L’ostello Dante rischia la chiusura Oltre 50mila euro di affitto arretrato

Le due socie non prendono stipendio da 4 anni. Aperto nel 1974, 5.500 presenze nel 2015 «ma ne servirebbero almeno il doppio»

L’ostello Dante, a Ravenna, è l’unico vero ostello della gioventù – inteso appunto come una struttura ricettiva con spazi condivisi e a basso costo – ancora presente in provincia di Ravenna. Ma la crisi (economica e più in particolare quella del turismo nella nostra città di questi ultimi due anni, vedi articoli correlati) ha colpito anche lo storico ostello di via Nicolodi, zona Darsena, forse ancora troppo poco conosciuto e apprezzato dagli stessi ravennati. Attivo dal 1974, per alcuni anni era diventato un luogo fin quasi malfamato, fino alla nuova gestione partita nel 1996, quando la riminese Micaela Girometti ha abbandonato la propria città natale per cercare di rilanciarlo. E ora rischia la chiusura.

«L’ho gestito come dipendente fino al 2005, quando ci è stato chiesto di farcene carico direttamente e ho formato, insieme alla mia attuale socia, una piccola cooperativa attraverso la quale gestiamo tuttora l’ostello», racconta Girometti, con un certo orgoglio, frutto di una vita passata praticamente sempre all’interno degli ostelli e del lavoro svolto in quello di Ravenna. «In pochi anni siamo riusciti a rilanciare una struttura che nel 1996 faceva 6mila presenze all’anno. Noi siamo arrivati a farne anche 15mila e tutto è andato per il meglio fino al 2011…». Poi la crisi, la concorrenza di strutture a basso costo (vedi tra i correlati l’approfondimento su Airbnb) e anche il terremoto in Emilia («Ancora ci sono persone che chiamano per chiederci se c’è il rischio ») hanno fatto crollare il fatturato. «Quest’anno abbiamo toccato il fondo, con 5.500 presenze circa rispetto alle già poche 8mila del 2014. Il calo più consistente è stato degli stranieri, mentre contribuiscono all’occupazione delle camere in particolare eventi musicali come i concerti di Bronson e Hana-Bi e il Ravenna Festival», rivela Micaela che ora si ritrova con l’Associazione italiana albergi per la gioventù (Aig) che le chiede oltre 50mila euro. «Abbiamo appena fatto un incontro a Roma con i vertici dell’Aig – ci racconta la titolare dell’ostello – e ora dobbiamo preparare un piano di rientro per far fronte al debito, ma se avessi avuto i soldi per pagare il canone lo avrei già fatto…».

L’edificio di via Nicolodi è di proprietà per il 40 percento del Comune, un altro 40 percento della Provincia e per il restante 20 dell’Aig che da contratto ha la gestione e la affida alla cooperativa di Girometti incassando tutto l’affitto (nulla incassano e nulla pagano Comune e Provincia). «Fino al 2012 abbiamo potuto contare su un canone basso, di circa 6mila euro l’anno. Poi ci è stato imposto invece un canone di 3,60 euro a persona, anche quelle non paganti, come per esempio i bambini. Abbiamo tariffe che vanno da 18 a 24 euro (per un totale di 110 posti letto, ndr), ma siamo solite effettuare diverse scontistiche per gruppi o eventi particolari e con il coincidente calo del fatturato, oltre a una tassa di soggiorno che qui è il doppio rispetto a quanto spendono gli ostelli nel resto d’Italia (1 euro conto 50 centesimi, ndr), noi non riusciamo concretamente più a pagare l’affitto. Nel corso degli anni abbiamo fatto diversi interventi di manutenzione a nostre spese, paghiamo puntualmente il nostro unico dipendente, mentre io e la mia socia sono ormai 4 anni che non prendiamo lo stipendio, fatta eccezione per il minimo che può servirci per vivere, pagare le bollette, eccetera. Per potersi mantenere, questo ostello ha bisogno di almeno 10mila presenze l’anno».

Ecco dunque che l’ultima possibilità, per evitare la chiusura, è aprire le porte ai ravennati, non solo ai turisti, mettendo a disposizione le ampie sale presenti nell’ostello per eventi, iniziative, o anche solo semplici feste di compleanno, come già successo in passato. «Siamo disponibili per qualsiasi cosa, abbiamo una bella struttura che si può prestare a diverse iniziative», commenta Micaela che poi conclude: «Sarò anche ideologica ma resto convinta che una città come Ravenna debba avere un vero ostello, come il nostro. Se ci dovessero sfrattare il futuro è già segnato: come già capitato in altri luoghi, lo stabile sarà travolto dal degrado (ora durante la chiusura invernale le titolari passano comunque due volte alla settimana per piccoli lavoretti, ndr) e potrebbe anche rappresentare un problema per la sicurezza del quartiere».

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