venerdì
12 Settembre 2025
L’INTERVISTA

Traffico di armi da Ravenna a Israele: «Il sindaco può fare di più, con Sapir»

Linda Maggiori è la giornalista e attivista faentina che ha sollevato il caso. «Con l’assistenza dell’avvocato Maestri, presenterò un esposto in procura»

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Giornalista e attivista, la faentina Linda Maggiori ha sollevato il caso del traffico di armi e munizioni dal porto di Ravenna verso Israele. La sua serie di inchieste pubblicate su il Manifesto e Altreconomia è stata ripresa da alcune interrogazioni parlamentari.

Linda Maggiori
Linda Maggiori

I suoi articoli hanno parlato della nave New Zealand della compagnia israeliana Zim, che il 30 giugno è passata da Ravenna con un carico di munizioni diretto ad Haifa. Come ne è venuta a conoscenza?
«La soffiata è arrivata da un portuale che ne aveva parlato con Weapon Watch, un osservatorio sul traffico di armi in Europa e nel Mediterraneo. Ai sensi della legge 185/1990, le informazioni sui passaggi di armi devono essere rese pubbliche, perciò ho presentato varie richieste di accesso agli atti. La prima alla Capitaneria di porto, che ha confermato il transito di esplosivi e munizioni a bordo della New Zealand, ma non ha saputo dirmi se fosse in possesso dell’autorizzazione da parte dell’Uama».

Di cosa si tratta?
«È l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento, un organo del ministero degli Affari esteri che dovrebbe rilasciare i permessi per questo genere di traffici. Rispondendo alla mia richiesta, l’Uama ha detto di non essere a conoscenza del carico e ha dichiarato che dal 7 ottobre 2023 (quando un attacco di Hamas ha fatto intensificare il conflitto a Gaza, ndr) non ha più concesso autorizzazioni di armi verso Israele».

Quindi le munizioni sono passate da Ravenna senza permesso?
«L’ho chiesto all’Agenzia delle dogane, che ha risposto a fine agosto. Affermando che il carico della New Zealand non necessitava di nessuna autorizzazione Uama, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 185/1990, in quanto proveniva dalla Repubblica Ceca che è uno Stato dell’Unione europea. Tuttavia, secondo l’avvocato ravennate Andrea Maestri quell’articolo si riferisce solo ai transiti intracomunitari. Quindi non riguarda Israele, che era il destinatario finale e non fa parte dell’Ue».

Nei giorni scorsi, sul Resto del Carlino l’Associazione doganalisti ha affermato che l’Italia non può opporsi al transito e che Israele, pur non facendo parte della Nato, è nostro alleato.
«Una posizione agghiacciante, e non è l’unico dettaglio che lascia sconcertati. Ho chiesto all’Agenzia delle dogane informazioni sulla quantità del carico e sull’identità del produttore, dello spedizioniere e del destinatario. Non mi hanno risposto, giustificandosi con la segretezza degli atti. Eppure la legge 185 impone la trasparenza non solo sulle produzioni e le spedizioni dall’Italia, ma anche sui transiti».

La New Zealand è tornata a Ravenna ad agosto.
«Questo secondo passaggio è stato ricostruito dal giornale irlandese The Ditch e dal britannico Shadow World Investigations. Il 7 agosto la nave ha lasciato il porto sloveno di Capodistria con due carichi di armi diretti a Israele, arrivando ad Haifa il 14 agosto dopo avere fatto tappa a Venezia e Ravenna l’8 e 9 agosto. Un container proveniva dalla A-E Electronics, filiale rumena di Elbit Systems, il principale produttore israeliano di sistemi d’arma. Il secondo arrivava da un’azienda serba di armamenti che fornisce Israele, la Lse Land System Engineering. Secondo The Ditch, entrambe le spedizioni erano destinate allo stabilimento israeliano Elbit di Yokneam. Anche in questo caso senza autorizzazione Uama».

Quali conseguenze legali potrebbero avere queste inchieste?
«Con l’assistenza dell’avvocato Maestri, presenterò un esposto alla procura. Intendo dimostrare che è illegittimo considerare questi traffici di armi verso Israele come transiti intracomunitari».

Ancora più importanti sono i risvolti sul piano etico.
«Queste armi non solo vanno a finire in un Paese in guerra, bensì vanno a sostenere l’operazione di uno Stato che sta commettendo un genocidio. Di fronte a ciò non si può rimanere neutrali. Israele si sta accanendo contro un’intera popolazione e l’Italia sta continuando a far transitare armi per questo scopo. Le istituzioni dovrebbero impedirlo, a partire dall’Agenzia delle dogane che dipende dal ministero delle Finanze. Se si dovesse scoprire che questi traffici coinvolgono anche altri porti italiani, sarebbe gravissimo».

Il sindaco Barattoni ha scritto al ministro Salvini per condannare il traffico di armi verso Israele. Cosa ne pensa?
«Una lettera condivisibile e coraggiosa, ma si può fare di più. Tramite Ravenna Holding, il Comune è uno dei principali soci di Sapir, la società che gestisce il terminal container del porto. L’amministrazione ha la possibilità di pretendere e divulgare le informazioni che mi sono state negate come giornalista e cittadina; non solo sul carico del 30 giugno bensì su tutti i traffici di armi che passano dalla città. Se dovessero negarle anche a Palazzo Merlato, si creerebbe una questione enorme».

Un’altra controversia di cui si è occupata riguarda il progetto Undersec, che coinvolge l’Autorità portuale di Ravenna.
«È un’iniziativa partita nel 2023, finanziata con fondi europei per implementare tecnologie per la sicurezza marina e sottomarina nei porti. Coinvolge 22 enti di 10 Stati europei oltre a Israele, che partecipa con il ministero della Difesa, il suo colosso militare Rafael Advanced System e l’Università di Tel Aviv, la cui facoltà di ingegneria sviluppa vari progetti con applicazioni belliche. L’Italia partecipa con l’Autorità portuale di Ravenna, che si è difesa affermando che si tratta di un progetto civile. Ma i documenti la smentiscono, in quanto c’è scritto che le tecnologie implementate dal progetto potranno essere utilizzate anche a scopo militare».

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