Dal locale all’Europa, il complicato voto incrociato

Con quel vago senso di sollievo che sempre si prova al termine di una campagna elettorale, anche i ravennati sono chiamati al voto domenica 25 maggio. Alcuni più di altri, perché in quattordici comuni su diciotto si voterà anche per l’amministrazione comunale. Si torna alle urne dopo cinque anni in cui, nella scena politica nazionale, è successo di tutto. Nei tre comuni più importanti (e anche in altri meno popolosi) si vota dopo la fine del secondo mandato dello stesso sindaco, al termine di un ciclo di dieci anni che in un certo senso appare come un’era geologica. Fare previsioni sensate è difficile, se non inutile. Dati certi di sondaggi da incrociare non ce ne sono e sul voto agiranno meccanismi sovrapposti e non semplici. Innanzitutto, lo scontro all’ultimo voto sul piano nazionale-europeo tra Renzi e Grillo, ovviamente. Un Pd apparentemente  ricompattato, da queste parti,  e improvvisamente filorenziano che si scontra a Lugo e Cervia (ma non solo) con il 5 stelle. Nel mezzo quel che resta del centrodestra, che già qui non è mai stato particolarmente forte figuriamoci adesso, e le liste civiche nate dallo scontento dei cittadini sui territori. Movimenti e comitati che si sono ritrovati spesso attorno a ex (Pd) e che non hanno padrini nazionali, non hanno avuto visibilità sulle tv, non hanno sponsor.   La sinistra, che unita nella lista Tsipras, sui territori torna a dividersi tra Sel (alleata Pd) e la falce e il martello che prova a presentarsi indipendente in tanti comuni. A questo si aggiunga programmi elettorali che con l’andar delle settimane, almeno negli slogan, si assomigliano nelle parole d’ordine come trasparenza, ambiente, partecipazione. Votare in modo consapevole alle amministrative non è davvero semplice e la credibilità dei candidati, la loro storia personale, diventa determinante. A presciendere dai risultati, il numero altissimo di candidati e di liste potrebbe far ben sperare in termini di affluenza. Un esercito di aspiranti consiglieri comunali che, vale sempre la pena ricordarlo, nella stragrande maggioranza dei casi sono mossi da una passione autentica e non certo da ambizioni di tipo economico visti gli esigui gettoni previsti per il loro impegno. Al contrario, il voto per l’Europa è quanto di più lontano possiamo immaginare (basti dire che sono solo due i ravennati in lizza), per incarichi ben retribuiti lassù, dove in realtà non è ben chiaro esattamente cosa quel Parlamento possa effettivamente decidere visto che sono i governi a farlo davvero. Difficile pensare che i ravennati ritrovino quell’entusiasmo che valse loro il premio come comune con la più alta affluenza alle urne alle prime Europee.

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