Curia, avido petroliere o abile stratega?

Andrea AlberiziaSe dicessimo che la diocesi di Ravenna ha incassato finora una trentina di milioni di euro dai biglietti di ingresso dei monumenti cittadini faremmo una stima arrotondata molto per difetto. Il calcolo è presto fatto: si paga dal 1990 in tutte le chiese, abbiamo preso il numero dei visitatori del 2013 (330mila secondo la curia stessa ma negli anni sono stati molti di più) e l’abbiamo moltiplicato per il biglietto alla tariffa del 1992 (7mila lire, oggi diventati 9,50 euro). Cifre importanti macinate con un patrimonio monumentale e artistico di straordinario valore, unico ben oltre i confini nazionali, che rappresenta il petrolio della macchina turistica ravennate senza bisogno di perforazioni. A fine mese è stato fissato il primo incontro tra Comune, soprintendenza e diocesi per intavolare per l’ennesima volta una trattativa indirizzata (e fortemente voluta dal sindaco in prima persona) verso la creazione di un ticket unico per l’ingresso in tutti i monumenti di Ravenna. Una cosa che finora non si è fatta perché la parte ecclesiastica non ha voluto saperne. Temendo minori entrate. Sarebbe una cosa che il turista comprerebbe una volta arrivato a Ravenna per poi non porsi più il problema di biglietterie e accessi. Magari pensato anche in ottica moderna (acquistabile online? scaricabile in formato elettronico?) per una città che si sente smart avendo introdotto il pagamento della sosta con il telefonino. Il Comune con i suoi pochi monumenti ovviamente ci sta. Lo Stato, incarnato dalla soprintendenza, ci sta e mette sul tavolo la basilica di Sant’Apollinare in Classe e il mausoleo di Teodorico. Ma l’asso di briscola deve calarlo la diocesi. Senza dimenticare che gioielli come San Vitale e Galla Placidia sono nella disponibilità gestionale della curia ma appartengono a tutti. Non a tutti i ravennati. A tutta l’umanità come sancito dal 1996 quando sono entrati nel patrimonio dell’Unesco. E farebbe storcere il naso a più di qualcuno se la diocesi, puntuale custode di questo petrolio cittadino, si comportasse da avido petroliere. Nessuno sta pensando all’esproprio, sia chiaro. Ma c’è un dettaglio da non sottovalutare: la città corre per il titolo di capitale europea della cultura 2019 e, come raccontiamo nelle prossime pagine, nessuna delle altre cinque finaliste a oggi può vantare un ticket davvero unico. E se servisse anche questo a spingere Ravenna alla vittoria portando poi maggiori turisti in città, siamo davvero sicuri che nel lungo periodo sarebbe una mossa a perdere?

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