Giovedì 3 luglio, a Ravenna, al Fem Garden du via Rocca ai fossi 20, Davide Sicca e Leonardo Nencioni, rappresentanti del movimento NO BASE del territorio pisano, sono intervenuti all’incontro Fare pace con la terra, No al sistema fossile, No al riarmo per riprogettare il futuro, organizzato dalla campagna nazionale Per il Clima Fuori dal Fossile, dal coordinamento ravennate Per il Clima Fuori dal Fossile e dalla Casa delle donne Ravenna. L’incontro è stato pensato come spazio di interazione tra “attivismi”, preludio per possibili future collaborazioni, coordinamenti di azioni concrete, condivisioni di informazioni e risorse, confronti di idee.
Dopo il saluto di Renato Di Nicola, portavoce nazionale della campagna nazionale Per il clima, fuori dal fossile, i giovanissimi e molto competenti Davide Sicca e Leonardo Nencioni hanno ampiamente informato il pubblico intervenuto sulla storia del Movimento No Base iniziata nell’aprile del 2022, dopo la scoperta da parte di una lista civica interna al Consiglio Comunale dell’esistenza di un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, datato 14 gennaio 2022, firmato dall’allora premier Mario Draghi, contenente il riferimento al progetto di costruzione di una nuova base militare nel territorio di Coltano, frazione del comune di Pisa, che prevedeva un intervento infrastrutturale per la realizzazione delle sedi del Gruppo Intervento Speciale, del 1° Reggimento Carabinieri paracadutisti «Tuscania» e del Centro cinofili quale opera destinata alla difesa nazionale. Cittadine/i iniziano a incontrarsi per opporsi e diffondere informazione su quanto sta succedendo; nasce il Movimento No Base né a Coltano né altrove e, il 2 giugno 2022, viene organizzata una manifestazione a cui partecipano 10.000 persone giunte da tutta Italia per percorrere il perimetro della possibile area militare con lo slogan “nessuna base per nessuna guerra”. Si ottiene una temporanea battuta d’arresto del progetto. Nel 2024 emergono informazioni più dettagliate, eclissate dagli enti locali coinvolti, e si torna a parlare della base militare a seguito del decreto legge 29 giugno 2024, n. 89, cosiddetto DL Infrastrutture, approvato il 24 giugno dal Governo Meloni. Viene appurato che l’opera servirà a addestrare e ospitare il Reggimento carabinieri paracadutisti Tuscania e il GIS Gruppo d’intervento speciale, corpi dei carabinieri, che operano prevalentemente all’estero in situazioni di conflitto, reparti sempre attivi che preparano gli interventi militari italiani negli scenari bellici, burocraticamente inquadrati come “presidi di pubblica sicurezza”. I paracadutisti Tuscania sostengono, addestrano, armano e cooptano unità militari e di polizia estere, ma anche milizie paramilitari. Nel cosiddetto Mediterraneo Allargato svolgono il compito di protezione e sorveglianza delle piattaforme ENI ubicate nelle acque internazionali, svolgono anche una funzione anti-migratoria, con equipaggiamento, formazione e assistenza alla Guardia Costiera libica per il controllo delle acque territoriali. Il GIS, un’unità tattica nata per reprimere le rivolte in carcere, è attualmente impiegata in operazioni di pronto intervento anti-terrorismo, sia in Italia che all’estero, in scenari internazionali per operazioni di “protezione degli interessi italiani”, a difesa di piattaforme energetiche o di ambasciate e basi militari italiane e NATO sul suolo estero. Dal 2016 opera anche su richiesta dei servizi segreti italiani, per singole missioni riservate all’estero.
Le aree individuate per il progetto sono strategiche per la loro vicinanza alla base USA di Camp Darby, all’aeroporto militare di Pisa, al porto di Livorno e a corpi dell’Esercito, venendo così a creare un inquietante hub logistico-militare. In poco più di 20 km tra l’aeroporto di Pisa (dove ha sede la 46° brigata aerea), aperto al traffico civile ma controllato dall’Aeronautica Militare, e il porto di Livorno (classificato come porto nucleare, dove transitano regolarmente navi con materiale bellico) sono presenti: il Centro Addestramento Paracadutismo, l’Aeroporto militare dell’Oro, il Centro Interforze di Studi e Applicazioni Militari CISAM della Marina Militare, il Comando delle Forze Speciali dell’Esercito COMFOSE, la Base Camp Darby (a tutti gli effetti, una base militare USA anche se ospita un comando NATO), i complessi addestrativi e logistici della Folgore, l’Accademia Navale della Marina Militare. Il progetto di costruzione della nuova base militare rafforzerebbe, quindi, il ruolo bellico/strategico di tutta l’aria riconosciuta come snodo cruciale per proiettare le forze armate nazionali, Usa, Nato ed extra Nato in eventuali azioni di guerra. Con il nuovo progetto della base militare a San Piero a Grado, previsto all’interno del Parco di San Rossore, e con parte dei lavori a Pontedera, l’impatto ambientale passa dall’utilizzo di 70 ettari previsti inizialmente a Coltano a quasi il doppio, in gran parte di superficie boschiva, diffusi tra San Piero a Grado e il Comune di Pontedera, così come i finanziamenti dai 190 milioni di euro originari sono arrivati a 520.

La base verrà finanziata, non come spesa militare esplicita, ma con soldi destinati a bilancio all’Edilizia Pubblica, prelevandoli dal Fondo per la Coesione sociale e lo Sviluppo. Nello specifico, il decreto convertito con il voto di fiducia già ad agosto del 2024 (legge 8 agosto 2024 n. 120, con testo coordinato DL 89/2024) prevede l’utilizzo di 20 milioni di euro delle riserve destinate a fronteggiare gli aumenti dei costi dei materiali a seguito della crisi in Ucraina e della crisi pandemico-sanitaria e viene aperta una contabilità speciale volta ad avviare il prima possibile i cantieri dell’opera. Le opere di compensazione sono specchietti per le allodole (per approfondimenti https://sbilanciamoci.info/no-base-contro-la-militarizzazione-della-toscana/).
Dal 2024 il movimento No Base ha inaugurato un presidio permanente a San Piero a Grado, il Presidio di Pace dei Tre pini, distante pochi metri dalle reti dell’area Ex- CISAM (Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari), il luogo dove è prevista la costruzione di una parte della base militare che si estenderebbe anche dentro il Parco Naturale di San Rossore, dichiarato zona speciale di Conservazione e Sito di Interesse Comunitario, per il quale sono necessarie misure particolari di tutela. Poco distante, nell’area della tenuta Isabella, a Pontedera, è prevista la costruzione di un poligono di tiro a cielo aperto e di una pista di addestramento.
L’attuale governo è determinato a portare avanti questa ennesima infrastruttura militare, in un quadro generale di potenziamento della regione Toscana come hub nevralgico della logistica di guerra globale.
A oggi il movimento No Base ha polarizzato l’opposizione al progetto di movimenti sociali, pacifisti e ambientalisti, di singol* cittadine/i, per la smilitarizzazione del territorio. Il metodo del movimento si basa sull’apertura e la partecipazione alle attività che sono prevalentemente di studio e di approfondimento anche in un’ottica intersezionale (una prospettiva che considera come le diverse forme di oppressione si intrecciano, in questo caso, con le lotte per il pacifismo e la smilitarizzazione, riconoscendo che queste sfide non possono essere disgiunte dalle lotte per la giustizia sociale).
Il 5-6-7 settembre è previsto il Campeggio No Base, un’iniziativa di mobilitazione per rafforzare il radicamento sul territorio (https://nobasecoltano.it/decalogo-no-base-obiettivi-di-azione-iniziativa-e-mobilitazione-del-movimento-no-base-per-lestate-2025-verso-il-campeggio-no-base-del-5-6-7-settembre/).
Sul sito https://nobasecoltano.it/ è possibile seguire le azioni promosse in opposizione alla realizzazione di quest’opera.
Alla fine dell’incontro, tra le domande rivolte ai due giovani relatori, Renato Di Nicola ha chiesto loro la ragione per la quale avevano deciso di diventare attivisti. Leonardo Nencioni ha risposto che a seguito del massacro della popolazione palestinese ha sentito l’esigenza di avviare riflessioni critiche individuali e collettive; per Davide Sicca l’attivismo è un’opportunità di crescita che gli ha permesso di partecipare alla vita sociale con l’obiettivo di modificare determinate situazioni e progettare spazi più sicuri.
L’interrogativo che riguarda le ragioni sul senso dell’adoperarsi in azioni, collettive, intraprese, condivise e alimentate da esperienze e incontri significativi e avviate per provare a contribuire a migliorare le comunità in cui si vive, chiama in causa tutte/i noi. A volte prendere le distanze da tutto può sembrare la scelta pragmatica più sensata nei confronti di quella che però non può essere affrontata solo come una questione pragmatica. Si può realmente pensare che qualcosa cambi se non si partecipa (nel modo che a ognuno è più confacente) al Sistema mondo? «La resistenza attiva – partecipare alle proteste e prendere posizione e impegnarsi per introdurre dei cambiamenti anche al livello più basso, nei consigli scolastici e comunali – è fondamentale. La resistenza negativa – rifiutarsi di partecipare se partecipare significa abbassare la propria asticella morale – è fondamentale», scrive Omar El Akkad giornalista egiziano a pagina 167 del libro Un giorno tutti diranno di essere stati contro, tradotto da Gioia Guerzoni e edito da Feltrinelli nel 2025. Eppure, quando si assiste a sistemi politici mondiali che sempre più stringono le spalle di fronte a esseri umani che muoiono di fame, a massacri negli ospedali, nelle scuole, a uccisioni di giornaliste/i, di attiviste/i, a sistemi/regimi che controllano interessi petroliferi e industrie belliche, capita di interrogarsi sul senso della Resistenza. Ci si confronta sul se, sul come, sul dove e in quale forma, per giungere alla conclusione che c’è sempre e comunque una ragione per Resistere. «[…] quando si sta normalizzando un genocidio, ogni deragliamento alla normalità conta, anche il più piccolo atto di resistenza allena il muscolo che si utilizza per portarlo a termine, proprio come distogliere lo sguardo dall’orrore rafforza quel muscolo, lo prepara a ignorare un orrore ancora più orribile nel futuro», scrive ancora El Akkad a pagina 168. Libertà significa anche saper allenare in autonomia i muscoli del sentire, prendendo, ad esempio, la distanza da beni di consumo inutili, dalla produzione culturale di persone mostruose, non acquistando prodotti che crescono su terreni occupati illegalmente. Capita così, che una volta che si inizia a chiedere giustizia, si senta la necessità di farlo una volta ancora e poi ancora e che ci si senta in diritto di pretendere un sistema umano più giusto. Azioni minute, individuali, che possono rafforzarsi in cause collettive per il bene comune sono in grado di minacciare poteri politici ed economici. L’opinione che, rendersi autonome/i nei confronti di un “sistema” sia un fare fanciullesco, si fonda sull’incompetenza nel saper raffigurarsi un allontanarsi verso qualcosa, più che da, come se non fossero possibili altri punti d’arrivo. L’alternativa all’allontanamento dal sistema non può certo essere «[…] guardare il corpo di una bambina che penzola da un muro con gli arti staccati dalla violenza dell’esplosione, e dire, Mi sta bene questa cosa, mi rappresenta», scrive ancora El Akkad a pagina 171.
Il 3 luglio, giorno dell’incontro al Fem Garden, ricorreva anche il trentesimo anniversario della morte, per suicidio, di Alexander Langer, una figura intellettuale e politica di straordinaria levatura, il cui pensiero e le cui azioni risuonano ancora oggi con particolare forza e attualità. La sua eredità continua a essere un faro per chi crede nella possibilità di un mondo più giusto e pacifico.