Risse, spari, aggressioni: vita dura per chi lavora in pronto soccorso

Alessandro MontanariChissà quale pena di un’altra vita devono scontare gli infermieri e i medici che lavorano al pronto soccorso di Ravenna e al 118. Perché essere picchiati da uno che poi dovresti curare assomiglia molto ad un contrappasso dantesco. L’ultima volta è successo il 20 aprile (e il 35enne responsabile dell’atto è peraltro evaso dai domiciliari il giorno dopo) ma ormai la sequela di aggressioni al reparto di prima emergenza del Santa Maria delle Croci pare un fatto che si ripete troppo spesso per essere archiviato alla voce “sfortuna”. Per non farsi mancare nulla, il pronto soccorso negli ultimi anni ha registrato una maxi rissa in sala di aspetto e, addirittura, una sparatoria nel parcheggio con una pallottola stampata contro un vetro.

È evidente che qualcosa non funziona. Non potendo militarizzare l’ospedale né armare gli infermieri, la soluzione è complicata però le continue aggressioni agli infermieri non possono essere considerate normali e liquidate con un’alzata di spalle. Non sarà un caso se, a Bologna, uno dei corsi di formazione professionale che ha registrato il tutto esaurito è uno dedicato all’autodifesa personale. C’è da scommettere che un’analoga iniziativa in Romagna avrebbe lo stesso successo.

Il tutto dentro una situazione lavorativa non rosea. L’Ausl Romagna continua a rimandare i concorsi per assumere personale infermieristico e assistenziale in maniera stabile mentre nelle aziende sanitarie vicine da tempo le procedure sono ricominciate. Accade così che le centinaia di precari assunti in questi anni lascino i reparti per andare a lavorare a Bologna, Ferrara, Modena dopo essere stati formati nei corridoi dei nostri ospedali. Non un grande affare. La stabilizzazione dei precari che sono stati assunti da tre anni – 240, di cui la metà infermieri – può essere utile ma, come ammesso dalla stessa Ausl, in futuro serviranno altre iniziative analoghe. Basti pensare che a dicembre è stata pubblicata la graduatoria degli infermieri disponibili ad un impiego a tempo determinato dalla quale sono già stati contattati in più di 800. Insomma: c’è bisogno di personale.

La questione si riversa sugli assunti in pianta stabile che devono allungare la coperta con salti di riposo e straordinari. Una situazione ben nota ai sindacati che infatti da tempo parlano di una sanità in forte difficoltà. Al tutto si aggiunga la facilità con cui molti chiamano l’ambulanza o si recano al pronto soccorso riempiendolo di codici “bianchi” e “verdi”, per poi magari lamentarsi dell’attesa. Da tutto questo poi nascono le situazioni di tensione, come quella di venerdì sera.
Forse, quando si affronta il dibattito sul personale sanitario, sarebbe bene ricordarsi di un dato: per chi deve curare un malato, il diritto al riposo e al lavoro nella migliore condizione possibile è qualcosa di più di una pretesa sindacale.

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