Asp, un caso emblematico di pasticcio sui lavoratori

Se c’era un motivo per cui tutti, ma proprio tutti, potevamo sperare nella vittoria della candidatura a capitale della cultura 2019 era che portasse con sé un po’ di lavoro, magari qualificato. Perché il lavoro è e resta il cuore centrale di questa crisi, il lavoro che non c’è e quando c’è è poco e (spesso) malpagato. Non c’è quindi da stupirsi se il governo sta cercando (finalmente) di mettervi mano e se la Cgil riesce a mobilitare migliaia di persone che chiedono anche di incentivare politiche per creare lavoro convinti come sono (e di questo si fatica a dar loro torto) che riformare il mercato del lavoro non servirà a crearne in un’economia così asfittica. Sì, ma quale lavoro, appunto? Nel mezzo di questo dibattito nazionale e di questa crisi che prevede nuovi tagli, merita attenzione una vicenda peculiare e in controtendenza.  L’Asp della Bassa Romagna sta assumendo, tramite bando, una cinquantina di persone per prendere in gestione diretta alcune case protette fino a oggi co-gestite con le coop. Si sono presentati in 1800 per 50 posti che saranno meglio pagati e più tutelati di quelli offerti dalle cooperative. Ma per qualcuno, a cominciare dagli over 50 (tetto massimo del bando), questo si tradurrà nella perdita del proprio posto di lavoro. Con buona pace di qualsiasi articolo dello Statuto dei lavoratori. A denunciare la cosa, peraltro, ci sono le cooperative (che ovviamente così difendono anche se stesse), c’è quel mondo che ha del resto espresso il ministro del lavoro Poletti ora autore del jobs act, mentre il sindacato plaude all’idea di veder nascere nuovi posti di lavoro pubblici, più strutturati e tutelati. Dove sta la ragione? Come siamo arrivati fin qui? Come è possibile che una forza economica, una forza sindacale e un’amministrazione, tutti facenti capo idealmente alla stessa idea politica e allo stesso partito, siano così in contrasto tra loro? Come si è potuto creare un simile pasticcio? Le ragioni vengono da lontano. Per anni, in questo territorio tanto spesso lodato per la coesione (magari un po’ più di conflitto forse non avrebbe fatto male), si sono incentivate le esternalizzazioni che significano lavoro più flessibile e meno tutelato, lo si è fatto spesso anche per garantire servizi, certo, lo si è fatto per eludere il divieto di nuove assunzioni, ma si è anche così creata un’ampia platea di lavoratori meno tutelati rispetto a colleghi con mansioni analoghe. È un processo che è avvenuto nelle grandi aziende, nell’industria ma anche nel pubblico, soprattutto in settori come la cultura e il welfare. Ora invertire la rotta senza fare vittime è complicato, se non impossibile. E non ci sarà nemmeno la capitale della cultura a darci una mano.

Ravvena&Dintorni: l'editoriale
EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CGIL BILLB REFERENDUM 09 – 16 05 24
CONSAR BILLB 02 – 12 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24