Il Comune di Ravenna sta valutando l’eventualità di chiudere l’istituto comprensivo San Pier Damiano unificandolo all’istituto comprensivo Novello. L’ipotesi è stata presentata dall’assessora comunale Francesca Impellizzeri ai sindacati di categoria in occasione di un incontro avvenuto il 2 ottobre scorso. I sindacati Cisl, Uil e Snals bocciano la proposta e criticano le scelte del Comune in una nota congiunta inviata alla stampa. Sul tema non è intervenuta Cgil.
Un primo incontro tra rappresentanti dei lavoratori e Comune è avvenuto il 18 settembre. «La rappresentante della giunta – scrivono i sindacati – in modo accogliente aveva espresso la disponibilità dell’amministrazione di rivedere la posizione in merito allo smantellamento dell’istituto scolastico. Invece durante l’incontro del 2 ottobre abbiamo constatato che tutte le parole spese nell’incontro informale erano state disattese; l’Amministrazione ci ha presentato una nuova ipotesi che, a detta loro, doveva essere molto diversa dalla precedente e che avrebbe salvaguardato il San Pier Damiano».
La proposta del Comune è l’unificazione dei due istituti comprensivi e la conseguente riorganizzazione degli stradari che indicano in quale scuola iscrivere il proprio figlio in base alla residenza. «A detta dei rappresentati del Comune di Ravenna – scrivono i sindacati –, tutte le possibili valutazioni sono state fatte e questa “nuova” proposta sarebbe l’unica possibile».
I sindacati esprimono delusione e contrarietà alla nuova ipotesi: «Non ci sembra essere assolutamente diversa dalla precedente. Abbiamo espresso il nostro dissenso rispetto all’unificazione dei due istituti scolastici; poiché, come la prima proposta, si tratta di un ridimensionamento scolastico, vale a dire che il Comune di Ravenna dal prossimo anno scolastico avrebbe solo 9 istituti comprensivi a fronte dei attuali 10. Il nostro obiettivo è uno solo e sarà sempre salvaguardare tutte le autonomie scolastiche della città e non solo».
I sindacati sostengono che ad oggi né l’Ufficio scolastico regionale né il ministero hanno richiesto alla provincia di Ravenna o al Comune di Ravenna di effettuare il taglio: «La Regione Emilia Romagna ha bloccato la legge del ridimensionamento fino al 2027, la nostra zelante amministrazione comunale sta anticipando i tempi per puro interesse economico».
Cisl, Uil e Snals attaccano la giunta: «Può permettersi di peggiorare volutamente il sistema di istruzione statale ragionando solo ed esclusivamente in termini prettamente economici o, testuali parole “per praticità e per razionalizzare”?».
Quali effetti avrebbe l’unificazione? «Ricadrebbero soprattutto sul personale scolastico: ci sarebbero meno posti di lavoro e quindi esuberi sia sull’organico di diritto che su quello di fatto, quindi meno collaboratori scolastici (che sono le figure principali che sovraintendono alla vigilanza, all’igiene ed alla sicurezza nelle nostre scuole), meno assistenti amministrativi (deputati al corretto funzionamento della intera “macchina scuola”), e meno docenti, con tutto ciò che ne può conseguire in termini di qualità dell’insegnamento. Unificando si perdono posti di lavoro, la scuola statale non è un ristorante: se si chiude una scuola poi non si riapre più».
Il Comune afferma che l’unificazione è necessaria a causata dalla denatalità futura e dalla volontà di salvaguardare i plessi del forese. «Invece si dovrebbe usare la denatalità come una risorsa; essa rappresenterebbe l’occasione per consentire ai docenti di lavorare in classi meno affollate e non in classi pollaio».