Ra2019 e gli uccelli del malaugurio

Fausto PiazzaQualche giorno fa è stato depositato a Roma il dossier “definitivo” della candidatura di Ravenna a Capitale europea della cultura, un fascicolo di 115 pagine che contiene progetti, dati, immagini, suggestioni che prefigurano l’evoluzione e la valorizzazione culturale e infrastrutturale della città da qui al 2019 e oltre, fino all’anniversario dantesco del 2021. Ora, prima del verdetto che decreterà la città vincitrice fra le 6 finaliste, restano solo due passaggi: la visita in città della commissione mista italiana ed europea che aggiudicherà il titolo (il 13 ottobre) e l’audizione al Mibact dello staff di Ravenna2019 (il 17 ottobre, giorno del giudizio). Se fossimo in una città “normale” tutti i ravennati (e i romagnoli) dovrebbero auspicare il buon esito di queste ultime incombenze, compiacersi della sfida, sostenere la scommessa, e augurare la vittoria. Anche solo per spirito di appartenenza alla comunità.
Peccato che nel tentativo di logorare questa ovvia empatia e partecipazione dei cittadini – al netto di coloro che vivono qua però vorrebbero essere altrove – svolazzino vari uccelli del malaugurio, tanto per utilizzare metafore ornitologiche tanto di moda oggi. Ci sono i gufi naturalmente, profeti di sventura della prima ora, che in parte si sono volatilizzati e trasformati in gazze dopo la conquista della finale nel 2013, nella speranza poi di salire sul carro dei vincitori. Nella voliera bizantina hanno un ruolo pure gli avvoltoi che attendono di spolpare il cadavere di un’eventuale sconfitta e con un non-ruolo tipico degli ignavi, anche gli struzzi, vagamente distratti, scettici o indifferenti. Infine, ecco i corvi che gracchiano critiche, magari anche plausibili e legittime ma fuori tempo e fuori luogo, e scorgono virtù solo nei progetti o nei percorsi delle città avversarie. E dire che proprio su queste pagine abbiamo recentemente registrato le polemiche e il dissenso all’interno delle altre città italiane candidate a capitale che fanno capire che ogni città è paese.
Ravenna dovrebbe essere fra le favorite ma forse è solo una speranza. Però, visti i tempi grami, è paradossale non aderire a un’occasione più unica che rara (forse l’unica costruita negli ultimi 5 anni in città e dintorni) e sputacchiare su di un piatto che, in caso di vittoria, potrebbe valere 50 milioni di euro. Con benefici per tutti quelli che vorranno impegnarsi. E nel caso avverso resterebbe comunque un’esperienza che ha fatto crescere nuove generazioni di operatori culturali, generato nuove associazioni, allacciato relazioni interprovinciali e internazionali e ideato tanti progetti di cui fare tesoro.

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