Giro del mondo in bici: 65mila km alle spalle e da luglio via alla campagna d’Africa

In Brasile il Magio Bike Tour ha festeggiato 1.800 giorni di viaggio attraverso 45 Paesi: dalla partenza a Ravenna nel febbraio 2013 sono cambiate tante cose, ora in sella i fratelli Giovanni e Francesco Gondolini. Un volo da Rio de Janeiro li porterà nell’ultimo continente che manca all’appello

DSC00161Adesso c’è una data per l’inizio della campagna d’Africa del Magio Bike Tour, il giro del mondo in bici cominciato a Ravenna nel febbraio del 2013 da Giovanni Gondolini e Marco Meini e giunto ora in Sudamerica dopo aver percorso 65mila km attraverso 45 Paesi: il 20 luglio un volo aereo porterà Giovanni e il fratello Francesco (che si è aggregato 15 mesi fa in cui ha fatto già 16mila km mentre Marco si è fermato in Canada due anni fa) da Rio de Janeiro a Cape Town per percorrere l’ultimo continente che manca all’appello del viaggio. I due risaliranno sui pedali per arrivare a casa nel 2019. Come già vi abbiamo raccontato nei mesi scorsi, Giovanni è stato costretto a una pausa di tre mesi tra fine 2017 e inizio 2018 quando è rientrato in Italia per operarsi al tendine d’Achille. In aprile ha raggiunto nuovamente Buenos Aires per riprendere il lavoro lasciato in sospeso. Dopo aver attraversato il Rio de la Plata la coppia è arrivata in Uruguay. E al periodo uruguagio si riferiscono i racconto che trovate di seguito, scritti da Giovanni.

Nella zucca vuota del mate c’è tutto il mondo
In una mano l’ombrello per proteggersi dal cielo grigio e permaloso, sotto braccio un thermos di acqua calda e nell’altra mano uno strano biccchiere: il porongo, ricavato da una piccola zucca svuotata. Vuoi venire con noi per un mate? Mi domanda Florencia in compagnia dei suoi amici. Ci sediamo sul prato nel parco. Lei riempie il porongo di yerba mate, posiziona una cannuccia di acciaio nel centro, che mi dice chiamarsi bombilla e versa acqua calda in infusione. Siamo seduti in cerchio e questo unico mate per tutti che passa di mano in mano é la scusa perfetta per farsi compagnia. Io sono felice di partecipare a questo rituale sud americano.
Mi ritorna in mente una tavola bassa a Kyoto dove l’educato padrone di casa ci offriva Sake. Poi i pensieri sono volati in Nepal dove vicino a un santuario buddista una dolce signora preparava il Chai, un té nero forte con latte di mucca e cannella. Sorrido pensando a Marco in Uzbekistan mentre beveva con Igor e amici russi bicchierini di Vodka alle tre del pomeriggio, vodka di benvenuto, vodka medicinale. Mi arriva poi alle narici il profumo dell’ultimo caffé bevuto in Italia e l’odore di mosto di un malbec cileno stappato sulla Cordigliera Andina.
Gli amici uruguagi mi riportano fra loro, ho di nuovo il mate in mano, Florencia mi versa l’acqua e mi racconta una storia. Io sorseggio questa bibita calda e amara con lo stesso entusiasmo con cui bevevo una Corona ghiacciata ad Acapulco o il Té Verde nelle teerie di Pechino. Sento la cultura autoctona scaldarmi il petto. Bevendo il mate mi idrato di Uruguay, lo vivo e ne capisco una parte preziosa, fatta di condivisione, di lentezza e parole sobrie.
Li ringrazio, salgo in sella e passo la frontiera brasiliana. Poca strada e un signore mi mette giá in mano una Caipiriña. Credo incominci a narrarmi una storia. Io ti ascolto mentre ti bevo, Mondo.

Popolo umile e caparbio, ai Mondiali tiferò per l’Uruguay
Un pedazo de tierra entres dos gigantes. Questo é Uruguay, una piccola pianura tra l´infinito Brasile portoghese e la sterminata Argentina spagnola. Un triangolo di terra geograficamente strategico sulla sponda Nord del rio della Plata, porto commerciale dell`America latina. Gli inglesi duecento anni fa ne capirono l´importanza e “tutelarono” i neonati uruguagi dalle pretese colonialiste di Portogallo e Spagna. In cambio chiesero il controllo del porto, buoni affaristi questi inglesi.
Oggi gli uruguagi sono solo quattro milioni e la metá vive nella asettica capitale Montevideo. Le lande sono invece lasciate al pascolo a dodici milioni di mucche, simbolo ed economia del paese. Io ho chiacchierato molto di politica con Guillermo, simpatico albergatore sulla spiaggia di Cabo Polonio. Mi ha raccontato il suo paese, liberista ed evoluto, specie sui temi difficili quale la legalizzazione delle droghe leggere, le unioni omosessuali e la legge sull´aborto. Aborto qui legale, al contrario della maggior parte dei paesi Sud americani. Mi ha parlato di un Uruguay non monopolizzato dal cattolicesimo e mi ha fatto ascoltare i leggendari discorsi dell´ex presidente Mujika. In quelle parole ho percepito il desiderio di un popolo di trovare una nuova via, non obligatoriamente uguale alla soluzione consumistica occidentale. Mujika parlava di ricerca della felicitá come fine ultimo della nostra breve vita.
Alle mie spalle tanta Argentina e alla porta bussa giá il Brasile. Saluto questo verde e moderno Uruguay e perché no, al Mondiale potrei tifare per loro. Per l`umiltá caparbia e illuminata dei piú piccoli.

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