Multisala Astoria chiusa da mesi, è una spy story o una commedia?

Andrea AlberiziaVisto che di cinema si parla, se fosse un film questa vicenda sarebbe una spy story o una commedia: a vederla da fuori ci si chiede se sia un complotto con trattative nei sotteranei tra persone con i baveri alzati o una scenetta di equivoci in un cinepanettone. Ravenna si ritrova con una multisala chiusa da nove mesi e nessuno si prende la responsabilità di dire se e quando riaprirà con uno scaricabarile a ciclo continuo: è la vicenda dell’Astoria in via Trieste.

Prima di tutto il cast: nella parte del gestore c’è il gruppo The City che guida anche la multisala Cinemacity, nella parte del proprietario dell’immobile c’è la cooperativa edile Acmar alle prese con un concordato, la spalla è la commercialista nominata dal tribunale nelle vesti di liquidatrice della coop. Dopo l’estate 2017 l’Astoria non ha riaperto: i danni alla struttura causati dal nubifragio di giugno è stata la motivazione ufficiale fornita solo a ottobre e solo su richiesta della stampa. Il gestore si augurava di riaprire entro Natale. Siamo arrivati a maggio e la struttura è ancora chiusa. La stagione 2017-18 quindi è saltata per intero. Ma qualcuno sta riparando i danni per l’autunno 2018?

Qui si entra nel vivo del plot. Il gestore dice: siamo inquilini, quel tipo di manutenzione spetta alla proprietà. Il proprietario dice: siamo in concordato, portiamo avanti i cantieri edili e il ramo immobiliare non è il core business in questa fase, spetta alla liquidatrice fare valutazioni. La liquidatrice dice: chiedete ai dirigenti di Acmar perché nel mio ruolo non posso dare nessuna informazione alla stampa e se vi foste presentati come giornalisti non mi sarei nemmeno fatta passare la chiamata dalla segretaria (in effetti le precedenti dieci chiamate in cui avevamo detto di essere giornalisti erano capitate sempre in momenti in cui la commercialista era fuori studio). E ci consiglia anche di scrivere solo che lei non può parlare ricordandoci che in ogni caso farà leggere l’articolo a un legale.

Tutto questo a proposito di una multisala che per una fetta di pubblico era considerata l’unica via percorribile per godere della settima arte – non è un mistero che nel caravanserraglio del Cinemacity qualche cinefilo non metterebbe piede nemmeno gratis – quindi un locale con un suo peso nell’intrattenimento (nella cultura?) della città. Va anche detto che i meno talebani della visione in sala non hanno potuto fare altro che spostarsi nel caravanserraglio. Nel complesso, per il gestore è un danno? Forse in un regime di concorrenza più agguerrita un altro gestore dell’Astoria avrebbe già messo in mezzo avvocati e puntato i piedi con Acmar e liquidatrice? Il dubbio sorge legittimo, fugarlo è nell’interesse anche del gruppo The City.

Ma soprattutto, si rischia di lasciare all’abbandono un edificio di quelle dimensioni alle porte della città? Inutilizzato e fermo da un anno: quando qualcuno riaprirà le porte non si rischia di trovare altri problemi sopraggiunti nel frattempo? Magari, data la nota vicinanza tra Acmar e Partito repubblicano, non è che sarebbe uno di quei casi in cui la politica potrebbe far valere il suo ruolo più alto di mediazione? Però vorrebbe anche dire chiedere una soluzione a un partito che fa parte di un’amministrazione che, a proposito di sale cinematografiche, da anni rincorre soluzioni per il Palazzo Congressi…

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