Processo Poggiali, ergastolo o assolta? È il giorno della sentenza per l’infermiera

Due anni fa la morte della paziente a Lugo. Oggi le eventuali considerazioni del pm, replica della difesa poi la camera di consiglio

A quasi due anni da quella mattina dell’8 aprile 2014 in cui morì la 78enne Rosa Calderoni di Russi in ospedale a Lugo, è arrivato il giorno della sentenza per la donna che è accusata di averla uccisa: ergastolo o assoluzione per la 44enne Daniela Poggiali, ex infermiera dell’Ausl in servizio nel reparto di Medicina dove era ricoverata l’anziana. Il processo cominciato lo scorso 16 ottobre arriva infatti all’epilogo: in mattinata le eventuali considerazioni finali dell’accusa (dopo l’arringa difensiva di sette giorni fa) poi la controreplica della difesa e camera di consiglio da cui gli otto giudici della Corte d’Assise usciranno solo una volta raggiunto il verdetto.

La storia della presunta infermiera killer ha fatto il giro del mondo. Perché se non bastasse essere alla sbarra per un omicidio volontario pluriaggravato, le analisi statistiche sui turni di lavoro del personale infermieristico lughese restituiscono uno scenario cupo di circa 90 decessi anomali rispetto agli standard statistici: nei turni di Poggiali in quel reparto si moriva due volte in più rispetto alla media. E, come fa notare l’accusa, da quando la donna non è più in servizio (pochi giorni dopo il caso Calderoni) sono diminuiti i decessi.

La procura (pm Angela Scorza) la ritiene colpevole ricostruendo un castello accusatorio che parte dall’assunto di una morte avvenuta per cause non naturali, circostanza che troverebbe riscontro nell’altissima concentrazione di cloruro di potassio (Cdp) negli occhi della paziente (rintracciata con l’autopsia) a significare una somministrazione esogena massiccia e fatale di Cdp come si riscontra nel deflussore della flebo collegato al braccio: se l’ultima persona a essere stata in stanza da sola con Calderoni, prima che finisse in coma, è stata Poggiali allora Poggiali è l’assassina. Il movente? Avrebbe una rappresentazione plastica nelle celeberrime due foto scattate a gennaio 2014 da una collega di Poggiali mentre l’ex infermiera si metteva in pose di scherno accanto a un altro cadavere: la soddisfazione di dare la morte (anche come sfida a chi la sospettava e quindi le aveva cambiato turno proprio il giorno prima dell’8 aprile 2014).

Nulla della ricostruzione del pubblico ministero, secondo la difesa (avvocato Stefano Dalla Valle di Lugo), avrebbe trovato il sostegno di una prova solida in due anni tra indagini e dibattimento. Per questo va assolta. Con formula piena o per insufficienza di prove. Innanzitutto perché la causa non naturale del decesso è tutta da dimostrare e non si sarebbe nemmeno cercato di dimostrarla dando per scontato da subito che fosse un omicidio. E il tempo di 5-10 minuti trascorso da Poggiali in stanza con Calderoni non le sarebbe stato sufficiente a inserire due fiale di potassio (la dose necessaria per causare la morte in un tempo non troppo breve e non troppo lungo) nel deflussore. Che non si può dire con certezza sia quello agli atti: se l’ago cannula in fondo al tubo ha Dna maschile e quel giorno in reparto c’era proprio un altro paziente maschio che aveva fatto terapia di potassio perché le indagini non hanno comparato di Dna? E infine l’alto livello di Cdp negli occhi di Rosa Calderoni è un effetto di un errore nel campionamento.

L’imputata è in carcere a Forlì dal 9 ottobre 2014 in custodia cautelare perché ritenuta pericolosa in qualunque contesto anche fuori da quello lavorativo (stesso motivo che ora porta il pm a cheidere l’ergastolo). Un lungo periodo di detenzione che l’ha cambiata molto nell’aspetto: dai sorrisi sfacciati sotto la chioma bionda tinta in tribunale il giorno della convalida dell’arresto al volto più serio e tirato sotto i capelli di nuovo scuri in ogni udienza del processo a cui è sempre stata presente. Seduta accanto all’avvocato, guardata a vista alle spalle da un agente della polizia penitenziaria. Il 4 dicembre 2015 ha risposto per oltre due ore alle domande del sostituto procuratore respingendo le accuse, tutte. In aula sempre anche Luigi Conficconi, il fidanzato. Che ha sfruttato ogni momento di pausa per scambiarsi sguardi e sorrisi con la compagna rinchiusa nella gabbia per gli imputati.

A giudicarla saranno gli otto giudici che compongono la Corte d’Assise. Due togati (il presidente Corrado Schiaretti e il giudice a latere Andrea Galanti) e sei popolari estratti a sorte tra i cittadini iscritti a un apposito albo. Requisiti richiesti: cittadinanza italiana, buona condotta morale, diploca di licenza media inferiore, tra 30 e 65 anni di età. Decideranno in maniera congiunta: i primi a votare saranno i popolari partendo dal più giovane. Non serve l’unanimità e in caso di parità verrà accolta la sentenza più favorevole all’imputata.

NATURASI BILLB SEMI FAVE PISELLI 17 – 26 05 24
SAFARI RAVENNA BILLB 13 – 19 05 24
RFM 2024 PUNTI DIFFUSIONE AZIENDE BILLB 14 05 – 08 07 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24