Poco preavviso per il bitumificio?

Era il 2009 quando su queste colonne, per esempio, venne pubblicata un’intervista all’allora amministratore delegato di Cmc, Dario Foschini, in cui si parlava, una delle prime volte, del progetto appena messo nero su bianco di riqualificazione del comparto della cooperativa in darsena di città, a Ravenna. Altri tempi, certo, altre prospettive, eccetera eccetera. Ma già a quei tempi Cmc si diceva pronta e soprattutto desiderosa di delocalizzare l’impianto di produzione di bitume affacciato sul Candiano – prevedendo i lavori da lì a un anno. Si tratta di un’industria attiva a pochi metri dalla Torre di Zucchi, un condominio densamente abitato realizzato tra l’altro nonostante il parere contrario di Arpa proprio per la presenza dell’impianto produttivo. Sono poi seguite le presentazioni ufficiali del progetto e nuove dichiarazioni di intenti: quel bitumificio va spostato. In realtà probabilmente l’avrebbero spostato sul serio, da via Trieste, se non fossero sorti problemi (e vicende giudiziarie) nell’area prescelta alle porte di Porto Fuori, ma quella è un’altra storia. Questa, invece, è la storia di una grande cooperativa e di un’Amministrazione di sinistra che non sono riuscite a pianificare una piccola, piccolissima, cosa per il bene della loro comunità, facendo ora anzi pagare il prezzo ai lavoratori. Perché fa sorridere, per non dire altro, leggere in questi giorni sul Carlino – dopo l’attesa notizia della dismissione dell’impianto, imposta dagli enti competenti entro il prossimo giugno – che il nuovo direttore generale di Cmc prospetti la cassa integrazione per una ventina di dipendenti giustificando questa decisione con il troppo poco preavviso. Già, ha parlato di “poco preavviso”, nonostante si sapesse che l’autorizzazione doveva essere rinnovata, nonostante siano quasi dieci anni che Cmc programma (a parole) la delocalizzazione e siano comunque almeno quattro anni che l’ipotesi Porto Fuori è definitivamente tramontata. Nel 2014 l’allora assessore comunale Libero Asioli sperava di poter arrivare alla soluzione in quello stesso autunno. L’anno scorso, a maggio, due anni dopo, quando ancora nulla si era mosso, il presidente della Cmc ci disse al telefono che stava ancora aspettando proposte dal Comune. Quasi una barzelletta, potrebbe pensare qualcuno. Il problema è che è tutto vero: un piccolo caso emblematico di immobilismo, oltretutto riguardo alle sorti di una fabbrica in un quartiere da riqualificare, mica in una landa sperduta del nostro, sterminato, comune…

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