Cercasi trasparenza, disperatamente

Fausto PiazzaFra due mesi si vota per le amministrative di Ravenna. Al di là della cronaca spicciola di una campagna elettorale poco entusiasmante, su queste pagine  – e anche fuori dalla redazione con interviste dal vivo aperte al pubblico – stiamo cercando di “interrogare” i candidati a sindaco su alcuni temi importanti del prossimo governo della città.
Questi confronti su argomenti programmatici e orientamenti politici sono iniziati i primi di gennaio e per ora hanno toccato: riqualificazione di piazza Kennedy, e della Darsena, servizi per il forese, scelte e risorse per la cultura, piano per il commercio, contrasto al degrado urbano e sociale, emergenza profughi e immigrazione, referendum sulle trivelle, aziende partecipate e patrimonio finanziario del Comune, piano traffico e ztl, rilancio del turismo sui lidi, valori della Liberazione, ruolo di Asp e servizi sociali…
Altre questioni saranno poste a confronto nelle prossime settimane con l’obiettivo di avere prima della chiamata alle urne un quadro abbastanza chiaro sui diversi, se non divergenti, contenuti di governo espressi dai candidati in lizza.
Ma dato il clima generale di sfiducia nella politica da parte dei cittadini elettori – esasperato dai grandi scandali a livello nazionale (e anche da piccole polemiche a livello locale) sui “conflitti di interesse” – forse queste “promesse” o intenzioni di merito che stiamo raccogliendo non sono sufficienti.
Alcuni lettori mi hanno sollecitato infatti a chiedere ai candidati di mettere in luce pubblicamente il bilanci della loro campagna elettorale. In un caso si chiede letteralmente di pubblicare: «Preventivi di spesa articolati, forme di di finanziamento, aggiornamenti su entrate ed uscite e rendicontazione finale».
Giro volentieri questa richiesta a candidati e liste in campo ma sono scettico su come sarà accolta.
Perché mi viene in mente il retropensiero che anima l’iniziativa politica: predicare pubblicamente le virtù della trasparenza, dell’onestà e della trasparenza ma poi costituire accordi, elaborare scambi e ottenere sostegni, anche economici, nel massimo riserbo. Cioè nella riservatezza fra i diretti interessati. Ci si impegna a governare nel nome del popolo ma il popolo è meglio che certe cose non le sappia. Per il suo bene, naturalmente.
Da impenitente fenomenologo, il retropensiero di cui sopra e certi retroscena della vita politica, soprattutto in campagna elettorale, credo proprio resteranno inconfessabili.

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