L’esperto di sicurezza: «Investimenti militari Ue servono per non finire ai margini»

Alberto Pagani, ex deputato Pd, oggi è docente all’università di Ravenna: «A Strasburgo avrei votato a favore della risoluzione sul riarmo, decide il gruppo del Parlamento e non la segretaria Schlein»

Alberto PaganiTra i convinti sostenitori del riarmo europeo c’è il ravennate Alberto Pagani, ex deputato Pd e oggi consulente nel settore della sicurezza e docente all’università di Ravenna.

Pagani, ha partecipato il 15 marzo alla manifestazione di Roma promossa da Michele Serra?
«Purtroppo avevo un impegno lavorativo che non mi ha permesso di partecipare, ma se avessi potuto sarei certamente andato a manifestare per l’Europa».

Erano presenti persone con posizioni e visioni molto diverse: quella piazza riesce a mandare un messaggio unico?
«A me pare che il messaggio di unità fosse chiaro: difendere l’Europa unita da chi la vuole disgregare, e anche da se stessa, perché all’interno le spinte autolesioniste non mancano. È un messaggio unitario, nel quale mi riconosco pienamente».

480174268 1048928020605660 1634754656748087681 NIl piano di riarmo, noto come Rearm Europe, è quello di cui ha bisogno l’Unione europea oggi per riconquistare un ruolo più centrale nella politica internazionale?
«È un punto di inizio, frutto anche questo di mediazioni tra le opinioni degli Stati membri. È un nome decisamente infelice, perché la priorità non è comprare le armi, ma coordinare meglio le forze armate europee, con un centro unico di comando e controllo, e colmare i deficit tecnologici dell’Unione, che per tecnologie abilitanti si affidava agli americani, in ambito Nato. L’Europa deve maturare la capacità di essere autonoma, senza che questo comprometta le alleanze, e quindi deve acquisire tecnologie nello spazio, nell’intelligence, nella logistica. Ovviamente servono anche le armi e le munizioni; ma non sono la componente più importante da programmare».

Qual è rischio per l’Europa se non riuscirà a conseguire la sua autonomia strategica?
«Nel mondo di domani non conterà più nulla, perché le grandi potenze si accorderanno tra di loro e ci spingeranno ai margini dell’irrilevanza. Le conseguenze peseranno sugli europei, perché sono la difficoltà di accesso alle risorse essenziali, l’impoverimento economico, e quindi anche l’aumento delle diseguaglianze sociali. I singoli Stati europei da soli sono come “vasi di coccio tra vasi di ferro”, direbbe il Manzoni. Per questo dobbiamo salvare l’Europa unita e renderla più solida».

Il riarmo europeo rischia di innescare un meccanismo di escalation da parte di altri soggetti più o meno democratici?
«Il riarmo dei Paesi non democratici è già pienamente in corso e procede molto in fretta, purtroppo. La Russia avrà entro il 2026 un esercito di un milione e mezzo di uomini; sta lavorando allo sviluppo e all’implementazione di nuovi carri armati T-14 e all’aumento della capacità di fuoco. Il programma Su-57 mira a dotare l’aeronautica russa di aerei da combattimento all’avanguardia, in grado di competere con i modelli occidentali. Inoltre i russi stanno già investendo in sistemi di difesa aerea avanzati, come l’S-400 e l’S-500, e in droni da combattimento e di sorveglianza. La flotta russa si sta già rinnovando con nuove fregate dotate di missili ipersonici, come il missile Avangard, in grado di eludere i sistemi di difesa antimissile, e nuovi sottomarini a propulsione nucleare, dotati di missili balistici intercontinentali, come l’RS-28 Sarmat, con testate nucleari. La minaccia è seria, e chi non può difendersi ed esercitare deterrenza, fa bene ad avere paura».

483895038 1054804536684675 2817948994148893714 NLa spesa militare italiana per il 2025 sarà l’1,57 percento del Pil. La Commissione Ue propone di arrivare al 3 per i 27 Stati. Per l’Italia significa un aumento di oltre 30 miliardi all’anno, l’equivalente di un’intera manovra finanziaria. È accettabile imboccare questa strada?
«Dipende da cosa si fa. Se dobbiamo solo comprare tecnologia prodotta da altri è un costo secco, a mio parere insostenibile. Se invece partecipiamo a programmi internazionali anche con le nostre capacità di ricerca e sviluppo tecnologico e produzione di sistemi, possiamo farcela, perché ci sono spese e anche ricavi».

480961794 1048928037272325 6829634709373530972 NChe messaggio manda il Pd che si divide al Parlamento europeo sul voto alla risoluzione per il riarmo? Se fosse stato un eurodeputato Pd, cosa avrebbe votato?
«Avrei votato a favore, come aveva deciso il gruppo parlamentare. Perché i parlamentari europei Pd appartengano al gruppo Socialisti e Democratici, che ha votato a favore, dopo una discussione tra tutti i partiti nazionali che ne fanno parte. Il Pd avrebbe dovuto votare come gli altri partiti socialisti e democratici europei, sottolineando quali miglioramenti vuole apportare al programma, non dividere il gruppo con un mezzo dissenso, che a mio parere non dice nulla. L’astensione di 11 deputati italiani su 136 parlamentari socialisti e democratici non ci rafforza a Bruxelles, nella discussione di merito, e manda un messaggio ambiguo anche all’elettorato italiano, che legittima la posizione contraria del M5s e di Avs, che si oppongono al piano europeo come Salvini e gli altri partiti filo russi europei».

La linea dettata dalla segretaria Elly Schlein era l’astensione. Ci sono sue dichiarazioni passate in cui affermava che la posizione del partito viene prima di quella dei singoli rappresentanti. Non vale più?
«Io sono stato parlamentare italiano per due legislature e ho sempre votato quello che ha deciso il mio gruppo, anche quando non ero pienamente convinto. Se il segretario regionale del mio partito mi avesse detto che in Emilia-Romagna avevano deciso di votare diversamente mi sarei stupito o mi sarei messo a ridere, perché nel parlamento nazionale decide il partito nazionale, non quello regionale, che deciderà come si vota nel consiglio regionale».

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