La squadra De Pascale mette d’accordo sinistra e destra: tutti delusi

Critiche dagli avversari della campagna elettorale che sottolineano la mancanza di vera discontinuità rispetto al passato nonostante i proclami prima del voto

Tra le prime reazioni alla nomina della nuova giunta del Comune di Ravenna c’è naturalmente da registrare quella dell’avversario di Michele de Pascale al ballottaggio del 19 giugno, Massimiliano Alberghini, sostenuto da Lega Nord, Lista per Ravenna, Forza Italia e Fratelli d’Italia: «Da mesi il neo sindaco De Pascale ci parla di discontinuità del suo partito rispetto ad un passato che lui stesso ha definito ripetutamente fallimentare, tanto da prenderne, a parole, continuamente le distanze – scrive il commercialista – in campagna elettorale non ha mai voluto anticipare neppure un nominativo di un possibile assessore e, a ragion veduta, essendo chiaro che il motivo era da ricercare nel dover accontentare tutti e sottostare alle logiche partitiche dalle quali diceva di voler prendere le distanze. Bene! Ecco i risultati della tanto vantata discontinuità: 4/9 della neo giunta hanno gli stessi nominativi di quella precedente, quella che, in termini di risultati per il territorio, è risultata la peggiore di sempre. Altri 4/9 vengono dalla più trita nomenclatura di partito. L’ultimo nono rappresenta la cinghia di trasmissione tra il regime politico e gli apparati alla sua diretta dipendenza che hanno occupato anche l’economia. E siamo solo all’inizio».

E intanto su Facebook confermano questo duro giudizio anche Alberto Ancarani (Forza Italia) che commenta con un «male, male, molto male». Il giorno dopo il capogruppo berlusconiano torna a mente fredda sull’argomento con un’analisi più dettagliata, criticando la distribuzione delle deleghe con spartizioni a suo giudizio errate: «La scelta più sconcertante è senz’altro lo spacchettamento delle Partecipate rispetto al Bilancio. Si tratta di un abominio. Se si considera che l’ultimo bilancio del comune di Ravenna ha visto fra le sue entrate principali le manovre fatte grazie alle operazioni di vendita di partecipazioni azionarie in capo a Ravenna Holding si comprende quanto folle sia una simile scelta. Aver affidato a due assessori diversi la delega al Porto e la delega alle Grandi opere è un altro non-senso. Non è forse su una grande opera, ovvero sull’approfondimento del canale Candiano che si basa il futuro del nostro porto? Un ultimo tema è quello delle deleghe a Sicurezza e Immigrazione, che Fabrizio Matteucci, pur affidandole ad un assessore che non era all’altezza di nessuno dei due compiti, aveva intelligentemente affidato alla stessa persona. De Pascale, schiavo del politicamente corretto, ha preferito la divisione come se i principali problemi di sicurezza del territorio non fossero riconducibili a cittadini stranieri. Non ci siamo proprio».

Gianluca Pini, deputato ravennate del Carroccio, scrive: «Mesi e mesi a parlare di discontinuità buttati nel cesso solo per premiare i più fedeli anzichè i più capaci. Imbarazzante. Se un uomo vale quanto vale la sua parola, Ravenna è in pessime mani».

Ma i commenti non sono più teneri da sinistra. Il primo ad attaccare è Andrea Maestri ex Pd oggi in Possibile che su Facebook utilizza l’ironia: «Potevano almeno mettere Giordano Angelini alle Infrastrutture e Vidmer Mercatali ai Lavori pubblici», scrive commentando la nomina della Signorino. E in modo più articolato spiega: «Innesti di acqua fresca in un tronco vecchio, stanco, piegato. Non è stata compresa e interpretata la domanda di forte discontinuità emersa dal ballottaggio e da una vittoria risicatissima. A De Pascale sono mancati autonomia (di pensiero e di scelta) e soprattutto coraggio (di assumersi personalmente la responsabilità di scelte necessarie). Un sindaco debole e asservito ai capibastone del partito non è un bene per la nostra città. A questo punto ci aspettiamo l’applicazione della più grigia e bieca lottizzazione delle future nomine nelle partecipate. Il Pd non ha compreso la lezione elettorale e ne pagherà politicamente le conseguenze».

E Giovanni Paglia, altro deputato della sinistra, ma di Si, rincara, se possibile: «Il neo-sindaco di Ravenna aveva passato la campagna elettorale a promettere energia e discontinuità. A me sarebbe piaciuto essere smentito nel mio scetticismo. Il risultato è una giunta che conferma 4 assessori su 9, mette sulla poltrona di vicesindaco il clone del predecessore, spaccia per novità il segretario comunale del Pd versione Matteucci. Poi ci sono un funzionario di Confesercenti e un’ingegnera di Savio sconosciuta, temo, ai più. Diciamo che fin qui siamo ad un tennistico 6-2. Allora la chicca: direttamente dagli anni ’90 Elsa Signorino e già tutti pensano che la nomina serva a liberare una poltrona in Ravenna Antica. Temo che non si sbaglino».

Paglia e Maestri alle ultime Amministrative hanno appoggiato il progetto Ravenna in Comune che candidava Raffaella Sutter a sindaco. Sono i portavoce Dora Casalino e Massimo Manzoli a commentare: «Perché Michele De Pascale ha preferito preservare gli equilibri di partito a dispetto della necessità di mostrare la volontà di cambiamento positivo chiesta a gran voce dalla citta? In altri Comuni, come Bologna, c’è stato qualche segnale timido di cambiamento più incoraggiante, cosa che a Ravenna è stata completamente disattesa».

Delusione anche da un altro avversario lo scorso 5 giugno, Maurizio Bucci della lista civica La Pigna: «Di fatto gli assessori per numero e relativi incarichi sono in totale continuità con la giunta Matteucci di cui i ravennati pensavano di essersi liberati. In modo particolare, aver mantenuto le deleghe al porto in mano a Fusignani, riconfermano quanto di grave è avvenuto sino ad oggi nel porto di Ravenna, ingessato e bloccato da quando Di Marco ha lasciato l’incarico dalla presidenza dell’autorità portuale. Ritrovare l’assessorato alle politiche di genere senza alcun riferimento alla famiglia è un chiaro indirizzo di come la nuova amministrazione De Pascale continuerà a trascurare le famiglie ravennate. Unica nota positiva che riscontriamo è l’indicazione di Giacomo Costantini al turismo, anche se la stessa delega non è stata accorpata alla cultura».

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