Quella gru che faceva paura alla burocrazia

Andrea AlberiziaVa stabilito se negli ultimi cento giorni chi ha passeggiato sulla banchina destra della darsena di Ravenna, passando sotto all’ultima gru, ha rischiato di prendersi una putrella tra capo e collo oppure se la macchina pubblica terrorizzata dal rischio di fare una figuraccia ne abbia raffazzonata una ancora peggiore. Oscilla tra queste due alternative la vicenda che ha portato allo smontaggio in una manciata di giorni, lavorando anche nel weekend, dello scheletro metallico che ricordava il passato industriale del quartiere e da tempo arrugginito. Perché il blitz firmato da Autorità portuale e Comune è tutto basato su una relazione tecnica di una pagina appena che la definisce pericolante sulla base di due ispezioni: una dell’1 luglio e una del 24 marzo. Cosa può essere capitato alla gru in quell’intervallo di tempo se dopo la prima ispezione non è stato disposto nulla e invece dopo la seconda è stata immediatamente firmata la relazione ed è partita la procedura di somma urgenza per lo smontaggio? All’orizzonte c’è la festa per Ravenna Capitale in programma il 18 luglio da celebrare lungo tutta la banchina e quindi passeggiando sotto la gru. Avrebbe del clamoroso se il timore (legittimo, ci mancherebbe) di un potenziale incidente improvviso avesse spaventato così tanto la burocrazia al punto da perdere lucidità decidendo di fare quello che sì le viene da sempre richiesto e cioè accellerare, ma questa volta anche troppo combinando un guaio irreparabile agendo con precipitazione. Come se temendo un futuro mal di testa si decidesse di decapitarsi prima di capire se può bastare un’aspirina. Perché ora a farsi strada tra gli addetti ai lavori (alcuni convinti che si potesse intervenire per la messa in sicurezza senza lo smontaggio) è il timore che quella gru, nonostante le promesse del sindaco in prima persona, non torni più al suo posto. Perché ora per rimontarla dovrà rispettare la normativa sismica. Perché per tirarla giù non si è andato di fioretto ma si è intervenuti di fiamma ossidrica. Perché ristrutturarla e rimontarla costerà un sacco di soldi (si parla di 100mila euro)e gli impegni a parole devono pur fare i conti con le difficoltà delle casse. Ma se la preoccupazione nei corridoi di Palazzo Merlato era quella di poter dormire tra due guanciali in vista della festa per Ravenna Capitale, non sarebbe stato forse il caso di muoversi un pochino prima? Festeggiare il titolo di Capitale italiana della cultura in darsena, tema centrale della candidatura, senza uno dei suoi simboli più noti è un po’ beffardo.

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