Il ministro a Ravenna: «Oggi 85 nuovi contratti su 100 sono precari
quindi quali tutele andrebbero perse con il Jobs Act?»
Nella sede della cooperativa edile – che fattura un miliardo di euro 114 anni dopo la sua fondazione per opera di tredici muratori, come ricordato da Rudy Gatta (coordinatore romagnolo di Generazioni) aprendo la serata – è andato in scena un incontro colloquiale dai toni pacati dove non sono mancati aneddoti e mea culpa. Del resto il rischio di contestazioni era stato scongiurato organizzando un evento a invito e mantenendo nei giorni precedenti il massimo riserbo. Poletti da queste parti, non solo geograficamente, è di casa. È cresciuto a Spazzate Sassatelli e nel mondo cooperativo si muove da sempre: è stato presidente nazionale di Legacoop per 12 anni prima di entrare nell’esecutivo, Riotta lo intervista dandogli del tu e dal pubblico c’è chi lo chiama semplicemente Giuliano. Questo il clima. E per lui è stato più facile non tirarsi indietro sfoggiando la solita verve verace con qualche termine colorito, qualche metafora che a qualcuno ha ricordato quelle bersaniane e una pennellata di ottimismo: «Sono convinto che nel 2015 vedremo una ripresa».
Ma la conversazione aveva preso le mosse dalla notizia del giorno: l’annuncio della Bce per un intervento di quantitative easing. E il ministro riconosce che potrà essere un aiuto per l’Italia a una condizione: «Non facciamo la solita cosa all’italiana in cui si cerca una via per sfruttare l’aiuto senza metterci del nostro. Di certo questo è un passaggio importante perché anche noi possiamo arrivare ad avere una vera banca centrale».
Inevitabile che sul tavolo finisca poi il tema del Jobs Act. Poletti lo difende a spada tratta riconoscendo tutte le difficoltà personali nel trattare un tema come il lavoro con un approccio che è diverso da quello con cui è cresciuto: «Dopo Padoan sono il ministro più anziano (64 anni, ndr) e gli anni 80 li ho conosciuti. Ma i tempi sono cambiati e il Jobs Act è innovatore perché sceglie di puntare sulle opportunità, sul dinamismo e il cambiamento rompendo la continuità di un’idea che in passato ha fatto bene ma ora non è più al passo coi tempi». Deve cambiare l’approccio: «Il lavoratore deve spingere perché l’impresa cambi, stia al passo. Non è più tempo di difendere a tutti i costi l’azienda nella versione rigida del passato». E fra qualche mese potremmo vedere il ministro in giro per l’Italia in versione uomo-sandwich? «Oggi su cento nuovi avviamenti al lavoro, 85 sono precari. Se fra qualche mese questo numero sarà sceso io faccio i cartelli e vado in giro a dirlo a tutti». E proprio citando quelle percentuali, Poletti non può fare a meno di chiedere quali siano le tutele che andrebbero perse con il Jobs Act se già oggi solo 15 su 100 sono i nuovi contratti a tempo indeterminato. Ecco perché la riforma della legislazione sul lavoro: «I numeri dicono che il mercato del lavoro così come è oggi non funziona».
Riotta gli chiede di mettere in fila cosa abbia fatto finora il Governo Renzi. Il ministro cita la riforma del lavoro e gli interventi di riorganizzazione nella pubblica amministrazione. Specificando perché ci sia tanta carne al fuoco tutta insieme: «Si potrebbe pensare che mettere mano a tante situazioni insieme sia controproducente. Ma qui stiamo parlando di scardinare le vecchie rendite che si sostengono e proteggono a vicenda. Se cominciamo una alla volta quando arriviamo alla seconda si sono già riorganizzate per contrastarci».
Prima di incontrare Riotta, alle domande della stampa, Poletti aveva speso parole di apprezzamento per la forma cooperativa: «Continua a essere una risposta al bisogno di lavoro e una opportunità soprattutto per i giovani che possono condividere i rischi connessi ai tentativi di avviare nuove realtà». Ed è convinto che non siano i recenti fatti di cronaca, in particolare l’inchiesta Mafia Capitale, a scalfire l’immagine del movimento: «Proprio perché la cooperativa è una forma partecipata è come se fosse un po’ di tutti ed è chiaro che certi fatti alimentano il senso di rabbia. Bisogna sforzarsi di mantenere comportamenti rigorosi evitando generalizzazioni».