Una cosa piccola piccola, grande come un palazzo

Sono felice per la gente che si scandalizza. Che ancora vede con disgusto il mostro con i topolini in Darsena. Quelli del «chi è che ha imbrattato così quei muri» o del «questa non è arte». Vorrei vedere le loro facce, tra qualche settimana, quando di murales giganti a Ravenna ce ne sarà un’altra mezza dozzina. Si terrà infatti in settembre, come scriviamo su questo numero del giornale, il primo festival di street art di questa città, con artisti di caratura internazionale che imbratteranno senza pietà i nostri muri. Magari è una cosa piccola piccola, ma difficilmente un festival del genere potrà passare inosservato come può capitare in altri ambiti, e questa è invece già  una cosa grande grande, probabilmente.
Senza scomodare la solita candidatura a capitale della cultura, è palese che il fenomeno (di cui il festival rappresenta l’iceberg) stia facendo fare una sorta di salto di qualità a Ravenna, basti pensare  come le più importanti metropoli europee – per non parlare poi di New York – siano ormai note anche per le loro opere di street art, volenti o nolenti. Penso a Berlino (dove ci sono più volte le firme di Blu, lo stesso che qui da noi ha pitturato un’ex discoteca abbandonata di Cervia…), o Londra (basti citare  Bansky), o Parigi, o anche Lisbona con il meraviglioso coccodrillo di Ericailcane (lo stesso del mostro in Darsena, eh).
Vedere un enorme coccodrillo, appunto, o uno scoiattolo, un vampiro, o fate voi, sulla parete di un edificio magari può sembrare in un primo momento fin quasi stupido, può far indignare i benpensanti, ma è anche un primo passo per far entrare l’arte nella quotidianità. E per restare su questi livelli di banalità, davvero è difficile comprendere come si possano preferire tristi palazzoni vecchi ormai qualche decennio o pareti degradate in ex zone industriali a dei murales. Ravenna da questo punto di vista si sta svecchiando, diciamolo pure, e si sta aprendo alla contemporaneità. Per questo va anche dato atto all’Amministrazione di aver contribuito pesantemente. Di aver permesso, per citare l’ultimo caso, a un writer sardo di trasformare la Casa delle culture, un edificio pubblico, a suo piacimento, scatenando l’ingiustificata rabbia per esempio anche di un nostro lettore che ci ha scritto scandalizzato poche settimane fa. D’altronde forse da un’amministrazione che si dice di sinistra ci si aspettano anche queste cose qui. Magari un sindaco leghista li farebbe cancellare tutti, i murales di questi perditempo. Magari su queste piccole-grandi cose una  piccola-grande differenza tra destra e sinistra ancora c’è…

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