«Non vorrei andare in pensione, ho dei progetti da concludere»

Marcello Landi, 65 anni, preside dell’Artistico dal 2005: «Nessuno ha chiesto il trasferimento. Vorrei salvare la scuola di mosaico»

Landi e DaverioDal primo settembre dovrebbe andare in pensione, ma in molti si stanno mobilitando affinchè gli venga concesso di continuare, almeno per qualche anno ancora, la sua attività di preside: insegnanti, studenti e genitori, ma anche il presidente dell’associazione nazionale Essia (Ex Studenti delle Scuole e degli Istituti d’Arte), Vittorio Martini, che ha presentato un appello al ministro Giannini. Marcello Landi, classe 1950, è dirigente scolastico del liceo artistico Nervi-Severini dal 2005 e vorrebbe prolungare la sua attività per riuscire a portare a compimento alcuni progetti, che non riguardano soltanto l’istituto ravennate ma tutte le scuole d’arte d’Italia. Ne abbiamo parlato con lui.

Nello specifico, come si sta svolgendo la vicenda e quali sono le ragioni della richiesta rivolta al ministero di prorogare il suo pensionamento?
«Il pensionamento è dovuto per termini di legge, i funzionari del ministero non possono trasgredire le norme. Tuttavia può darsi che il ministro Giannini possa, in un tempo utile, fare una postilla che permetta a me, e ad altri nella mia situazione, di continuare a lavorare. Che sia chiaro, continuando a fare il preside non sottraggo il posto a qualcun altro più giovane: nessuno ha fatto domanda di trasferimento. Il mio desiderio di rimanere al liceo artistico è legato ad un progetto importante che stiamo portando avanti: la tutela della specificità dell’Istituto d’Arte per il Mosaico di Ravenna, che con la riforma Gelmini confluisce in un generico indirizzo di “arti figurative”, comune a decine di altre scuole. L’obiettivo è salvaguardare la dizione di mosaico che è una prerogativa della nostra città: il Severini è l’unica scuola superiore in Italia e in Europa che conserva e insegna la tradizione del mosaico, perciò è paradossale che sul diploma di maturità non compaia l’indirizzo preciso di arte del mosaico».

L’intenzione è quindi portare all’attenzione del ministero il problema degli istituti d’arte…
«L’associazione Essia ha organizzato un convegno proprio a Ravenna, previsto per il 23 ottobre, in cui affronteremo questi argomenti: data l’esperienza degli scorsi cinque anni di riforma Gelmini, valuteremo cosa è giusto e cosa si può migliorare. Stiamo cercando di coinvolgere ministri e sottosegretari, per sensibilizzare le istituzioni riguardo alla questione delle dizioni specifiche delle scuole d’arte, per la quale ci sarà una risoluzione entro novembre. Sono già intervenuto ad altri convegni, a Parma e a Pesaro, ma questo è particolarmente importante perchè ne uscirà la Carta di Ravenna, un documento che si propone di tutelare le scuole d’arte che hanno una vocazione territoriale, spesso unica al mondo. Oltre a Ravenna ce ne sono un’altra ventina in Italia, come la ceramica a Faenza, il legno a Cortina, il corallo a Torre del Greco, il vetro a Venezia».

Perchè è essenziale tutelare questi istituti?
«Sono gli ultimi eredi di lunghe tradizioni, alcune di queste scuole hanno più di un secolo. Nei loro laboratori sono passati artisti che hanno fatto la storia dell’arte del Novecento e che lì hanno lasciato le opere giovanili. Si tratta di un patrimonio che dovrebbe essere una priorità anche per i Beni Culturali. Infatti l’altra sera all’inaugurazione del Porto di Classe ho invitato il ministro Franceschini al convegno del 23 ottobre. Ma l’aspetto più importante è che negli istituti di questo genere si insegna non solo a progettare ma anche a realizzare il progetto: è il saper fare delle mani insieme alle idee della mente, l’artigianato colto che è nato nelle botteghe rinascimentali e che ha dato vita e nutrito il made in Italy nel mondo. Una volta a Ravenna avevamo sei o sette scuole d’arte, che avvicinavano i ragazzi al mosaico fin da piccoli, ma negli ultimi anni stiamo perdendo quello che era stato creato nel secolo scorso».

Liceo artistico RavennaCome mai sembra che non ci sia interesse a conservare tradizioni uniche, che all’estero cercano di copiare e che noi invece trascuriamo?
«È un vizio un po’ italiano quello di rincorrere falsi concetti di modernità e buttare via cose sui cui invece si dovrebbe investire. Il mio non è un atteggiamento nostalgico, non è un rifiuto del nuovo, e anzi sarebbe anche interessante integrare un’arte antica come il mosaico con le tecnologie di oggi, per esempio. Come diceva Gustave Mahler: “La tradizione è tramandare il fuoco, non adorare le ceneri”. Ma spesso dietro a certi provvedimenti si nasconde una filosofia sbagliata, che spesso ha guidato le scelte della politica negli ultimi vent’anni. Stiamo massacrando tutto il lavoro che hanno fatto i nostri padri e i nostri nonni e non riusciamo a passarlo ai nostri figli e nipoti, che rischiano di diventare una generazione di incoscienti.»

In questo suo progetto lei ha coinvolto anche gli studenti, interessandoli alla causa. C’è tuttavia una difficoltà di comunicazione con le nuove generazioni, soprattutto in relazione a realtà che possono apparire lontane dalla loro vita, come appunto il mosaico?
«Si i ragazzi si interessano, anche se per loro è difficile avvicinarsi al mosaico. Perchè tutto ciò che è lento diventa deleterio per i nativi digitali, per cui tutto deve bruciarsi in un attimo. Ci sono diverse teorie al proposito: da una parte Michel Serres dice che questa generazione tecnologica produrrà un nuovo Rinascimento, dall’altra Manfred Spitzer, neuropsichiatra tedesco, sostiene che ci sia una componente di demenza, nel senso che tutta questa tecnologia “sottrae mente” e cambia il senso del tempo. Il mosaico ha una sedimentazione differente, più lenta, ma ti dà una sensibilità che poi puoi spendere come meglio credi. Dagli istituti d’arte sono uscite persone che ora fanno le professioni più diverse, come Alex Maioli, direttore della Magnum, ma anche Laura Pausini e Ivano Marescotti».

Da quando lei è diventato preside del liceo artistico Nervi-Severini le iscrizioni sono molto aumentate. Il suo successo nel dirigere la scuola è dovuto anche al fatto che lei stesso si è formato in un istituto d’arte e quindi conosce bene ciò di cui si occupa?
«Io sono un pò un sopravvissuto, anni fa tutti i presidi delle scuole d’arte erano a loro volta usciti da scuole d’arte, ora non è più così. I prossimi dirigenti scolastici non avranno queste caratteristiche e credo sia un peccato, perchè è importante che il preside non sia solo un burocrate, ma abbia competenze specifiche nel campo. Quando sono arrivato c’erano poco meno di 500 studenti fra liceo artistico e istituto d’arte, mentre quest’anno sono 730, c’è stata sicuramente una buona crescita. Abbiamo organizzato decine di iniziative per i ragazzi, un’ottantina solo negli ultimi cinque anni, e in tutte sono previste borse di studio per chi ci lavora. Tra l’altro siamo l’unica scuola d’Italia che ha una sua opera all’Expo: alcune riproduzioni dei mosaici della Cattedrale di Otranto, realizzate dagli studenti e dai docenti del Liceo Artistico, si trovano all’interno della mostra curata da Vittorio Sgarbi».

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