Sta facendo discutere la decisione del Gruppo 8 di chiudere lo stabilimento di Forlì, che porta con sé il licenziamento di 30 dipendenti. Una scelta che arriva dopo mesi di mobilitazioni e proteste sindacali a difesa dei posti di lavoro, e che accende i riflettori sulla crisi che attraversa il settore del mobile imbottito.
La complessa vertenza era cominciata a dicembre quando gli operai, quasi tutti pakistani, erano stati portati a vivere nel capannone prima di ottenere la contrattualizzazione.
Esprime forte preoccupazione l’assessore regionale al Lavoro Giovanni Paglia: «Apprendiamo con stupore e preoccupazione l’annunciata volontà di Gruppo 8 di chiudere lo stabilimento di Forlì, imputando la responsabilità della scelta alla conflittualità che da mesi oppone la società al sindacato Sudd Cobas. Si tratta di una vertenza che abbiamo seguito in stretto raccordo con la locale Prefettura e le istituzioni locali, nel tentativo di trovare una soluzione che garantisse la libera attività d’impresa nel pieno rispetto della legalità e dei diritti dei lavoratori, nonché di condizioni salariali e contrattuali accettabili lungo tutta la filiera produttiva».
«Sulla base di questi presupposti – spiega ancora Paglia – si era arrivati alla firma di un accordo, di cui con rammarico abbiamo dovuto constatare il mancato rispetto da parte di Sofalegname, al punto da riscontrare l’assenza di condizioni per un tavolo istituzionale di confronto, rimandando piuttosto a un’eventuale sede giudiziaria».
La Regione lavorerà dalle prossime ore alla ripresa del dialogo, in collegamento con tutte le istituzioni del territorio.
«L’azienda ha abbandonato lo stabilimento, fregandosene dell’accordo firmato in Prefettura»: risponde il sindacato Sudd Cobas all’azienda che aveva addebitato la decisione alla «campagna incessante e illegale di blocchi e intimidazioni» del sindacato. Gruppo 8, operante nel settore del mobile imbottito e di proprietà della multinazionale Htl di Singapore, aveva raggiunto un accordo che però è definitivamente saltato. Il sindacato replica accusando l’azienda di aver pianificato fin dall’inizio la delocalizzazione della produzione in Cina.
«Il 3 luglio lo sciopero iniziava perché in via Gramadora c’erano 10 container pieni di materiali diretti in Cina – sostiene Sudd Cobas -. Prima che ci fosse stato un solo giorno di sciopero Gruppo 8 aveva già licenziato decine dei propri dipendenti». Secondo il sindacato, le commesse in lavorazione sarebbero state spostate a Cesena «in un’altra fabbrica di sfruttamento. Sono aziende come Gruppo 8 che distruggono l’immagine del Made In Italy tra domitori in fabbrica e sfruttamento del lavoro. Gruppo 8 si sente perseguitata perché i lavoratori vogliono il pagamento degli stipendi (aspettano da giugno) e dei contributi Inps? O perché hanno richiesto di lavorare 8 ore invece che 12 al giorno?».
Confermato lo sciopero del 6 settembre, con una manifestazione a sostegno dei lavoratori che ha ottenuto le adesioni di associazioni come Anpi, Mediterranea Saving Humans, Libera, Legambiente e Amnesty International, oltre ai partiti locali di Sinistra Italiana, Movimento 5 Stelle, Pd, Europa Verde e Rifondazione Comunista.