La Banca Etruria e i Boschi, nella Arezzo democristiana

È la storia della politica italiana, dove uno ruba, l’altro
fa il palo e ogni tanto si cambiano di posto…

«Non accettiamo lezioni di trasparenza da nessuno! Al governo va fatto un monumento per questo decreto!», ha tuonato Matteo Renzi.

Parlava ovviamente del decreto salvabanche. Poi ha continuato minaccioso: «Il conflitto di interessi che si attribuisce al ministro Boschi è del tutto falso! Il padre del ministro Boschi, che ha avuto per 8 mesi una responsabilità in Banca Etruria, è stato commissariato dal nostro governo! Il Governo italiano, quando ha visto che quattro banche rischiavano di chiudere e rischiavamo di perdere migliaia di posti di lavoro e i soldi dei contribuenti, è intervenuto e ha salvato i soldi dei conti correnti e i posti di lavoro!».

Caro il mio Renzi, adesso hai salvato posti di lavoro e correntisti, ma prima dov’eri? E le migliaia di piccoli clienti che avevano comprato le obbligazioni subordinate emesse dalla Banca investendo i risparmi di una vita e ora hanno perso tutto, come Luigino D’Angelo, pensionato, anni 68, tessera Pd, che ha perso 75mila euro e si è suicidato? A loro che dici?

Passo indietro. Cerchiamo di capire. Banca Etruria nasce ad Arezzo nel 1882. È fin dal principio crocevia di massoneria e finanza cattolica. Il Conto Primavera, per dire, era intestato a tal Gelli Licio, e ci passarono soldi opachi e tangenti. Ad Arezzo, feudo di Amintore Fanfani, comanda da sempre la Dc. La famiglia Boschi, borghesia bene aretina, nasce guarda caso Dc. La banca presta soldi agli amici fidati. Soldi facili che spesso non rivede, ma crepi l’avarizia. Nel 2007 arriva la crisi finanziaria e il giochino s’inceppa. I debiti s’accumulano, ma i soldi da prestare agli amici si trovano sempre. Dal 2011 Pierluigi Boschi, Dc, papà di Maria Elena, fa parte del Cda Etruria; nel 2014, con la figlia diventata ministro, lui viene nominato vicepresidente.

Bankitalia manda gli ispettori. Trovano un passivo di 526 milioni di euro e crediti deteriorati per 2,8 miliardi, sei volte il patrimonio della banca. A chi li hanno prestati tutti questi soldi andati in fumo? Venti amichetti devono alla banca 200 milioni. Primo della lista è Francesco Bellavista Caltagirone, imprenditore edile dell’Acqua Antica Pia Marcia, vicino alla Dc, che ha ricevuto 80 milioni. La Sacci, della famiglia Federici, amica di Gianni Letta, 40. Banca Etruria finanzia anche la Privilege Yard Spa, cantiere navale con sede a Civitavecchia, inaugurato dal Cardinal Tarcisio Bertone. Doveva costruire lo yacht più lussuoso del mondo, lungo 127 metri e già opzionato, dicevano, da Brad Pitt e Angelina Jolie. Yacht mai visto, società fallita, soldi spariti. A capo della Privilege c’era Mario La Via, «finanziere internazionale», dice lui, e nel cda figuravano Mauro Masi, ex dg della Rai, e il tributarista Tommaso Di Tanno. Tra gli sponsor c’era Giancarlo Elia Valori, l’unico massone espulso dalla P2 di Licio Gelli. In più, i 13 ricchi ex amministratori e 5 ex sindaci di Banca Etruria forse non restituiranno mai i 14 milioni di gettoni di presenza e i 185 milioni che si sono auto-concessi con 198 posizioni di fido finiti in “ sofferenza” e in “incaglio”.

Chi doveva sorvegliare? Capo del settore controllo delle sofferenze era Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena. Bankitalia constata le “forti criticità crescenti”, cioè il disastro, e commina multe per 2,5 milioni di euro al Cda della Banca. Viene multato per 144mila euro anche Pierluigi Boschi per “carenza organizzazione e controlli interni, carenza gestione e controllo del credito, violazioni in materia di trasparenza, omesse inesatte segnalazioni”. A febbraio 2105, il Governo commissaria la Banca, e il Cda decade. Il decreto salvabanche stabilisce che i debiti li deve pagare chi ha comprato azioni e obbligazioni subordinate della Banca. Le azioni non valevano più nulla e non le comprava nessuno. Così la banca, per raccogliere soldi e ripianare il buco, aveva emesso obbligazioni subordinate. «Li dovevamo proporre a piccole e medie imprese e a piccoli correntisti. Dovevamo dichiarare che erano a rischio zero, ci avrebbero licenziato, sennò. Che le obbligazioni subordinate fosse un prodotto che avrebbe rovinato solo e soltanto i clienti lo sapevamo tutti», ha confessato un direttore di filiale. «È iniziata una caccia all’uomo spietata. Correntisti specie anziani venivano raggiunti anche in casa di cura o in ospedale», ha aggiunto. Insomma, togli a Luigino per dare ai massoni che fanno gli yacht. Molto di sinistra.

Intanto Giuseppe Fanfani, ex sindaco Dc di Arezzo, nipote di Amintore (toh?), avvocato e legale di Banca Etruria (toh?) ha detto: «La Banca Etruria non si tocca». Ora Giuseppe è diventato Pd, è un renziano di ferro, e Renzi e la Boschi per premio l’hanno nominato giudice del Csm. Una volta alla Boschi hanno chiesto: «Lei chi preferisce? Fanfani o Berlinguer?». «Fanfani», rispose lei giuliva. Complimentoni, Matteo. Grazie, Boschi. Grazie Pd. Ci avete salvato. Conflitto di interessi della Boschi? Volete scherzare? La politica italiana è così. Uno ruba, l’altro fa il palo, e ogni tanto si cambiano di posto. I Luigini, invece, lo prendono in culo, sempre.

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