«Attorno a Musca un centro importante di criminalità economico-finanziaria»

Il procuratore capo dopo il fermo dell’immobiliarista, del figlio e della compagna: «Faremo di tutto perché rispondano alla giustizia»

«Sono un centro di criminalità economico-finanziaria importante su Ravenna. Faremo di tutto perché rispondano alla giustizia». Il procuratore capo Alessandro Mancini affila le armi dopo gli arresti di Giuseppe Musca, del figlio Nicola e della compagna Susy Ghiselli: il noto imprenditore immobiliare ed ex vicesindaco di Ravenna negli anni Ottanta e i familiari sono stati raggiunti dalla guardia di finanza nella notte tra domenica 10 e lunedì 11 luglio per l’esecuzione di un provvedimento di fermo per indiziato di delitto per il pericolo di fuga. I due uomini sono in carcere a Ravenna, la donna a Forlì, tutti in attesa dell’udienza di convalida: «Sarà il giudice a pronunciarsi ma noi ci assumiamo le nostre responsabilità».

Accanto a Mancini, in conferenza stampa, anche i sostituti procuratori Monica Gargiulo e Lucrezia Ciriello che stanno conducendo l’inchiesta: «Il fermo non è un traguardo – dice Ciriello – innanzitutto perché ora dovrà andare davanti a un giudice ma anche perché il nostro percorso continuerà approfondendo vicende accadute non solo in tempi recenti». Secondo il magistrato è da anni che il presunto sodalizio criminale porta avanti condotte che vanno oltre la legalità «e siamo convinti che avessero intenzione di continuare a farlo».

Non è infatti solo il pericolo di fuga la motivazione all’origine del fermo ma anche il rischio di reiterazione del reato. Circostanze che sarebbero emerse dalle intercettazioni telefoniche in cui i tre stanno programmando la cessione di alcuni immobili nel Ravennate – «Per un valore ingente», è l’unico dettaglio fornito dalla procura – per avere una disponibilità economica in vista di un imminente trasferimento in Svizzera.

Gli arresti arrivano nell’ambito di una indagine condotta dalla guardia di finanza che ormai da anni ha sotto la lente le operazioni finanziarie e immobiliari dell’imprenditore, un lavoro svolto dalle Fiamme Gialle analizzando flussi di denaro attraverso banche e conti correnti anche all’estero. Nello specifico l’ultimo filone è per bancarotta fraudolenta e riguarda due fallimenti di società attive su Ravenna con distrazioni di attività per circa 32 milioni di euro. Oltre ai tre arrestati ci sono almeno altri due indagati che non sono stati raggiunti da misure restrittive. Altri indagati? «Non possiamo rispondere», taglia corto Mancini.

Non è la prima volta che il nome di Giuseppe Musca – vicesindaco socialista e assessore ai Lavori pubblici fino al 1984 – finisce nelle pagine della cronaca giudiziaria e nei faldoni delle procure. Finì in manette già nel 1985 con l’accusa di corruzione per aver intascato una mazzetta: si era dimesso da vicensindaco un anno prima ma era ancora nel consiglio di amministrazione della Banca del Monte e consigliere comunale. Dopo oltre un mese di carcere tornò in libertà. Da allora è bene ricordare che nessuna accusa a suo carico è stata confermata. Nel 2014 è stato condannato a due anni e mezzo in primo grado per false fatturazioni: la condanna è pendente ma destinata all’archiviazione per prescrizione.

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