Abbiamo sbagliato candidatura…

Andrea Alberizia“Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni”. È attribuita a Alcide De Gasperi e viene in mente in fretta quando si pensa che lo scorso marzo il sindaco di Ravenna annunciò la candidatura a città europea dello sport e quattro mesi dopo si ritrova una città che ha perso la sua squadra di pallavolo che giocherà, di nuovo dopo diciassette anni, una coppa europea ma per le gare casalinghe emigrerà a Forlì dove l’esteticamente non bellissimo ma sportivamente funzionale palazzetto in zona fiera costa un terzo dell’architettonicamente figo ma economicamente ingestibile Pala De Andrè. La differenza è 100mila euro.
E avete voglia a parlare di area vasta romagnola, di ragionamenti su larga scala, di fare sistema, di tutte queste cose qui così piene di buon senso ragionato. Nello sport spesso la ragione (giustamente) latita perché lo sport è cuore, passione, adrenalina, campanile. E se una squadra di Ravenna va a giocare a Forlì è una roba che in confronto il Tafazzi è nulla.
Siamo una città da 160mila abitanti senza un palazzetto che non sia una specie di tempio (buono un po’ per tutto ma mai davvero per qualcosa) ereditato dall’impero Ferruzzi. E ora non si trovano 100mila euro per mettere una pezza e restare dove Ravenna dettò legge (sarebbero 63 cent a test). Eppure nei giorni scorsi il Comune ha annunciato con orgoglio di volerne spendere 200mila di tasca propria (cioè, la nostra) per realizzare il surrogato di una caserma per i carabinieri a Sant’Alberto. Sarebbe un compito dello Stato e ci sarebbe poi da dire che a Savarna, 6 km più in là, la Benemerità c’è eccome. Quanto pensate che ci voglia a fare sei km a sirene spiegate? Ma la pancia si sa ha paura se una caserma si sposta di 5 minuti. Allora giù con i soldini. Poi, oh, ci sta pure che uno decida di spendere 200mila euro per una caserma e non per una squadra di pallavolo. Ma allora ti candidi per citta europea della sicurezza e non dello sport.
Guardare alle prossime generazioni magari era chiedere troppo. Ci si poteva accontentare che si fosse guardato alle prossime elezioni nel 2016: se il volley non sarà tornato a casa, nelle urne quanti voti potrà pesare l’esilio? Insomma mica c’è bisogno di uno statista. A seguire il ragionamento di De Gasperi, basterebbe un politico. Ma non guasterebbe nemmeno avere qualche imprenditore disposto a reinvestire sul territorio una fettina degli utili che produce dal territorio.

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