Allarme ebola, il confine della notizia

Andrea AlberiziaSe si resta lucidi non si trova un solo valido motivo. Perché un genitore dovrebbe tenere la prole a casa da scuola il secondo lunedì dell’anno scolastico avendo saputo la sera prima che uno degli altri bimbi – con cui, non sfugga il dettaglio, la prole ha già condiviso l’aula nella precedente settimana – è ricoverato per accertare se sia affetto da ebola? Invece è successo. Magari umanamente comprensibile ma non razionalmente motivabile (a questo punto della lettura il genitore lancia improperi). L’hanno fatto in sette su dieci in una scuola privata ravennate. Hanno preferito che i figli non entrassero tra le mura dove quel giorno di certo non sarebbero andati il bimbo di 5 anni e il fratellino di 7: loro stavano in ospedale alle prese con le cure anti malaria dopo i test negativi all’ebola. Ma allora come accade la psicosi genitoriale collettiva? Colpa di voi giornalisti con il vostro allarmismo: questo il succo di quanto ci siamo sentiti rispondere dalla scuola quando il lunedì abbiamo chiamato per raccogliere informazioni. Il dito è puntato anche contro R&D per forza di cose essendo stati i primi a dare la notizia sul web nella serata di domenica (poi pubblicata sulle prime pagine dei quotidiani il giorno dopo). Notizia secca: accertamenti sanitari per un sospetto di ebola tra i componenti di una famiglia rientrata dalla Nigeria. Notizia che abbiamo pubblicato solo dopo una scrupolosa verifica con fonti attendibili e qualificate. Notizia confermata l’indomani dall’Ausl. A voler essere cinici bisognerebbe dire che abbiamo solo fatto il nostro lavoro: dare una notizia vera. Ma «il cinico non è adatto a questo mestiere», diceva Kapuscinski. E allora ok, mettiamoci in discussione. Andava pubblicata o no? Ci sono casi in cui i giornali hanno notizie e decidono di non pubblicarle perché si valutano le conseguenze. Gli accertamenti sui bimbi non andavano pubblicati per evitare che dilagasse il panico? E quei genitori (vi assicuriamo che ce n’erano) che già lo sapevano? Diceva quell’altro che l’informazione aiuta la democrazia: per aiutarla in questo caso bisognava mettere tutti i genitori nelle stesse condizioni per decidere se andare a scuola o meno. Se una notizia vera e verificata, di interesse pubblico, scatena il panico, poi diventa difficile stabilire dove mettere la riga che separa il pubblicabile dal non pubblicabile. Se le notizie vanno date solo quando si arriva ai risultati dei test o alle sentenze, a quest’ora non avreste ancora letto che l’ex parroco di Casalborsetti è in carcere da cinque mesi con l’accusa di atti sessuali con minorenni: in cella ha pure confessato ma il processo non si è ancora celebrato.

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