Cassani (Fiom), il Landini ravennate: «Costruiamo il dissenso sociale al Pd»

«La Cgil locale? Troppo timida nel denunciare le politiche del Partito Democratico. I bersaniani? Dovremmo andare a “Chi l’ha visto“»

Landini CassaniSi sono ritrovati a Roma il 14 marzo, erano in piazza a Bologna sabato 21  con Libera e tornano in piazza a Roma il 28, con la manifestazione “Unions“. Sono quelli della cosiddetta “coalizione sociale” che la Fiom di Maurizio Landini sta cercando di costruire unendo forze associative a partire da Libera o Emergency.

Una forza di sinistra che si oppone al governo in tema di lavoro e riforme sociali e che ancora, ai più, non è ben chiaro che cosa voglia o intenda essere. Di certo c’è che da qualche settimana è partito un lavoro volto a radicare questa realtà anche sui territori, e anche sui territori il motore è la Fiom che nella provincia di Ravenna è guidata dal 2010 da Milco Cassani, classe 1967. Il quale appoggia con convinzione l’operato di Landini. E proprio in questi giorni sta incontrando associazioni in tutta la provincia.
Cassani, ma quindi, state costruendo un nuovo partito?
«No, stiamo costruendo un dissenso sociale nel paese a politiche che non condividiamo e che mettono a repentaglio la democrazia stessa del sistema. Per fare politica non è necessario un partito».
Però lo ammette: state facendo politica. Non dovreste occuparvi di rappresentare i lavoratori? Anche la Cgil vi ha rimproverati.
«Certo che facciamo politica, tutti i sindacati fanno politica ogni volta che prendono posizione, a partire dai contratti».
D’accordo, infatti si può capire che non vi piaccia il Jobs Act, ma perché protestare contro il resto? Non dovrebbero appunto esistere i partiti per questo?
«Beh, innanzitutto quando si parla di riforme costituzionali si parla inevitabilmente anche di interessi dei lavoratori che ancor prima di essere tali sono cittadini, penso allo stesso articolo Uno. E anche quando si parla di sistemi di rappresentanza  si parla di temi che ci riguardano da vicino visto che proprio la Fiom si è fatta carico di una battaglia per la democrazia nei luoghi di lavoro contro Fiat e contro altre organizzazioni sindacali che hanno cercato di escluderla. E questo accade in un momento in cui le nostre istanze non sono rappresentate in Parlamento, certamente non lo sono dal Pd che ha abolito tutele dei lavoratori e che non riconosce un ruolo di rappresentanza reale al sindacato confederale».
Dicono di voler eliminare disparità che negli ultimi vent’anni si sono fatte sempre più evidenti e che nessuno ha mai davvero contrastato.
«Peccato che al momento di tutto questo non c’è traccia. Di certo c’è l’eliminazione di alcune tutele e la facilitazione dei licenziamenti. Noi da anni diciamo che si dovrebbe rivedere il sistema di frammentazione della produzione che ha fatto proliferare contratti e condizioni differenziate per i lavoratori. Penso per esempio a tutto il sistema degli appalti e dei subappalti cui si dovrebbe metter mano, cosa che invece non si è fatta e penso abbia fatto bene la Cgil ad avviare una raccolta di firme proprio per arrivare ad una legge specifica in materia».

manifestazione FiomMa quindi? Continuerete ad andare in piazza? Non è servito a molto fin’ora…
«Non siamo stupidi. Questo parlamento resterà tale fino alle prossime elezioni, ma possiamo lavorare per cambiarlo in futuro».
Quindi l’idea è di arrivare a una rappresentanza in Parlamento più ampia di quella che può garantire oggi Sel…
«Di sicuro non sono quelli i numeri che possono cambiare le cose, ma tutto è utile per costruire qualcosa di nuovo. Abbiamo un po’ di tempo davanti a noi, al momento non ci sono elezioni in arrivo e vedremo quando sarà il momento chi saprà raccogliere questo dissenso. Il punto è che bisogna ripartire dal basso, dalle persone, dal paese reale, come è accaduto in Spagna con Podemos».
Landini potrebbe essere il leader che la sinistra cerca da tempo?
«Io credo che Landini sia utile al sindacato e lo vedrei bene anche come segretario generale della Cgil».
Ma la Cgil con voi è critica e molti uomini della Cgil sono oggi nel Pd.
«Sì, ed è meglio sorvolare su quanto alcuni di loro stanno facendo dentro il Pd nonstante la loro storia sindacale».
Questa vicinanza tra Pd e Cgil è una realtà anche locale.
«Sì, e infatti io credo che da parte della Cgil  anche locale ci vorrebbe un po’ più di coraggio, meno timori nell’andare fino in fondo alle denunce e non limitarsi a dire cosa non ci piace, ma anche chi è l’autore di quei provvedimenti, cioé il Pd. Proprio come facevamo con Berlusconi. Ad abolire l’articolo 18, per esempio, o a tagliare risorse agli enti locali è stato il Pd, non altri».
A Ravenna si vota nel 2016. Cosa spera che accada? Chi spera si presenti?
«Il mio auspicio a livello locale e nazionale è che si riescano a superare vecchi personalismi a sinistra, una tendenza a dividersi che nessuno capisce più e non credo serva un’operazione verticistica. Credo che dovremmo iniziare dal chiederci: cosa significa sinistra oggi? E da lì ripartire, con un po’ di ottimismo e senza rassegnazione, che è invece quella in cui vuole indurci Renzi».
E che ruolo avrete voi? Ci sarete?
«Noi, a livello locale, da tempo teniamo rapporti con associazioni come Emergency e Libera ma anche i Comitati per la Costituzione, solo per citarni alcuni. Poi come già abbiamo fatto in passato, torneremo anche a misurarci con le forze politiche con cui abbiamo delle cose in comune. Lo abbiamo fatto anche di recente sul Jobs Act con Sel e l’Altra Emilia Romagna. Avevamo invitato anche il M5Stelle ma non ci hanno risposto».
Spera che anche qualcuno dei tanti ex bersaniani locali possa aderire a un nuovo progetto?
«Sì, certo. Anche se al momento bisognerebbe chiedere a Chi l’ha visto per trovarli».
Una domanda secca sulle politiche dell’amministrazione: vendere le azioni libere di Hera è giusto? Si può fare dal momento che lo faranno anche gli altri?
«Io credo di no, credo che il referendum sull’acqua indichi chiaramente che la proprietà debba rimanere pubblica. E non basta dire che se lo fa Bologna tanto vale che lo facciamo noi, è esattamente l’atteggiamento che non dobbiamo seguire. Noi dobbiamo marcare una differenza, anche sui principi».

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