martedì
16 Settembre 2025

Torna il Giro della Romagna, tredici anni dopo. Partenza da Lugo

Modifiche alla viabilità domenica in diversi comuni della provincia

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+9L’87esimo Giro della Romagna è ai nastri di partenza e aumenta l’attesa in un territorio che da tredici anni aspetta il ritorno di una delle più antiche e prestigiose classiche del ciclismo italiano e internazionale.

Al via quindi domenica 21 aprile verso le 10.50 da piazza Baracca a Lugo per dirigersi a Castrocaro Terme e Terra del Sole lungo un percorso di 196 km, in larga parte pianeggiante e che cambia profilo altimetrico negli ultimi 67 km di corsa.

La startlist definitiva verrà annunciata sabato 20 aprile al termine delle operazioni preliminari, in un pomeriggio che prevede al Palalumagni di Lugo la team presentation alle ore 17 nell’ambito della Giornata dello Sport.

Sono previste modifiche alla viabilità lungo il percorso che oltre il comune di Lugo toccherà anche quelli limitrofi. Per garantire lo svolgimento della competizione, saranno predisposte chiusure lungo le strade interessate dal passaggio dei ciclisti 15 minuti prima del loro transito. Nello specifico le strade coinvolte saranno le seguenti: a Lugo via della Libertà, via Acquacalda, via Foro Boario, viale de’ Brozzi e la strada provinciale 253 San Vitale; a Sant’Agata sul Santerno la Sp 13 via Bastia, la Sp 253 San Vitale; a Ca’ di Lugo e San Lorenzo la Sp 26 via Fiumazzo e l’incrocio in direzione Belricetto con la Sp 17; a San Bernardino l’incrocio con la via Bastia; a Giovecca via Gradizza; a Conselice via Selice; a San Patrizio via Canalazzo; a Massa Lombarda le strade provinciali 253 San Vitale e 12 via Santa Lucia; a Bagnacavallo la Sp 119; a San Potito la Sp 41; a Fusignano la Sp 17; a Bagnara di Romagna la Sp 21.

Il rilancio del Giro della Romagna vede la regia di ExtraGiro, con il sostegno di Regione Emilia-Romagna – Sport Valley, Comune di Lugo, Comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole e con la collaborazione di SC Francesco Baracca di Lugo e di Oliviero Gallegati.

A oggi, tra gli atleti iscritti, le Nazioni rappresentate sono ben 23, con la partecipazione attesa di 140 atleti e 20 team.

Una delle principali notizie è il rientro alle corse di Filippo Baroncini, il giovane ciclista di Massa Lombarda, in maglia Uae Team Emirates. Molto amato dai conterranei, Baroncini era stato costretto allo stop per infortunio poco più di un mese fa al Gp Denain ma ora torna e lo fa sulle strade di casa.

Da segnalare anche l’iniziativa che vedrà protagonista uno degli sponsor del Giro: Gvm Assistance, società di GVM Care & Research che progetta ed eroga soluzioni innovative di sanità digitale. Il team di Gvm Assistance, che ha monitorato l’astronauta Walter Villadei prima e dopo la missione Ax-3 sulla Stazione Spaziale Internazionale, avvierà in occasione del Giro della Romagna una sperimentazione di telemonitoraggio cardiaco con alcuni atleti del Team Techinipes #inEmilia-Romagna capitanata da Davide Cassani.

L’87° Giro della Romagna è anche una luce che resta accesa su territori colpiti dall’alluvione del 2023, oltre che una tappa di avvicinamento al Grand Départ del Tour de France dall’Italia, nello stesso mese in cui è prevista anche L’Etape Parma by Tour de France, in programma sabato 27 e domenica 28 aprile.

Info sulla corsa: https://www.extragiro.it/giro-della-romagna/

Ora a Faenza il centro e il Borgo Durbecco sono collegati da due ponti – FOTO

Investimento da oltre 2 milioni di euro per il nuovo Bailey e la manutenzione di quello delle Grazie. Entrambi sono a senso unico per le auto

Nella giornata di oggi (venerdì 19 aprile) – al termine di una breve cerimonia alla presenza anche del commissario straordinario per la ricostruzione, il generale Francesco Paolo Figliuolo – è stata riaperta la viabilità tra i due nuclei storici della città di Faenza, il centro e il Borgo Durbecco attraverso il nuovo ponte provvisorio di tipo Bailey e il Ponte delle Grazie, che era stato chiuso al traffico veicolare a maggio del 2023 dopo le due alluvioni che ne avevano minato pesantemente l’impalcato.

Il ponte Bailey, come ormai noto, è stato realizzato a una trentina di metri verso monte rispetto al Ponte delle Grazie, unendo le due rive del fiume Lamone tra via Renaccio e via Ugo Piazza.

Scendendo nel dettaglio, il ponte Bailey è stato realizzato con una struttura reticolare modulare a via inferiore su un’unica campata di luce pari a circa 73,4 metri. La sezione stradale utile al passaggio dei veicoli a motore ha una larghezza utile di 4,2 metri. La sua realizzazione ha visto coinvolte diverse professionalità che in sinergia hanno lavorato in tempi molto compressi con l’obiettivo di restituire alla città un collegamento fondamentale.

Per agevolare la viabilità per i mezzi che devono intraprendere il ponte, è stata realizzata una rotatoria, del diametro di 25 metri, all’incrocio tra via Renaccio e via Lapi che verrà mantenuta anche nella configurazione definitiva della viabilità per migliorare la sicurezza stradale in quel tratto.

Il costo per la realizzazione delle opere accessorie e per la posa del ponte Bailey (compreso di noleggio per 24 mesi) è stato di 1.880.994,32 euro, Iva inclusa, di cui circa 80mila donati dall’Ance Emilia Romagna, l’Associazione nazionale costruttori edili, e la restante parte attraverso ordinanze della struttura commissariale per opere in somma urgenza.

Per poter riaprire il Ponte delle Grazie, chiuso a maggio dello scorso anno, è invece stato necessario un intervento di manutenzione straordinaria per rinforzare le travi dell’impalcato. Questo permette, in attesa del Piano di sicurezza dell’Autorità di Bacino destra Po che definirà le modalità tecniche per la realizzazione di un nuovo manufatto, di poterlo riaprire ai mezzi sotto le 3,5 tonnellate in un solo senso per non gravarlo eccessivamente e in entrambe i sensi di marcia per le bici e i pedoni. L’intervento per la manutenzione del Ponte delle Grazie è costato complessivamente 200.000 euro Iva inclusa, anche questi arrivati dalla struttura commissariale. I lavori sono durati circa 70 giorni.

Ecco i 24 candidati del Pd alle elezioni comunali di Lugo

L’aspirante sindaca del centrosinistra Elena Zannoni: «Questa lista racconta tante anime del nostro territorio»

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Sono 24 i candidati al consiglio comunale presentati nella lista del Partito Democratico alle prossime elezioni Amministrative di Lugo in programma l’8 e 9 giugno.

Il Pd, che insieme a tutte le forze del centrosinistra sostiene la candidatura a sindaca di Elena Zannoni, ha ufficializzato la sua lista in una conferenza pubblica ospitata nella sede del Comitato Elettorale di piazza Baracca.

«Vogliamo ascoltare tutti e fare del nostro meglio per rappresentare tutti. Sono soddisfatta di questa lista – ha sottolineato Elena Zannoni durante la presentazione – perché racconta tante anime del nostro territorio diverse fra loro. Nelle ultime settimane abbiamo raccolto tanti spunti anche da chi ha scelto di candidarsi oggi. Il programma che fra pochi giorni renderemo pubblico sarà frutto di una fase di ascolto prima, di elaborazione nei partiti e nella coalizione ed infine di confronto con i candidati».

Questo l’elenco dei candidati (in fondo la tabella con i dettagli): Elisa Andraghetti, Giuliano Babini, Tiziana Bartolotti, Giacomo Baldini, Maria Carolina Dacome, Marco Bertozzi, Paola Dalla Valle, Edgardo Farolfi, Gabriella Dionigi, Eris Hoxha, Cristina Fontanieri, Riccardo Pagani, Marta Garuffi, Gianmarco Rossato, Daniela Geminiani, Marco Scardovi, Nicoletta Quarti, Massimo Taroni, Rita Salvatori, Andrea Valentinotti, Elena Spada, Marco Venturi, Veronica Valmori, Massimo Zannoni.

Candidati Pd Lugo

I musei a Palazzo Guiccioli apriranno solo in ottobre: «Siamo a buon punto…»

Il presidente della Fondazione della Cassa: «A incidere sui tempi prima la pandemia e poi l’aumento dei costi». In via Cavour spazi per Byron, Risorgimento e Bambole

Slitta ancora l’apertura del nuovo complesso museale voluto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna a Palazzo Guiccioli, in via Cavour, in pieno centro a Ravenna (qui l’ultimo annuncio), dove il cantiere è partito ormai dieci anni fa (in un’area che si sviluppa su una superficie di 2.220 metri quadri).

La data di inaugurazione è stata annunciata dal presidente della fondazione Ernesto Giuseppe Alfieri nei giorni in cui il palazzo è stato aperto in via eccezionale alla città, con visite guidate: si tratta del 26 ottobre 2024, che richiama lo stesso giorno del 1860, data dell’incontro di Teano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, momento fondamentale del Risorgimento.

Nell’antica dimora, integralmente restaurata, si potranno ammirare come noto il Museo Byron, il Museo del Risorgimento, oltre alla nuova sede del Museo delle Bambole.

La parte storica dell’intero compendio monumentale è interamente decorata, con affreschi che avvolgono letteralmente le stanze, soffitti e pareti.

12. Ritratto Di Lord Byron Ravenna Museo ByronIl Museo Byron sarà l’unico al mondo dedicato al poeta e “promessa” per il turismo anglosassone da sempre legatissimo al poeta romantico, e secondo solo a Shakespeare. «Con Palazzo Guiccioli e il suo complesso museale – dichiara Alfieri – la Fondazione diventa soggetto attivo nell’ambito della tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale, che nel corso dell’Ottocento fa di Ravenna un piccolo centro che collega la Patria locale a quella nazionale, così come al risveglio di istanze libertarie che attraversano l’Europa e il nuovo mondo. Ravenna dunque come alma mater, patria accogliente di due grandi esuli della Letteratura universale, Dante e Byron, che qui trovarono, insieme alla protezione, lo spazio fecondo per l’attività poetica».

Rispetto all’andamento dei lavori di restauro e allestimento, il presidente Alfieri precisa che «dopo una serie di cause di forza maggiore, che hanno rallentato il crono-programma, ora si procede alacremente. Prima, la pandemia che ci ha costretto a chiudere il cantiere per quasi un anno. Successivamente, i lavori sono stati rallentati dalle procedure anti-contagio. Infine, a seguito del Covid si è registrato un significativo aumento dei costi delle materie prime che ha comportato un ulteriore rallentamento delle attività e una sostanziale revisione del contratto d’appalto. Tutto ciò ha inciso non poco sui tempi di esecuzione e ha fatto registrare un inevitabile incremento dei costi. Ora possiamo affermare che le molte attività sono a regime e finalmente possiamo dire di essere a buon punto».

La parte del complesso che si affaccia su via Cavour è ultimata, mentre quella su via Morigia è a un buon livello di avanzamento. «Ora – prosegue il presidente Alfieri – augurandoci che non vi siano altri impedimenti, siamo al lavoro per inaugurare i musei, e aprirli al pubblico, in occasione della ricorrenza dell’incontro a Teano fra Garibaldi e Vittorio Emanuele II».

Al piano nobile è riservato il Museo del Risorgimento che vanta, oltre ai molti cimeli che documentano la vocazione insorgente della città con il suo contributo ai moti del 1820-21, una sezione – di grande importanza – dedicata a Giuseppe Garibaldi e alla diffusione popolare del suo mito. Il presidente Alfieri spiega che «Stefania Craxi, presidente di Fondazione Bettino Craxi, ha concesso in deposito per 20 anni, la collezione garibaldina appartenuta al padre Bettino Craxi, noto cultore dell’Eroe. Fanno parte di tale collezione anche cimeli provenienti da Firenze, grazie alla disponibilità di Cosimo Ceccuti, Presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia. È noto infatti come Bettino Craxi e Giovanni Spadolini, entrambi grandi appassionati dell’Eroe dei due Mondi, facessero a gara nell’aggiudicarsi l’acquisto di oggetti appartenuti a Garibaldi». Il percorso espositivo mette in luce, in filigrana, il diverso orientamento dei due statisti, in un caso orientato al cimelio nei suoi contenuti iconografici, e persino oleografici, nell’altro, alla traccia documentaria che attesta i passaggi, il radicamento del pensiero, gli effetti nel consenso.
«Il Museo del Risorgimento – prosegue il presidente Alfieri – ospiterà inoltre un’importante collezione di medaglie massoniche del lascito Guerrini e concessa in deposito a Fondazione per 20 anni. Tutti pezzi di grande rilievo storico e artistico».

Al tema ottocentesco si collega infine il terzo museo che si appresta a essere allestito nel complesso di Palazzo Guiccioli: si tratta del Museo delle Bambole – Collezione Graziella Gardini Pasini, una delle più importanti a livello europeo per valore e qualità dei pezzi, destinato al corpo staccato della seconda corte.

«Siamo certi – conclude il presidente di Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna – che questo nuovo polo culturale e museale, dedicato all’Ottocento, sarà un importate elemento di attrazione per il turismo nazionale e internazionale. Un progetto tanto ambizioso non sarebbe stato possibile senza la volontà congiunta di Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e Comune di Ravenna, con l’ulteriore, competente, supporto di Biblioteca Classense e Mar-Museo d’Arte della città di Ravenna, la generosa e lungimirante adesione al progetto di Fondazione Bettino Craxi e Fondazione Spadolini Nuova Antologia, la partecipazione appassionata dei suoi artefici: su tutti Aurea Progetti Ravenna per il recupero dell’edificio e la sua funzionalizzazione, del Laboratorio del Restauro di Ravenna per il recupero di cicli decorativi e pavimenti insieme ai molti collegati all’Unità di progetto. Un progetto tanto ambizioso non sarebbe stato possibile senza un’ampia concertazione di squadra. Molti i crediti e molti i ringraziamenti a quanti hanno reso possibile con la propria generosa dedizione questo cantiere».

Tornano gli eventi per valorizzare il borgo San Rocco

Il progetto promosso dal comitato “ripensando Ravenna”

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Franco Chiarini del comitato presenta alla stampa l’iniziativa

Torna il progetto “Per un Borgo San Rocco”, una serie di eventi per valorizzare lo storico borgo di Ravenna, promossa per il secondo anno consecutivo dal comitato “ripensandoRavenna” in collaborazione con l’Amministrazione comunale, l’associazione Il Borgo e gli abitanti e commercianti del quartiere.

Si parte nel pomeriggio di oggi (19 aprile) con “A Spasso per il Borgo”, un percorso alla scoperta dei beni comuni, guidato da esperti locali e arricchito da narrazioni che raccontano la storia e le tradizioni del luogo.

Il 4 e 5 maggio tornerà poi la “Festamercato di Via de’ Tomai” che integra il mercato con un percorso itinerante nelle strade circostanti, offrendo un’esperienza unica che celebra la memoria e l’identità del Borgo San Rocco.

Il 28 settembre l’evento “Cibovagando Diportainporta” proporrà un tour gastronomico tematico che coinvolge gli attori del Borgo e offre un’occasione per scoprire le prelibatezze locali.

“Un Borgo da Film!” invece promuove una raccolta di foto e interviste d’epoca, oltre a proiezioni di film sui borghi ravennati.

Infine, la Festamercato dell’area Mugnai/il Cervo si tradurrà in una giornata di festa con protagonisti i due Circoli e i cuochi di CheftoChef emiliaromagnacuochi, coinvolgendo gli abitanti del vicinato.

Cliccando qui il rogramma completo PER UN BORGO SAN ROCCO 2024

PerUnBorgoSanRocco
I promotori dell’iniziativa

All’Alighieri si parla di ansia, emozioni e socialità con i ragazzi delle scuole

Ravenna ospita una nuova puntata di “Sigmund”, podcast del quotidiano on line Il Post, con Daniela Collu

Daniela Collu
Daniela Collu

Ravenna si prepara ad ospitare una nuova puntata di “Sigmund”, il podcast dedicato al tema della psicologia curato dalla redazione del celebre quotidiano online il Post.

Lunedì 22 aprile dalle 10.30 alle 12.30 il teatro Alighieri sarà la cornice dell’evento, promosso dal Comune di Ravenna con il contributo di Azimut e Ravenna Farmacie, dedicato in particolare agli studenti e alle studentesse di tutte le scuole medie superiori della città, coinvolte nella tappa ravennate del progetto.

“Sigmund” è un podcast del Post in dieci puntate a tema psicologia, che ha come obiettivo quello di fare chiarezza su diversi argomenti legati al benessere mentale e al mondo della psiche in generale.

In ogni puntata Daniela Collu – autrice, scrittrice e influencer, già conduttrice di programmi tv (Sky, Tv8, Raidue) e radio (RaiRadio2, RTL 102.5), conosciuta sui social con il nome Stazzitta, da sempre attiva nella promozione della salute mentale e del benessere psicologico – intervista uno psicologo sul tema specifico scelto, iniziando dalle basi e affrontandone ogni sfaccettatura, con particolare attenzione agli aspetti più equivocabili o di difficile comprensione.

Nella mattinata del 22 aprile, dopo i saluti dei rappresentanti dell’amministrazione comunale, Daniela Collu e Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, affronteranno diverse tematiche, particolarmente sentite dal mondo giovanile, proprio a partire dagli spunti e dalle riflessioni elaborate in classe dai ragazzi e dalle ragazze degli istituti superiori della città insieme ai docenti nei mesi precedenti.

In particolare saranno affrontati aspetti legati ad alcuni macrotemi quali ansia da prestazione (insicurezza, scarsa autostima), gestione delle emozioni e controllo dell’ansia, socialità e relazionalità, disturbi del comportamento alimentare ed autolesionismo, fino alle problematiche socio ambientali e al concetto di eco ansia.

L’evento è aperto al pubblico fino ad esaurimento posti (non è prevista la prenotazione).

La puntata “Sigmund a Ravenna” sarà pubblicata sul sito del Post e sulle principali piattaforme podcast nella seconda metà di maggio.

Alberico Evani presenta il suo libro al Milan Club di Faenza

Da calciatore ha vinto tutto in rossonero. Da tecnico era nello staff di Mancini nella vittoria all’Europeo del 2021

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Il Milan Club Faenza “Carlo Sangiorgi” propone la “Primavera Rossonera” con un ospite d’eccezione, Alberico Evani che martedì 23 aprile (ore 19.30) sarà protagonista di un incontro organizzato per i tesserati e gli appassionati sportivi nella sede sociale al Rione Verde, in via Cavour, 37.

Evani come calciatore del Milan ha vinto tutto: tre Campionati italiani, una Supercoppa Italiana, due Coppe dei Campioni, una Supercoppa Europea e due Coppe Intercontinentali. Nella finale della prima delle due Intercontinentali a Tokyo il 17 dicembre 1989, segnò su punizione il gol decisivo contro i colombiani dell’Atletico Nacional di Medellin all’ultimo minuto dei tempi supplementari, e fu premiato al termine della gara come miglior giocatore del match. Dieci giorni prima era stato l’artefice del successo del Milan in Supercoppa Europea con il Barcellona, segnando anche in quella partita su calcio di punizione. Ha totalizzato 393 partite segnando 19 gol con la maglia rossonera.

È stato poi per molti anni allenatore del settore giovanile rossonero, vincendo il titolo nazionale Allievi per esser poi chiamato a far parte dello staff tecnico azzurro fino a diventare vice di Roberto Mancini della Nazionale Italiana laureatasi Campione Europea nel 2021.

Presenterà al pubblico faentino il suo libro dal titolo “Non chiamatemi Bubu”, scritto con la giornalista Lucilla Granata. Nel libro Evani parla di calcio, ma non solo. Narra la sua storia personale, la vita calcistica, i propri affetti con tanta umanità e una eleganza d’animo che lo ha sempre contraddistinto.

Iscrizioni all’evento, che comprende una cena, telefonando al numero 353 3781751, all’indirizzo e-mail milanclubfaenza8422@gmail.com o all’edicola Vito Ammirabile in piazza della Libertà (di fronte al Duomo di Faenza).

Arriva il sì del ministero dell’Ambiente al parco eolico al largo di Ravenna

Il progetto Agnes prevede in mare 75 pale alte 150 metri e 65 ettari di fotovoltaico galleggiante

Agnes Parco Eolico
Un rendering del progetto Agnes

Il parco eolico in mare al largo di Ravenna fa un altro passo avanti nel percorso delle autorizzazioni. Nei giorni scorsi è arrivato il parere favorevole della commissione tecnica del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase).

Agnes (dal nome della società di scopo creata appositamente) è un progetto per la costruzione di un centro di produzione e stoccaggio di energia da fonti rinnovabili con tre anime: eolico e fotovoltaico in mare, idrogeno a terra.

L’investimento complessivo è di quasi due miliardi di euro.

Al largo della costa ci saranno 75 turbine eoliche con un diametro di 260 metri, montate su torri alte 150 metri e diametro di 10 e delle isole galleggianti artificiali alte tre metri per un’estensione di circa 65 ettari coperti da pannelli fotovoltaici.

A terra a ridosso di via Trieste una centrale di produzione di idrogeno.

Gli aerogeneratori (le cosiddette pale) avranno 8 MW di potenza ognuno. Saranno installati in due aree denominate Romagna 1 e Romagna 2: 25 in corrispondenza di Punta Marina e 50 in corrispondenza di Porto Corsini. La più vicina a terra è a circa 23 km. A quella distanza la profondità del fondale varia tra 30 e 40 metri.

Un terzo gruppo di pale (Romagna 3) potrebbe essere installato in un momento per raggiugere la capacità di mille Mw che già offre la conduttura a terra.

Tutto il parco offshore sarà collegato da più cavi sottomarini che arriveranno a terra a Punta Marina e poi interrati raggiungeranno la centrale elettrica “Canala” nei pressi di Piangipane dopo un percorso di circa 30 km. Vicino alla “Canala” il progetto prevede la costruzione di uno stoccaggio di energia elettrica con una capacità da 200 MWh in batterie agli ioni di litio e una stazione elettrica privata per innalzare il voltaggio al livello richiesto da Terna, gestore della rete nazionale.

Per il sito dove insediare l’attività di produzione di idrogeno con elettrolisi si era ipotizzato in un primo momento di usare un’area nelle vicinanze della centrale elettrica “Canala” o una piattaforma estrattiva dismessa in mare. E invece verrà utilizzata una superficie di 7 ettari di una cassa di colmata dell’area portuale, cioè un terrapieno ricavato dall’accumulo di fanghi di dragaggio.

La produzione di idrogeno servirà, di fatto, anche come accumulo di energia. L’energia elettrica stoccata in batterie decade con il passare del tempo. L’idrogeno invece non ha questo problema e può essere utilizzato per ottenere energia elettrica nel momento in cui serve.

La parte a mare avrà una capacità totale di produzione pari a 700 megawatt (MW): 600 dalle pale eoliche e il resto dai pannelli fotovoltaici. L’energia prodotta equivale al fabbisogno di mezzo milione di famiglie, quante sono quelle residenti nelle tre province della Romagna. Una parte della produzione servirà per alimentare la produzione di idrogeno (che si ottiene partendo dall’acqua scindendo l’ossigeno e l’idrogeno di cui è composta).

Il progetto è passato al vaglio di quattro ministeri (Infrastrutture, Sviluppo economico, Ambiente e Beni culturali) raccogliendo i pareri di vari enti locali. Alla fine del 2021 è stata richiesta una concessione demaniale della durata di 35 anni, che verrà pero rilasciata ufficialmente solo al termine dell’iter autorizzativo. Attualmente si sta concludendo la Via ministeriale (manca solo  il parere del ministero dei Beni culturali) a cui dovrà seguire l’autorizzazione unica (Au). L’obiettivo dei promotori è ottenere il via libero definitivo in estate.

Il ritorno di Eraldo Baldini alla narrativa:«Con l’età sono diventato più selettivo»

A cinque anni dall’ultimo romanzo, lo scrittore ravennate è in libreria con Le lunghe ombre fredde, una storia ambientata nel Dopoguerra che intreccia tragedia e memoria nelle campagne romagnole

Eraldo Baldini

Dopo un’attesa di quasi cinque anni, Eraldo Baldini, il maestro del gotico rurale, è tornato alla narrativa con Le lunghe
ombre fredde, romanzo storico pubblicato per i tipi di Rizzoli.
Ambientato in Romagna nell’immediato Dopoguerra, il nuovo lavoro di Baldini affronta la difficile fase della ricostruzione
a partire da due protagonisti, Fausto e Brigit, che si conosco a Mauthausen durante la liberazione del campo da parte degli americani. Una coppia ferita e cementata dai dolori della guerra, che nasconde però segreti difficili da confessare.

Sono passati cinque anni dal tuo ultimo romanzo: non è più così frequente che un autore si prenda i tempi fisiologici per scrivere i suoi libri. Quali sono le ragioni di questa attesa?
«Con l’età è normale che i ritmi rallentino. E diciamo anche che sono diventato più selettivo: porto avanti solo l’idea
che vale davvero la pena di perseguire. Ci sono ancora momenti in cui mi vengono molte idee. Nascono all’improvviso, ma per formarsi hanno bisogno di tempi più lunghi».

Anche quest’idea c’era da molto tempo?
«Sì, e ho aspettato il momento giusto per realizzarla. Ci sono momenti in cui si sente voglia e bisogno di scrivere. Arrivano con meno frequenza rispetto a quando ero più giovane, e quando arrivano cerco di assecondarli. L’idea riguardava delle sensazioni che ho vissuto per motivi anagrafici. Essendo nato nel ‘52, quand’ero bambino sentivo in casa molti discorsi sulla guerra. La memoria della guerra era ancora fresca e dolorosa. Ho conosciuto persone che l’avevano fatta, che erano state in prigionia. Quel tipo di narrazioni ed emozioni ha accompagnato la mia infanzia e la mia giovinezza. Ma non parlo solo di racconti. La guerra era ancora lì, anche a livello materiale. Pensa che a casa mia c’erano state le cucine e i magazzini dei canadesi, i soldati che avevano liberato la zona di Russi. Finché sono vissuto dai miei, i polli hanno mangiato dagli elmetti dei canadesi, che erano più
adatti di quelli tedeschi perché erano bassi come scodelle. Le cancellate erano fatte con la lamiera che gli Alleati usavano per costruire piste d’atterraggio di fortuna. O ancora, molti degli strumenti che avevamo in casa, vanghe o attrezzature per orto, erano marchiate Canadian Army. Cose lasciate dalla guerra che trovavano nuova vita grazie all’inventiva contadina».

Dunque, il Dopoguerra…
«La storia parte da due giovani, un ragazzo e una ragazza, che si conoscono nel campo di Mauthausen quando questo viene liberato dagli americani. Ognuno di loro porta un fardello e decidono di rimanere assieme. Cercano con tutte le forze di approdare a una vita normale e vengono a vivere qui, nel nostro territorio, nella zona delle paludi. Un posto molto isolato, perché la memoria del campo provoca in loro un desiderio di quiete. Si fanno una famiglia, lentamente si integrano in questa comunità, a sua volta molto marginale. Ma non è un’integrazione facile. Lei è tedesca. E anche i cinque figli sono biondissimi, parlano spesso tedesco fra loro…».

Non molto benvoluti, immagino.
«Nemmeno osteggiati però. Il forestiero, in quegli anni lì, non era abituale come ora. E lei, dopo tutto, è tedesca… Si
fanno un vita, ma lei racconta pochissimo di se stessa. Nemmeno suo marito conosce il suo passato. Che cela un grosso
e importante segreto. Il libro parla anche di questo: del peso del passato, di come farci i conti; di come il vissuto dei padri
ricada spesso sui figli».

Come vuole la tragedia classica.
«Sì. Questo libro ha qualche caratteristica della tragedia classica, a ben vedere. È un discorso sulla guerra, su come è passata nel nostro territorio. E su come in realtà non sia mai finita. Conti in sospeso e frizioni sono andati avanti per decenni. Questo passato non passa né facilmente, né in fretta».

Hai voluto forse parlare dell’Italia? Sono anni, quelli del Dopoguerra, in cui si è fatto di tutto per dimenticare le macerie. Forse l’abbiamo fatto troppo in fretta.
«È così. Il libro si svolge nel periodo della ricostruzione e del boom economico, in cui si approda a nuovi stili di vita. Ma le cicatrici rimangono, e per alcune persone sono talmente profonde che è difficile raccontarle o condividerle. Ormai lo sappiamo bene, il racconto dei campi è diventato quasi un Leitmotiv: ci sono memorie che si possono raccontare, ma solo chi le ha vissute le può veramente capire».

Il paradosso di Primo Levi, che aveva paura di non essere creduto.
«Suo e di tanti altri. Ne ho conosciuti di reduci dei campi. Ho conosciuto Shlomo Venezia, lo scrittore di Sonderkommando Auschwitz. Ho fatto lunghe chiacchierate con lui. Shlomo è riuscito a parlare della sua esperienza soltanto da vecchio. La sua famiglia non ha saputo niente finché non gliel’ha detto lui».

A proposito di memorie e macerie: sei sempre stato un commentatore acuto e presente della vita di provincia. Il caso del momento sono le Torri Hamon, che rappresentano la memoria industriale della città. Che idea ti sei fatto sulla loro demolizione?
«Mio nonno diceva: “e’ bsognerebb fël, s’us po’ fè”, ovvero, bisognerebbe farlo, se si può fare. È chiaro: sarebbe bello che fossero conservate. Quando si andava al mare – e dalla campagna noi ci si andava poche volte – l’arrivo era annunciato dalla Sarom. Fanno parte della mia memoria affettiva. Ma non conosco i dettagli della questione, quanto sia oneroso o difficile salvarle, e non voglio dire cose inesatte, che vadano al di là di quella che è la mia impressione affettiva. Mi piacerebbe che almeno una possa salvarsi. Ma us fa, s’us po fè (l’intervista è precedente l’avvio dei lavori per la demolizione anche della seconda torre, ndr)».

In questi giorni si è discusso molto attorno alle copie vendute dei libri finalisti allo Strega. Molti commentatori sono caduti dal pero, evidenziando i numeri molto bassi delle vendite, a volte solo poche centinaia. È sempre stato così, o c’è stato un peggioramento?
«Dal mio osservatorio, molto limitato, posso dire che c’è stato un peggioramento. Rispetto a trent’anni fa si vende meno. Ci sono, da parte degli editori, delle strategie poco chiare e poco efficaci. Sapendo che su ogni libro c’è solo un piccolo margine di guadagno, l’escamotage è quello di pubblicare un sacco di libri. Da ognuno ci si guadagna poco, e alla fine si tira fuori la pagnotta. Ma questo non fa che peggiorare la situazione. In commercio invece di 10 libri ne hai 10 mila, ma il numero dei lettori è sempre lo stesso».

E tu, come vai? Continui ad avere uno zoccolo di lettori affezionato?
«Sì, uno zoccolo duro di lettori ce l’ho. So che quel tot di copie le vendo perché le ho sempre vendute. Sono molto fortunato: sono riuscito a campare di scrittura. Dal ‘97 vivo di libri e di diritti d’autore. Non mi sono certo arricchito, sia chiaro, ma quello era il mio obiettivo. E, tra narrativa e saggistica, fino alla pensione ci sono arrivato. Mi sono ritagliato una fascia di pubblico che mi è sempre rimasta fedele».

Un traguardo che forse oggi è diventato più difficile.
«Credo di sì. Non sono cambiate solo le strategie editoriali, è cambiata anche la forma stessa delle case editrici. Ho cominciato a pubblicare per Einaudi all’inizio degli anni Duemila. Il contratto l’ho fatto a voce, durante una cena a Mantova assieme a Giulio Einaudi. Io non avevo mai pubblicato con loro. Ero certo che non avesse la più pallida idea di chi fossi. Alla fine della cena, Einaudi mi guarda negli occhi e mi chiede: “Allora Baldini, quand’è che diventi dei nostri?”. Il giorno dopo avevo il contratto scritto e ho cominciato a collaborare con un editor, il più bravo che io abbia mai conosciuto, Severino Cesari, con cui siamo andati avanti per quasi vent’anni. Oggi queste condizioni non ci sono più, e vengono a mancare punti di riferimento reciproci fra autori, editori, mercato. Il turn over dentro le case editrici è enorme. L’ultimo mio romanzo con Rizzoli è di cinque anni fa: sono bastati questi pochi anni perché cambiasse tutto. Non ho più parlato con le stesse persone. Non è una critica alle case editrici, ma una semplice constatazione dell’evoluzione del mercato».

E tutto questo, inevitabilmente, porta a un abbassamento della qualità dei lavori?
«Io sono l’ultimo che potrebbe parlare, in realtà. Ma detto fuori dai denti, ho l’impressione che la narrativa abbia subìto un abbassamento di qualità. E non solo in Italia, sia chiaro. Per tornare al Dopoguerra del mio romanzo: allora, se volevi leggere un buon libro appena uscito, avevi solo l’imbarazzo della scelta. Oggi non è così. Non credo che la ragione sia che gli scrittori siano meno bravi: più probabilmente esercitano il loro mestiere sotto altre forme. Ad esempio: vedo serie tv meravigliose. Se chi oggi scrive serie tv fosse nato 40 anni fa, forse avrebbe scritto romanzi».

Lo spazio della letteratura si è contratto.
«Ed è forse calato anche il livello dei lettori. Le statistiche ci dicono che si usano meno parole di un tempo, che si scrive e
si leggono preferibilmente testi brevi… Si è innescato un meccanismo al ribasso che ha portato a difficoltà oggettive. E nonostante tutto questo in Italia si pubblicano quasi 200 libri al giorno! Quante copie potranno mai vendere! (Ride, ndr)».

L’hospice Villa Adalgisa si amplia con 30 nuovi appartamenti per anziani soli

La struttura gestita da Società Dolce a Borgo Montone offrirà anche un centro ambulatoriale avanzato di riabilitazione dedicato a degenti e cittadini

Hospice

L’hospice “Villa Adalgisa” a Borgo Montone di Ravenna, gestito dalla cooperativa Società Dolce completa i lavori per l’efficientamento energetico e annuncia l’ottenuta autorizzazione a costruire per ampliare gli spazi.

Agli attuali 19 posti, si potranno aggiungere nuove camere, un centro ambulatoriale avanzato di medicina fisica e riabilitazione (Car), fruibile da degenti e cittadini e un complesso di servizi per la terza età, integrato con l’hospice: «Pensiamo ad un senior housing – ha spiegato Pietro Segata, presidente di Società Dolce – una residenza per anziani autosufficienti soli, con 30 appartamenti, servizi di assistenza e cura, spazi comuni per diverse attività sociali e ricreative».

Un bisogno che in futuro sarà cruciale, se si pensa al dato presentato da Roberta Mazzoni, direttrice del distretto sociosanitario dell’Ausl Romagna, da cui emerge come oltre il 40 percento delle famiglie a Ravenna sia composto da una sola persona.

Nell’ultimo anno, Società Dolce, in collaborazione con InfinityHub spa, ha finanziato e realizzato i lavori per l’efficientamento energetico dell’hospice, volti alla decarbonizzazione e all’abbattimento dei consumi: «Abbiamo investito nel progetto 600mila euro, in parte raccolti in modo innovativo, attraverso il crowdfunding, in una dimensione di economia circolare e solidale, che ha coinvolto soci, fruitori, caregivers e fornitori» riporta Segata.

L’unione tra tecnologia, finanza e solidarietà ha reso possibile la realizzazione di un impianto fotovoltaico di 96,5 kw, sia con pannelli in copertura che con pensiline per parcheggi, una nuova pompa di calore per acqua calda sanitaria e riscaldamento, nuovi infissi.

Nei suoi dieci anni di attività, il primo hospice accreditato del distretto di Ravenna ha accolto oltre tremila persone, che hanno potuto accedere alle cure palliative, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Un luogo dove poter vivere al meglio una fase naturale dell’esistenza, con periodi “di sollievo” e dal quale è sempre possibile tornare a casa, quando lo si desideri.

La libreria indipendente di Lugo sepolta dal fango: «Ci ha aiutato anche Datome»

I titolari: «Abbiamo pensato di non farcela, ma la solidarietà dei clienti ci ha sorpreso»

Datome Alfabeta

Oltre quarant’anni fa, nel 1979, apriva i battenti Alfabeta, la prima libreria indipendente di Lugo. Una realtà ancora oggi unica nella cittadina, nata dall’idea di Massimo Berdondini e resa possibile grazie all’affiancamento della socia Marinella Fabbri. «Essere librai indipendenti ci permette di scegliere in piena le libertà le nostre proposte, senza vincoli di catalogo con determinate case editrici – racconta Fabbri -. Nei tanti anni di attività abbiamo sempre mantenuto una proposta varia e curata, inserendo anche una sezione di cartoleria molto apprezzata dai più piccoli».
Poco meno di un anno fa però, Alfabeta e la sua storia hanno rischiato di venire sepolte per sempre dal fango dell’alluvione, con l’acqua che ne riempito i locali fino a un metro e quaranta centimetri, per due giorni.

In un post sui social pubblicato immediatamente dopo la tragedia, tra le immagini di scaffali divelti e decine di libri e quaderni sparsi nel fango, i titolari scrivevano: «Questo è quello che resta di 44 anni di lavoro e sacrifici» e, come racconta Fabbri,
nello sconforto aveva iniziato a farsi largo l’idea di mollare: «Non sapevo da dove ricominciare, ho davvero pensato che fosse la fine. Il mio socio invece aveva uno sguardo più positivo, con tanta voglia di sistemare le cose. Ho trovato anche io la
forza solo grazie allo straordinario affetto di clienti e cittadini». Nei giorni successivi all’alluvione infatti, in tanti si sono stretti attorno alla libreria spalando acqua e fango e cercando di salvare quanto possibile dal macero. Nello stesso periodo è
nato anche “Il mercatino del libro che fu”, un’occasione per dare una seconda vita ai volumi alluvionati: «Credo che sia stato il momento di più grande vicinanza da parte di Lugo e dei suoi cittadini: avevamo disposto i libri su alcuni teli fuori dalla libreria, acquistabili a prezzo simbolico. Sono passati in tantissimi, clienti, insegnanti e sconosciuti, qualcuno per aiutare a pulire o per dare un abbraccio e in tantissimi per comprare un libro, anche se in alcuni casi illeggibile, per conservarlo come monito e memoria» continua la titolare.

DatomeAlfabeta ha riaperto a pieno regime dopo circa un mese, sommando ai costi della merce perduta le spese per il rifacimento delle tre vetrine, degli infissi, dell’impianto elettrico e della strumentazione elettronica, come computer, registratori, e calcolatrici, sempre grazie ai più vari gesti di solidarietà: «Primo tra tutti quello del campione di basket Luigi “Gigi” Datome che, senza aver nessun legame con la città di Lugo, ma essendo lui per primo anche uno scrittore, ha deciso di donare una consistente somma per la ripartenza di Alfabeta – spiega Fabbri -. L’ho ringraziato personalmente e verso luglio ci ha ricontattati per avere notizie sulla riapertura, ci ha detto che sarebbe stato a Ravenna per una gara e che sarebbe venuto a trovarci e così ha fatto, passando la giornata tra foto e autografi, con grande gentilezza».
Gli aiuti statali però ancora latitano, e nonostante la ripartenza non è facile fare quadrare i conti: «La domanda ufficiale per il risarcimento dei danni da parte delle associazioni di categoria deve ancora essere processata. Nel frattempo restano i
fornitori da pagare e a distanza di un anno dalla tragedia ci sembra di vivere il momento più duro. L’entusiasmo dei primi giorni è svanito e oggi molte famiglie del territorio, anche loro colpite dall’alluvione, si trovano a doversi fare i conti in tasca
e fronteggiare altre spese. anche se all’inizio gli incassi erano altissimi rispetto alla norma, ora si sente la pesantezza» conclude la libraia.
Alfabeta però non si ferma, continuando a promuovere eventi e sostenendo le iniziative culturali del territorio: «Affiancheremo gli incontri di ScrittuRa Festival di Lugo e del forese con il nostro banchetto. Crediamo sia un modo per restare vicini al territorio e dare nuova luce alla libreria».

I sindacati scendono in piazza a Roma: pullman in partenza dalla provincia

Dopo la nutrita partecipazione alle proteste dello scorso 11 aprile, Cgil e Uil indicono una manifestazione nazionale nella capitale sabato 20

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Dopo lo sciopero del 11 aprile, che in provincia di Ravenna è stato accompagnato da una nutrita partecipazione al flash mob in piazza XX Settembre, Cgil e Uil tornano in piazza sabato 20 aprile per una manifestazione nazionale a Roma.

L’iniziativa prende il titolo “Adesso Basta – Salute e sicurezza, diritto alla cura e sanità pubblica, riforma fiscale e tutela dei salari”. Il concentramento della manifestazione è alle 9.30 in piazzale Ugo La Malfa, a Roma, e il comizio conclusivo è previsto in piazzale Ostiense, dove interverranno, oltre ai delegati, Maurizio Landini, segretario generale nazionale della Cgil e Pierpaolo Bombardieri, segretario generale nazionale Uil.

Dalla provincia sono previste diverse partenze di pullman per raggiungere la capitale: a Ravenna alle 4 dal piazzale del Cinemacity e da via Le Corbusier; alle 4 a Bagnacavallo dalla rotonda dell’autostrada; alle 4.15 a Faenza dal piazzale Iemca; alle 3.30 a Faenza all’altezza dell’hotel B&B; alle 3.30 a Cervia in piazza della Resistenza.
Per prenotarsi è possibile contattare i sindacati ai seguenti recapiti: ra.manifestazioni@er.cgil.it / 0544 244280; segreteria@uil-ravenna.it / 0544 292257.

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«Il tema principale della mobilitazione è la richiesta di arrivare a zero morti sul lavoro – spiegano Manuela Trancossi e Carlo Sama, segretari generali rispettivamente di Cgil e Uil della provincia di Ravenna –. Parliamo di diritto al lavoro senza morire. I dati sono tragici e vorremmo che si evitasse di abituarsi all’idea che morire nel lavoro è una delle possibilità. Bisogna contrastare alla radice questa logica e questa cultura. Chiediamo di aumentare la spesa sanitaria, di garantire il diritto costituzionale alla salute e contemporaneamente chiediamo che i fondi per gli stanziamenti vengano recuperati con una vera lotta all’evasione fiscale ed una vera riforma fiscale che vada a tassare gli extraprofitti. Per noi questa questa stagione contrattuale deve produrre un aumento reale dei salari, riportando ai livelli medi europei il potere d’acquisto delle famiglie italiane. È necessario che i Ccnl vengano rinnovati puntualmente e che vengano vincolati gli incentivi alle imprese ai rinnovi entro le scadenze».

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