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Articolo Uno e Sinistra per Ravenna chiedono un protocollo di tutela per i rider

La proposta di un documento fra Comune e sindacati per i fattorini che consegnano cibo a domicilio. Due anni fa l’assessorato alle Politiche giovanili promosse uno spettacolo teatrale sul tema. L’assessora ci disse: «Sulla gig economy so che siamo indietro, ma questo potrebbe essere un primo passo per aprire un dibattito pubblico»

Un protocollo d’intesa tra Comune e sindacati per la promozione di occupazione regolare nel settore del consegne a domicilio di cibo fatte dai fattorini, il cosiddetto food delivery svolto dai rider. È la richiesta di Articolo Uno e Sinistra per Ravenna al Comune di Ravenna e si impegnano ad assumere iniziative in tal senso in consiglio comunale.

La proposta delle due forze politiche arriva a un mese dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha inquadrato come lavoro subordinato tutte le volte in cui la prestazione del collaboratore abbia carattere esclusivamente personale e sia svolta in maniera continuativa nel tempo e le modalità di esecuzione della prestazione, anche in relazione ai tempi e al luogo di lavoro, siano organizzate dal committente. «Ora si tratta di operare in ogni territorio, anche mediante accordi fra istituzioni, organizzazioni sindacali e forze imprenditoriali e con adeguati controlli da parte degli organi competenti, per applicare ovunque i principi della sentenza e assicurare una adeguata tutela del lavoro dei riders nei termini previsti dagli accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative». A Modena un protocollo è stato sottoscritto.

R&D si è occupato della situazione rider in provincia di Ravenna di recente: nel numero del settimanale uscito il 28 gennaio (qui potete sfogliarlo) abbiamo intervistato un fattorino, diversi ristoratori e alcuni sindacalisti. Ma avevamo trattato l’argomento già nel 2019. In quell’occasione raccogliemmo le parole di Valentina Morigi, assessora alle Politiche giovanili e esponente di Sinistra per Ravenna: «Ci muoviamo in diverse reti con altri enti locali per occuparci di creatività, ma anche di vulnerabilità giovanile che possono riguardare l’occupabilità, la mobilità verso l’estero, nuove forme di lavoro. Ci è capitato di ragionare su questo tema (rider, ndr) con il collega di Bologna, che stava lavorando alla Carta sui rider. Mi è sembrato un punto di partenza ambizioso e interessante su un fenomeno che dietro una facciata “smart” e “cool” nasconde bolle in cui i diritti sono sospesi e che quindi intreccia il tema della legalità, per cui erano destinati i fondi regionali, perché per noi la diffusione di una cultura della legalità passa dalla diffusione di diritti. Immagino un confronto con i sindacati e le associazioni datoriali. In questo comune si è arrivato a stilare un protocollo sugli appalti pubblici dopo un percorso condiviso. Sulla gig economy so che siamo indietro, ma questo potrebbe essere un primo passo per aprire un dibattito pubblico».