Omicidio Minguzzi: quanti smemorati in aula

Andrea AlberiziaAdesso c’è una data. Il 23 maggio è prevista la sentenza della corte d’assise di Ravenna sul cold case di Alfonsine: l’omicidio del 21enne Pier Paolo Minguzzi, figlio di una facoltosa famiglia di imprenditori rapito il 21 aprile 1987 per chiedere un riscatto di 300 milioni di lire e ritrovato morto dopo dieci giorni. Sapere che un giudice si pronuncerà non può che essere una sensazione incoraggiante per una famiglia che aspetta un nome, o più di uno, da 35 anni.

Ma sarebbe un grossolano errore di sottovalutazione pensare che questa sentenza possa servire solo a dare giustizia ai parenti (la madre 87enne non ha perso nemmeno una delle 13 udienze già celebrate in un anno). Sì, in primis riguarda loro. Ma non solo. Fare chiarezza su chi ha ammazzato il giovane studente di Agraria che stava facendo il servizio di leva come carabiniere a Mesola è anche un passaggio necessario per tirare una riga in fondo all’elenco di scene avvilenti viste nel corso del dibattimento.

La processione di testimoni chiamati a deporre è stata costellata di ex carabinieri in pensione o ancora operativi e si contano davvero sulle punte delle dita di una mano quelli che hanno mostrato la volontà di dare un contributo alla soluzione. Molto più lunga la lista di chi ha saputo solo mostrare poca memoria. Certo, 35 anni sono una parentesi lunghissima. E, altrettanto certo, non si può fare l’equazione dimenticanza uguale omertà. Ma, come ha sottolineato il pubblico ministero in più occasioni, per molte di quelle persone è stato l’unico omicidio di cui si sono occupate in carriera. Possibile che non abbia lasciato tracce in qualche cassetto delle memoria?

Omicidio Minguzzi

Pier Paolo Minguzzi

C’è poi un caso che merita un capitolo dedicato perché emblematico, anche se non riguarda problemi di memoria. Il comandante della compagnia carabinieri di Ravenna all’epoca dei fatti ha evitato per quattro volte di presentarsi in aula. Ogni volta ha opposto un impedimento per questioni di salute. Il 21 febbraio la corte, con il consenso delle parti, ha deciso che l’audizione non si farà e verranno acquisiti i verbali delle dichiarazioni rese in fase di indagine preliminare.

L’ex capitano vive a Baronissi, in provincia di Salerno. Alle prime convocazioni nell’estate 2021 ha lamentato la difficoltà di spostarsi per le alte temperature e le sue precarie condizioni. Il presidente della corte fu tagliente: «Vedremo di convocarlo prima che torni il caldo». In realtà non è bastato l’abbassamento della temperatura in autunno e inverno. Sono sopraggiunti altri certificati medici che attestavano i problemi cardiaci. Al cuor non si comanda. Nel senso che le difficoltà di salute non hanno impedito all’ex carabiniere di raggiungere Bologna per far visita a una figlia (la polizia lo ha trovato nel capoluogo emiliano quando doveva notificargli una delle convocazioni). Bologna e Ravenna sono alla stessa distanza da Baronissi. Ma forse è ancora una volta colpa delle infrastrutture: fino a Bologna arriva l’alta velocità ferroviaria e invece si sa che per raggiungere Ravenna è sempre un calvario.

Ravvena&Dintorni: l'editoriale
EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CENTRALE LATTE CESENA BILLB LATTE 25 04 – 01 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24