Partito da Ravenna nel 2013, il giro del mondo in bicicletta è arrivato in Africa

Ultimo continente per il MaGio Bike Tour: lasciato il Brasile, i fratelli Gondolini sui pedali a Cape Town

Fratelli Gondolini

I due fratelli alle cascate dell’Iguazù

A fine luglio Francesco e Giovanni Gondolini sono volati dal Brasile a Cape Town, in Sudafrica, mettendo piede così nell’ultimo continente rimasto per completare il giro del mondo in bicicletta, ribattezzato su queste pagine (e sui loro canali social) MaGio Bike Tour. Partito nel febbraio 2013 da Ravenna insieme all’amico Marco Meini (che poi ha abbandonato il viaggio per amore un paio d’anni fa, mettendo su famiglia in Canada), Giovanni ha raggiunto a inizio 2018 il fratello Francesco (che a sua volta si era aggregato ormai quasi un anno e mezzo fa) in Sudamerica dopo la pausa forzata di circa tre mesi per la frattura del tendine d’Achille: ora i due sono pronti a risalire l’Africa per poi tornare a Ravenna presumibilmente nel 2019.

In questa pagina alcune riflessioni di Francesco sui ciclisti che incrociano per strada e di Giovanni sul Brasile, loro ultima tappa americana, dove – dicono – hanno pure potuto gioire per l’eliminazione della non proprio simpaticissima Nazionale verdeoro ai mondiali di calcio (altro materiale sarà pubblicato su ravennaedintorni.it).

Nel Brasile della disparità sociale c’è diffidenza verso lo straniero
Ma poi ci hanno aperto il loro cuore…
Giovanni GondoliniNel ventunesimo secolo viaggiare è facile e alla portata di tutti. Online si prenota qualsiasi cosa fino a pianificare la vacanza al minimo dettaglio. In questi anni però ho preferito tracciare una rotta su una mappa di carta e affidarmi al caso. Mi continua a piacere l’idea di entrare in una piazza di una città sconosciuta e vedere le reazioni della gente davanti allo straniero. Mi siedo in una panchina con la bici a fianco e mentre mangio un panino aspetto che succeda qualcosa. Potrei definirlo il mio test sull’ospitalità di un popolo. In alcune nazioni venivo benevolmente accerchiato, in altre ignorato, a volte osservato a distanza con curiosità, poche volte con sospetto, quasi sempre con una normale diffidenza.
Ora mi trovo nel Brasile del Sud e questo gioco mi ha mostrato un paese non così aperto come mi aspettavo. La generale insicurezza in cui versa, colpa di una disparità sociale notevole e percepibile ovunque, fa sì che il brasiliano non apra facilmente le porte di casa a uno sconosciuto. Io però avendo bisogno della loro protezione notturna e desideroso di rompere le barriere, li ho aiutati o potrei dire li ho indotti all’ospitalità. Trovandomi in zone non proprio tranquille ho spesso chiesto di poter montare la tenda nei loro giardini. Il loro iniziale rifiuto si trasformava presto in un ponderato assenso trovando nei nostri sguardi una innocenza palese. Puntualmente nel giro di pochi minuti si lasciavano andare aprendo a pieni battenti le entrate del loro cuore e della loro dimora. Oltre al giardino quindi mi offrivano un letto, una cena e una birra. Io ricambiavo con alcune storie in quella lingua post latina tra il portoghese lo spagnolo e l’italiano. Così con un piccolo aiuto anche il Brasile ha superato il mio test sull’ospitalità, tuttavia continuo a pensare che in principio sia sempre meglio fidarsi anziché diffidare…

Giovanni Gondolini

 

«Dai “tennisti” svizzeri agli “zingari” argentini
Chissà come si gustano gli spaghetti i ciclisti che incrociamo per strada…»

Francesco GondoliniI motociclisti che incrociamo per strada ci salutano alzando solo due dita, senza lasciare la presa del manubrio. Noi a volte per scherzo rispondiamo allo stesso modo, e commentiamo con i classici «Ah facile così! Quelli la sera gli spaghetti non se li gustano mica come noi…».
Poi incontriamo i ciclisti svizzeri. Sempre puliti, impeccabili, bici super costose e giubbottini catarinfrangenti. Sembrano dei tennisti. Ci guardiamo e bisbigliamo tra i denti un «Eh, fighetti! Quelli non sanno neanche che sapore hanno gli spaghetti in bianco…». Se invece nel gruppetto di tennisti in bici c’è anche una bella ragazza bisbigliamo solo un «Eh…».
Poi conosciamo i ciclisti argentini. Invece delle borse impermeabili, nei portapacchi hanno dei bidoni di plastica. Un uruguayo addirittura aveva montato due borse del computer. Son tutti sgangherati, con bici improbabili per un vero cicloturista. Ci guardiamo sorridendo e ci scappa un «Ma che zingari! Quelli non hanno neanche una scatoletta di tonno da aggiungere agli spaghetti…».
Per non parlare dei ciclisti che vanno ai raduni della Famiglia Arcobaleno. Quelli viaggiano senza soldi. Per scelta. «Fricchettoni! Non hanno neanche gli occhi per piangere. Altro che spaghetti…».
Una volta trovammo un italiano che voleva andare da Santiago del Cile fino in Patagonia con una specie di mosquito, una bici cinese con un motorino montato sopra. E noi pensiamo «sì, ma deciditi! Questo mangia gli spaghetti con sopra le polpette…».
Addirittura conosciamo per strada due cechi che giravano il Sudamerica con dei monopattini. Ma perché, se hanno inventato la catena e i pedali? Quelli son più matti di noi. «Ma guarda che pirla! Questi per farla complicata gli spaghetti se li mangiano crudi…».
Va a finire che c’hanno ragione i motociclisti, che penseranno di noi «Ma perché, se hanno inventato il motore?». O forse no. O forse fanno bene gli argentini. Va a finire che hanno ragione tutti. E allora buon viaggio a chiunque parta, comunque parta!

Francesco Gondolini

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