A Riccione la “Bella stagione” è l’inverno, grazie allo Spazio Tondelli

Il curatore del cartellone teatrale Simone Bruscia: «È il momento in cui il mare ridiventa nostro, si torna a riflettere e a ricostruire la nostra identità in questo letargo creativo»

Virginia Mori Spazio Tondelli 2L’illustrazione di Virginia Mori realizzata per il cartellone di quest’anno (qui a sinistra) cattura alla perfezione la malinconia della riviera d’inverno: l’ombrellone chiuso, la brezza fredda del mare, il bavero del cappotto rialzato. Ma è proprio adesso, alla fine della stagione turistica, che Riccione può respirare e tornare se stessa, con buona pace dei TheGiornalisti. Non è un caso dunque che il cartellone teatrale dello Spazio Tondelli s’intitoli ironicamente “La Bella Stagione”.

La programmazione negli anni è cresciuta in qualità, ospitando anteprime nazionali e venendo premiata con un buon successo di pubblico. Merito, fra le altre cose, della direzione artistica di Simone Bruscia, riminese classe ’77, che dal 2015 cura la stagione teatrale dello Spazio Tondelli.

Bruscia

Simone Bruscia

Mi pare che una delle caratteristiche più interessanti del Tondelli sia quella di riuscire a tenere assieme due stili teatrali: si va da Michele Placido a Lorenzo Pisano, giovane vincitore del Premio Tondelli.
«Questi eventi rappresentano una parabola perfetta della personalità dello Spazio Tondelli. Da una parte abbiamo Per il tuo bene, il bellissimo testo di Lorenzo Pisano che ha vinto il Premio Tondelli under 30 nel 2017. Dall’altra abbiamo i Sei personaggi in cerca d’autore di Placido, una produzione importante dello Stabile di Catania (che ha aperto la stagione in ottobre, ndr). Può capitare che le scenografie di questi spettacoli importanti non riescano ad abitare il nostro palco – non siamo un teatro all’italiana. Accade così una cosa molto underground: ci si accorge che si può fare a meno di alcune parti della scenografia, che magari vengono esposte nei corridoi».
Che ne pensano gli artisti?
«Questo approccio viene apprezzato dagli autori e dal pubblico, che coglie così una magia del teatro diversa, militante, che ben si confà al tipo di accoglienza che riserviamo ai nostri ospiti. Ci piace ad esempio fotografare gli spettatori assieme agli autori, evitando gli incontri frontali. Gli artisti si mescolano al pubblico, chiacchierano per ore in modo informale. È un modo più consapevole di vivere il teatro».
Quando si contraggono gli spazi di libera riflessione pubblica, il teatro diventa un punto di riferimento.
«Potrebbe essere banale, ma oggi viene davvero da chiedersi, a fronte della ricchezza della programmazione televisiva: perché andare a teatro? A me piace l’idea che il teatro sia un incontro con la parola viva e fisica, con la voce che rimbomba nella sala. Questo contatto oggi può avvenire solo a teatro, e ciò lo rende un luogo civile, e non solo di intrattenimento culturale. È un grande riscatto contro la banalizzazione della parola».

Spaziotondelli

Lo Spazio Tondelli in una foto di Margherita Cenni

La prima edizione de “La bella stagione” del Tondelli è del 2015. Com’è cambiato lo stile della scelta degli spettacoli?
«Abbiamo preso coraggio. È maturata la fiducia da parte dell’amministrazione riccionese, che segue da vicinissimo tutti gli aspetti della nostra gestione. Pensa che quest’anno il sindaco mi ha chiesto di presentare la stagione in consiglio comunale, di fronte a tutte le forze politiche. Una cosa mai successa».
Che riscontri ha avuto?
«Bellissimi. Questo indica anche il valore di una comunità che trova nella cultura un collante forte. E in una città come Riccione non è affatto scontato: il collante da noi è il mare, la stagione turistica».
L’altra stagione.
«Esatto. Quella che sfidiamo con il titolo del nostro cartellone, che deve molto a Un weekend postmoderno di Tondelli, dov’è descritta la cronaca dell’attraversamento della riviera adriatica fuori stagione. Ne abbiamo fatto il nostro emblema: la bella stagione, per gli autoctoni, è l’inverno. Il momento in cui il mare ridiventa nostro, si torna a riflettere e a ricostruire la nostra identità in questo letargo ricreativo. Forse anche per questo il Tondelli è diventato un punto di riferimento nazionale: abbiamo abbonati che vengono da Ancona, Pesaro, Forlì».
Quali saranno gli appuntamenti caldi di questa “Bella Stagione”?
«Si può tracciare una parabola che parte da tre autori di grande importanza per la scena nazionale. Autori complessi, che hanno frequentato il cinema e la televisione. Siamo partiti con il già citato Placido e il suo Pirandello, per poi passare per Stefano Accorsi, che si fermerà da noi col suo Giocando con Orlando, fino ad arrivare a Silvio Orlando, che conclude con Si nota all’imbrunire di Lucia Calamaro, grandissima autrice contemporanea. Senza contare le altre sperimentazioni, le nuove drammaturgie, i monologhi e i concerti (il programma completo a questo link, ndr)…».
Ad esempio?
«Penso al reading di Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale, che leggerà Tondelli e Calvino nello spettacolo Libertini Invisibili. O a Francesco Mandelli, che conosciamo come autore comico, che sarà da noi con uno spettacolo serio e bellissimo, Proprietà e atto di Will Eno. O ancora Irene Grandi e i Pastis con Lungoviaggio, performance che tiene assieme musica, fotografia e videoarte».
Lei è di Rimini. Dopo essersi laureato a Roma è tornato in provincia: esattamente il contrario di quello che fanno in molti. Perché è tornato?
«La nostra riviera, coi suoi confini dilatati da Ravenna a Gabicce, è un po’ una metropoli diffusa. Ci sono qui opportunità per fare innescare cose straordinarie. Non è stato un vero e proprio tornare, ma un ricominciare a vivere in questi territori. Ho trovato qui, grazie ad amministratori attenti e pronti a dar fiducia anche a un ragazzo giovane, il terreno fertile per poter tradurre i miei sogni professionali».
Com’è andata?
«C’è un evento preciso: “Assalti al cuore”, un progetto artistico che feci nascere in collaborazione con Mauro Ermanno Giovanardi dei La Crus. La rassegna mischiava musica e letteratura, coprendo una fascia, quella di maggio, un po’ spenta per la stagione turistica riminese. Il progetto fece scuola e creò situazioni progettuali nuove: il mio percorso è nato lì. Credo che in provincia, a differenza di città come Milano e Berlino, siamo costretti ad arrangiarci con quello che è disponibile nel quotidiano».
Siamo esperti di bricolage.
«(Ride,ndr) Bravissimo, la parola sarebbe piaciuta a Lévi-Strauss. Bisogna fare del bricolage, cogliere l’imprevedibilità delle collaborazioni e osare. Questo è il segreto di ciò che riusciamo a fare in provincia».
È ottimista anche sullo stato di salute del nostro teatro regionale?
«Sì. Qui ci sono situazioni belle ed eterogenee, che sanno mutare e cambiare. Penso a Santarcangelo dei Teatri o al recente Fèsta, da voi nel ravennate. Penso al sistema di piccoli teatri della nostra regione, davvero unico in Europa. Penso alla riapertura del Galli, a pochi passi da qui, e al grande lavoro di Claudio Longhi, un grandissimo direttore che è anche ricercatore e regista. Si vede che lo Stabile dell’Emilia-Romagna sta sperimentando tantissimo. L’Arena del Sole quest’anno ha una programmazione stupenda».
Quali sono secondo lei, che può osservarli da un punto di vista altro e privilegiato, i mali del sistema teatrale italiano?
«È una domanda complessa. Forse farebbe bene al teatro italiano togliersi quell’aurea di staticità e sciogliersi sempre di più. Farsi non solo un luogo di spettacolo, ma diventare centrale nelle vite di tutti. Un luogo dove andare “naturalmente”, così com’è naturale pagare una bolletta. Insomma, il teatro deve rendersi conto di essere importante in modo sobrio e contemporaneo. È ciò che ci piacerebbe fare in futuro».
Come?
«Alla fine della stagione chiuderemo lo Spazio e lo ripenseremo da capo. Diventerà qualcos’altro. Sei mai stato allo Schaubühne a Berlino? Come per questi teatri, lo Spazio Tondelli può diventare un punto di riferimento come bistrot e libreria. Un centro dove poter fare cultura 24 ore su 24».

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