Revisionismo di Stato»

Rifondazione Comunista«Il Giorno del Ricordo è revisionismo di Stato». Lo scrive in una nota inviata alla stampa la federazione provinciale del partito della Rifondazione Comunista che contesta fermamente la giornata del 10 febbraio istituita in memoria delle vittime delle foibe.

«Una narrazione – si legge nella nota – che fa propria la versione del revisionismo storico neofascista e che decontestualizza tale vicenda,  occultando clamorosamente le vittime e le atrocità che subirono drammaticamente sia gli antifascisti che le popolazioni slave che vivevano in Venezia Giulia, Istria, Dalmazia e Carnaro. La vicenda delle foibe è, infatti, ben più complessa di quella che ci vorrebbero imporre tramite una legge ideologica che reinterpreta in chiave negazionista la Storia di quel drammatico periodo, ribaltando i ruoli tra vittime e carnefici e negando le violenze e gli eccidi compiuti dagli italiani e dai tedeschi   in quelle terre martoriate.  Le foibe, utilizzate anche dai fascisti e dai nazisti, furono la conseguenza del clima di odio e violenza prodotto prima dalla dittatura del ventennio fascista e poi dall’occupazione nazifascista. Clima che si concretizzò con una feroce repressione nei confronti della popolazione slava che aveva convissuto pacificamente con quella italiana fino a quel momento, con i massacri, le fucilazione, le impiccagioni, i villaggi bruciati e i campi di sterminio in cui perirono soprattutto civili. Una feroce repressione che provocò  la morte di circa 13 mila persone slave nei lager italiani, oltre a 2.500 persone durante azioni di combattimento e 1.500 civili uccisi in atti di rappresaglia dai nazifascisti».

«Perché occultare clamorosamente tutto ciò? Perché non riconoscere che tra gli infoibati non ci furono solo vittime innocenti, ma anche torturatori e assassini che si macchiarono di crimini inenarrabili nei confronti della popolazione civile colpevole solo di non essere di lingua italiana o di opporsi prima al regime fascista e poi all’occupazione nazifascista? Ovviamente nessuno nega che ci siano stati anche eccessi, vittime innocenti, vendette personali, come spesso accade in questi casi, ma tutto ciò non può ribaltare il significato della Storia di quel periodo. Tuttavia, non si può non notare con preoccupazione come gli eredi politici di quel regime, mossi da un sentimento di rivalsa, e una parte di sedicenti democratici di ispirazione liberale tentino di distorcere la storia , assolvendo di fatto i crimini del nazifascismo e infrangendo la lotta di Liberazione, trasformando impropriamente la vicenda delle foibe in una sorta di shoah italiana. Questa narrazione non solo rappresenta un clamoroso falso storico, ma è anche una chiara operazione politica intesa a sminuire il ruolo della Resistenza nel nostro Paese, con l’obiettivo di cancellare le radici popolari e antifasciste della nostra Repubblica.  Noi ci affidiamo a quegli storici che continuano a lavorare e documentare seriamente i fatti, senza farsi condizionare da letture ideologiche e dal negazionismo imposto da una legge di stato che reinterpreta tale vicenda per finalità che nulla hanno a che fare con la verità storica».

I primi 100 anni della Scuola del Mosaico dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna

Istituito un comitato scientifico per fissare un programma di iniziative (mostre, convegni, pubblicazioni) da svolgersi nel corso del 2024

1924 ABAravenna BandoIl 23 gennaio 1924, il consiglio accademico dell’Accademia Provinciale di Belle Arti di Ravenna deliberava la creazione della prima pubblica Scuola del Mosaico del ’900. Il 10 febbraio 1924, il direttore dell’Accademia, il conte Vittorio Guaccimanni (Ravenna, 1859-1938), valente pittore e incisore, seguace romagnolo del movimento dei Macchiaioli, a nome del consiglio, emise un bando che segnalava ai «giovani, che si avviano per la carriera artistica», l’apertura della Scuola, motivandola col fatto che «la nostra città ha il vanto di possedere i più splendidi monumenti dell’arte musiva, che presentano un carattere e una tecnica affatto speciali di un’epoca storica che la rese famosa, e a noi incombe l’obbligo di sapere conservare questi tesori. Qui, meglio che altrove, può formarsi il restauratore e l’artista, e può risorgere la tradizione di un’arte tanto nobile».

A guidare la Scuola, aperta ufficialmente il 28 aprile successivo, venne chiamato il maestro Giuseppe Zampiga (Ravenna, 1860-1934), già noto restauratore dei mosaici bizantini ravennati, nonché autore, con Alessandro Azzaroni (Ravenna, 1897-1947), delle tavole della celebre impresa editoriale in 8 cartelle: Monumenti. Tavole storiche dei mosaici di Ravenna, edita nel 1930, a cura di Corrado Ricci. A quella scuola si formarono i maggiori artisti e restauratori ravennati come Ines Morigi Berti, Sergio Cicognani, Lino Melano, Libera Musiani, Romolo Papa, Antonio Rocchi e Renato Signorini, che formeranno, insieme a pochi altri, nel 1945, prima la Bottega del Mosaico, e poi, nel 1948, il Gruppo Mosaicisti dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna.

Arturo Moradei, Ritratto Di Vittorio Guaccimanni, 1885 Circa, MAR Museo D'Arte Della Città Di Ravenna
Arturo Moradei, “Ritratto Di Vittorio Guaccimanni”, 1885 Circa, MAR Museo D’Arte Della Città Di Ravenna

Un giovanissimo Enrico Galassi (Ravenna, 1907 – Pisa, 1980), era tra quei primi allievi e scrisse, tra il 1927 e il 1930, una serie di articoli in cui espresse, fra i primi, in Italia e nel mondo, quest’idea del mosaico, allora del tutto rivoluzionaria: «Molti lo credettero e “lo credono” un mezzo, ma la sua grandezza massima si ebbe quando divenne un’espressione di arte a sé: fu un fine, una meta».

Nel maggio del 1927 un altro Galassi, Giuseppe – sulla cui figura il 16 febbraio prossimo si terrà un convegno alla Classense – sulle pagine del Corriere Padano, proporrà di trasformare l’Accademia in Scuola Nazionale del Mosaico, progetto fatto suo dal presidente dell’Accademia stessa, Andrea Cagnoni. La cosa, poi, non ebbe alcun seguito e bisognerà attendere il 2008, quando, all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, verranno istituiti il Triennio in Arti Visive e Mosaico e il Biennio in Mosaico, unici nel panorama italiano, realizzazione di quella vecchia idea. Quest’anno, è stato aperto un nuovo Triennio in Nuove Tecnologie dell’Arte, ampliando, così, l’offerta didattica.

L’Accademia di Ravenna, a cento anni dalla fondazione di quella Scuola, vuole ricordare l’evento con una serie di iniziative (mostre, convegni, pubblicazioni) che vogliono coinvolgere non solo la città “del mosaico” e i suoi cittadini, ma anche i confini più ampi del territorio nazionale. L’Accademia, fondata nel 1829 e divenuta, nel 2023, dopo 194 anni, statale, sotto la direzione della professoressa Paola Babini, è l’erede diretta di quella scuola, e forma artisti e mosaicisti che, a partire dalla tradizione del mosaico ravennate, stanno anche rinnovando, secondo modalità artistiche contemporanee, questa antica tèchne.

Via ai lavori per rifare l’asilo nido: costerà 2,2 milioni, pronto nel 2025

Il nuovo edificio verrà costruito nel cortile attuale e l’attuale edificio verrà demolito per diventare cortile. La scuola ospiterà tre sezioni

Rendering Il Nuovo Asilo Nido Di Cotignola (2)È in partenza il cantiere per la realizzazione del nuovo asilo nido comunale “Il Cucciolo” a Cotignola. Si tratta di un investimento di oltre 2,2 milioni di euro, interamente finanziato con fondi Pnrr. I lavori della nuova scuola, che ospiterà tre sezioni, un’area tecnica a disposizione del personale e un piccolo auditorium, dovranno concludersi entro il 2025.

L’intervento in piazza Giovanni Paolo II prevede la costruzione del nuovo edificio sull’area attualmente destinata a cortile scolastico e la successiva demolizione del fabbricato attuale. Questa scelta progettuale è stata fatta dopo aver vagliato diverse ipotesi, compresa quella di trasferire temporaneamente l’attività della scuola dell’infanzia per realizzare la nuova costruzione nell’area attualmente occupata dal nido. Si tratta di una soluzione che è stata scartata per diversi motivi: indisponibilità di uno spazio pubblico pronto per ospitare l’attività della scuola, costi molto onerosi per allestire un nido provvisorio che avrebbe comunque richiesto elevati standard edilizi e logistici, maggior disagio per il personale, i bambini e le famiglie nel caso di una collocazione provvisoria.

Si tratta di un progetto realizzato con materiali ecocompatibili che garantiranno maggiori comfort e versatilità, creando anche uno spazio di dialogo con la vicina scuola materna, per promuovere la continuità del percorso educativo e scolastico 0-6 anni.

Il cantiere inizierà con l’abbattimento di 15 piante ad alto fusto. Il progetto prevede che un numero di alberi non inferiore a quello degli abbattuti, sarà messo a dimora nello spazio occupato dalla struttura attuale, una volta demolito l’edificio e bonificata l’area per essere riconvertita a cortile del nuovo asilo.

Tuttavia, l’amministrazione comunale ha già assunto ulteriori misure di compensazione degli abbattimenti necessari, individuando nell’ambito del centro abitato di Cotignola una nuova area da destinare a verde urbano e integrando le alberature di altre aree verdi. Sono state a tal fine messe a dimora 55 nuove piante giovani, per garantire un migliore attecchimento e un rapido sviluppo vegetativo: nello specifico, 42 piante nell’area verde di via Madonna di Genova/via Zanzi (ex campetto da calcio), nell’area di recente forestazione in via Copernico e sei nell’area verde di via Primo Maggio. Le essenze messe a dimora sono 15 aceri campestri, 15 aceri ricci, 15 frassini maggiori, 10 ciliegi canini.

Suicidio medicalmente assistito: la Regione invia le istruzioni alle Ausl

Una sentenza della Corte Costituzionale definisce la possibilità di congedarsi dalla vita per i pazienti malati in determinate condizioni. L’Emilia-Romagna si sta dotando delle commissioni necessarie per gestire i casi

oss ospedale ravennaLa Regione Emilia-Romagna completa il percorso per l’applicazione della sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale, affinché possa essere garantito al malato il diritto al suicidio medicalmente assistito, nel rispetto della sua volontà, autodeterminazione e del suo concetto di dignità, criteri definiti dall’Alta Corte.

La giunta regionale ha istituito il Comitato regionale per l’etica nella clinica (Corec), fra i cui compiti ci sono la consulenza etica su singoli casi, l’espressione di pareri non vincolanti relativi a richieste di suicidio medicalmente assistito e agli aspetti bioetici connessi alle attività sanitaria e socio-sanitaria. L’assessorato alle Politiche per la salute ha inviato le istruzioni tecnico-operative alle aziende sanitarie, linee guida con le indicazioni operative per la gestione delle richieste di suicidio medicalmente assistito (Sma), dal ricevimento della richiesta del paziente e per tutto il percorso, attraverso l’istituzione di apposite Commissioni di valutazione di Area Vasta.

I criteri indicati dall’Alta Corte per evitare abusi e arbitri sono tassativi: il paziente deve essere affetto da una patologia irreversibile, da cui derivino sofferenze fisiche o psicologiche che il paziente ritiene intollerabili, che sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. La Consulta ha stabilito inoltre che, in attesa dell’intervento legislativo nazionale, la valutazione della sussistenza di tali criteri e le modalità di applicazione della sentenza debbano essere affidate a strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del Comitato etico territorialmente competente. L’accesso al suicidio medicalmente assistito, come indicato dalla nota ministeriale, è totalmente gratuito per il paziente richiedente, essendo tutte le spese mediche in questione a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Cosa fa il Comitato regionale per l’etica nella clinica (Corec)?

Il Corec formula pareri in relazione a quesiti e scelte di natura etica riconducibili sia alle attività assistenziali che a quelle organizzative; fornisce pareri su casi eticamente complessi, caratterizzati talvolta dalla presenza di un conflitto di valori, promuove iniziative di formazione per il personale sanitario e di sensibilizzazione rivolte ai cittadini sui temi della bioetica. Alla presidenza del Corec dell’Emilia-Romagna è stata designata Ludovica De Panfilis, bioeticista dell’Ausl-Irccs Reggio Emilia. Del Comitato, che ha sede a Reggio Emilia, fanno parte 22 tra medici, personale sanitario e no, tra cui giuristi e bioeticisti che rimarranno in carica per tre anni. La composizione del comitato ha tenuto conto delle indicazioni del Comitato Nazionale di Biotica.

Le linee di indirizzo alle aziende sanitarie: cosa fanno le Commissioni di valutazione di Area Vasta?

I componenti delle Commissioni di valutazione di Area Vasta vengono nominati con delibera della Giunta Regionale, su proposta del Coordinamento dei Direttori sanitari di Area Vasta. Tali Commissioni, strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, avranno il compito di verificare la sussistenza dei requisiti e le modalità di applicazione della sentenza della Corte costituzionale nei casi di richiesta di Sma.

Spetta alla Commissione verificare le condizioni (presupposti clinici e personali), accertare l’avvenuta offerta delle possibili alternative disponibili (ad es. percorso di cure palliative, sedazione palliativa profonda continua, attuazione di un’appropriata terapia del dolore, ecc.) e valutare se possano esservi motivi di ripensamento da parte del paziente, anche attraverso uno specifico supporto psicologico.

La Commissione incontra, di norma, oltre che il paziente, anche i familiari o persone significative per la vita di relazione indicate dal paziente stesso e nel rispetto della sua volontà, per valutare il contesto socio-relazionale e verificare che il proposito di suicidio medicalmente assistito non sia influenzato da altri fattori e/o persone. Inoltre, la Commissione deve verificare le modalità e il setting per l’eventuale realizzazione del suicidio medicalmente assistito per garantire la dignità del paziente ed evitargli ulteriori sofferenze.

Della Commissione di valutazione fanno parte professionisti con le competenze necessarie per accertare i presupposti clinici e personali delle richieste, ovvero medico palliativista, anestesista-rianimatore, medico legale, psichiatra, medico specialista nella patologia di cui è affetto chi chiede il suicidio medicalmente assistito (neurologo o oncologo o ematologo), farmacologo/farmacista, psicologo.

Il paziente può indicare un medico di fiducia quale proprio consulente nei rapporti con la Commissione di valutazione.

Tra i medici del nuovo Cau di Ravenna c’è Niccolò Califano di Masterchef

Il giovane protagonista al talent show culinario di Sky lavora anche al centro per anziani Rosa dei Venti

Niccolo Califano
Niccolò Califano al Cau con un giovane paziente a cui ha fatto pure l’autografo

Tra i medici in servizio nel nuovo Cau di Ravenna – una sorta di mini pronto soccorso per i casi meno gravi, di cui avevamo parlato qui – c’è anche Niccolò Califano, per il pubblico televisivo semplicemente “Niccolò” di Masterchef.

Si tratta del giovane medico ravennate protagonista della nuova edizione, la 13esima, del celebre talent-show attualmente in onda su Sky (e sulla piattaforma Now). Nella trasmissione – registrata ormai diversi mesi fa – Niccolò è ancora in corsa per il titolo finale (dai 20 iniziali sono rimasti solamente 6 concorrenti) ed è tra i più amati dal pubblico tra gli aspiranti chef in gara.

Niccolo Califano Rosa Dei Venti
Niccolò Califano durante il proprio lavoro alla Rosa dei Venti

Nato in Germania e cresciuto a Ravenna, dove si è diplomato al liceo scientifico Oriani, Califano ha 26 anni ed è fresco di laurea in Medicina. Prima di partecipare al programma aveva già lavorato in due Cra (Casa Residenza Anziani) del territorio e sostituito alcuni medici di base. Ora si alterna tra Cau e Rosa dei Venti, il nuovo complesso multifunzionale per anziani aperto due anni fa vicino al centro commerciale Esp.

Carnevale all’Almagià con uno spettacolo di “teatro su nero” e il ballo in maschera

Fenicottero
Lo spettacolo “Carnaval”

Un weekend ricco di eventi targati Teatro del Drago, rivolti al pubblico delle famiglie. Dopo il laboratorio dedicato ai Lumini della Romagna di venerdì, sabato 10 febbraio dalle 16 l’appuntamento è alle Artificerie Almagià di Ravenna con una serie di attività e laboratori rivolti ai bambini a tema “carnevalesco”. Alle 17 protagonista la compagnia abruzzese Teatro dei Colori con lo spettacolo di teatro su nero “Carnaval”. Al termine, una merenda offerta accompagnerà il pubblico mascherato nella seconda parte della festa con musica, balli e danze.

Infine, domenica 11 febbraio alle ore 11 al museo La Casa delle Marionette bambini e genitori saranno coinvolti nella realizzazione di tanti piccoli Uccellini-Arlecchini di carta con il laboratorio “Marionette volanti e stelle filanti”. Info e prenotazioni al 392 6664211.

Tra i trattori che bloccano il casello dell’autostrada: «Non siamo inquinatori»

Un agricoltore di Prada, già ospite di Piazza Pulita su La7, è al presidio di Castel San Pietro Terme per chiedere che l’Unione europea cambi le norme sul rispetto ambientale: «Siamo lasciati soli dalle associazioni di categoria»

7Tra le decine di trattori parcheggiati a Castel San Pietro (Bologna) nei pressi del casello dell’autostrada A14, che viene bloccato in entrata e uscita ogni giorno tra le 15 e le 18 per una protesta a sostegno delle ragioni dell’agricoltura contro le decisioni dell’Unione europea, c’è anche quello di Fabiano Mazzotti di Prada. L’agricoltore 57enne, di recente ospite in studio a Piazza Pulita su La7, è proprietario di circa dodici ettari di terreno nel Faentino coltivati a vigneti e frutteti e lo scorso maggio è stato anche colpito dall’alluvione.

«Non ci sono più le condizioni per fare il nostro lavoro in un modo da avere un ritorno economico – ci dice rispondendo al telefono dal presidio –. Se le imposizioni delle leggi ci impediscono di coltivare e allevare diventa impossibile continuare e diventa necessario farsi sentire». Mazzotti ce l’ha con le disposizioni dell’Europa: «Gli obblighi di mantenere una percentuale di terreni incolta per favorire la biodiversità e dimezzare l’uso delle medicine per le nostre piante sono frutto di una ideologia green che si è instaurata nella politica europea e italiana senza fare i conti con la realtà. Ci considerano inquinatori del pianeta, ma è il contrario. Nel lockdown della pandemia eravamo rimasti l’unica attività a pieno regime per produrre il cibo degli italiani eppure i dati del clima dicono che l’aria era migliorata in maniera enorme. Le nostre piante riducono la CO2 con la fotosintesi».

1L’Europa sembra intenzionata ad accogliere alcune delle istanze manifestate dai contadini, ma non basteranno le promesse: «Abbiamo già visto come è andata in passato e non vogliamo farci fregare di nuovo. Continueremo a oltranza con il blocco del casello fino a quando non vedremo impegni scritti».

I temi principali della protesta, però, sono questioni note da diverso tempo. Ma finora non si era levata la voce italiana. La miccia è stata la rivolta partita in Francia e Germania contro la revoca decisa dai governi nazionali delle agevolazioni sul carburante: «In Italia per ora questo problema non c’è ma arriverà il prossimo anno. Ma bisogna ammettere che il coraggio di farci sentire è arrivato quando abbiamo visto i nostri cugini all’estero. Se in tutti gli Stati si sta muovendo qualcosa vorrà dire che il problema è reale».

La contestazione italiana ha una peculiarità, secondo Mazzotti: «Siamo l’unico Paese dove gli agricoltori sono lasciati soli dalle associazioni di categoria che sono pagate per aiutarci. Le rivendicazioni sindacali vanno fatte mettendosi accanto ai lavoratori e agli imprenditori, non ho mai visto ottenere risultati facendo comunicati stampa. Sono stato iscritto a Coldiretti e Confagricoltura, ma in entrambi i casi non ho visto davvero vicinanza alla base». Perché questa caratteristica dell’Italia? «Abbiamo una frammentazione di rappresentanza per ragioni politiche e così è da sempre difficile mettere insieme una politica unitaria».

Identificare con precisione le ragioni e le richieste delle proteste degli agricoltori italiani non è semplice perché finora si tratta di iniziative portate avanti senza una regia comune. Alcuni punti si possono individuare.

8Le ragioni della protesta degli agricoltori in strada con i trattori

Il Green Deal
Con l’espressione Green Deal (accordo verde) si indica un pacchetto di iniziative strategiche che mira ad avviare l’Unione europea sulla strada di una transizione verde, con l’obiettivo ultimo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

La Pac
L’obiettivo principale delle rabbia dei contadini è la Politica agricola comune (Pac), l’insieme di norme dell’Unione europea che regolano l’erogazione dei fondi per il settore, uno dei settori più sussidiati, soprattutto in passato. Creata nel 1962 dai sei Paesi fondatori dell’allora Comunità europea, «è la più antica politica dell’Unione ancora in vigore e la più costosa – si legge su Wired.it –, con più di 386 miliardi di euro stanziati per il quinquennio 2023-2027». La Pac viene aggiornata ogni cinque anni: l’ultima è entrata in vigore nel 2023, e sarà valida fino al 2027. Tra gli obiettivi fondamentali ci sono garantire un reddito equo agli agricoltori, proteggere la qualità dell’alimentazione e della salute, tutelare l’ambiente e contrastare i cambiamenti climatici. In particolare le norme relative alla salvaguardia ambientale sono tra le più contestate.

Le terre incolte 
Uno dei punti più criticati è l’obbligo per gli agricoltori europei di lasciare incolto il 4 percento dei propri campi, in modo da stimolare la biodiversità dei terreni. Il vincolo, introdotto con l’ultima versione della Pac, non è mai davvero entrato in vigore dato che nel 2023 è stato sospeso a causa della crisi energetica e della guerra in Ucraina. La Commissione Europea ha proposto una sorta di ulteriore deroga, per cercare di rispondere alle tante proteste delle ultime settimane: sulla porzione di terreni che dovrebbe rimanere libera si potranno coltivare piante considerate benefiche per la terra.

I fitofarmaci
I prodotti fitosanitari sono forme di pesticidi utilizzati nell’agricoltura per proteggere le colture e altre piante da parassiti e malattie. Un uso eccessivo o improprio può avere un impatto negativo sul suolo, sulle risorse idriche e sulla biodiversità agricola. L’uso dei prodotti fitosanitari è pertanto regolamentato in modo rigoroso dalle norme dell’Ue. La Commissione europea fissa la riduzione del 50 percento entro il 2030 dell’uso dei pesticidi chimici e di quelli più pericolosi. La presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, nei giorni scorsi ha annunciato l’intenzione di sospendere questa misura.

Il gasolio
I primi agricoltori a scendere in strada in Europa sono stati a dicembre quelli della Germania e della Francia – diventando la miccia per altri Stati – dopo che i rispettivi governi nazionali avevano avanzato la proposta di eliminare le agevolazioni fiscali per l’acquisto del gasolio agricolo, il carburante usato dai trattori. In Italia da anni il gasolio per usi agricoli è tassato con un’accisa molto più favorevole rispetto a quella della benzina, e l’agevolazione è stata confermata anche per il 2024.

Agevolazioni fiscali
Il settore agricolo in Italia beneficia di alcune esenzioni fiscali a sostegno delle imprese. Ma la legge di Bilancio 2024 del governo Meloni non non ha rifinanziato una misura temporanea introdotta nel 2017 sull’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) a beneficio degli agricoltori. Fino all’anno scorso il valore dei cosiddetti “redditi dominicali e agrari” relativi ai terreni dichiarati dai coltivatori diretti e dagli Iap era escluso dal calcolo della base imponibile, ossia il reddito su cui calcolare quanta Irpef versare allo Stato. Il beneficio costava alle casse dello Stato quasi 250 milioni di euro l’anno (considerando le addizionali Irpef di Regioni e Comuni). Il reddito dominicale di un terreno è attribuibile al proprietario del terreno, mentre il reddito agrario è attribuibile a chi coltiva quel terreno. Questi redditi concorrono alla formazione complessiva del reddito del contribuente. Secondo fonti stampa il governo Meloni starebbe valutando di reintrodurre l’esenzione, ma con una soglia di reddito. Restano in vigore le agevolazione su Imu e Irap.

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