La Regione dice stop ai gadget fascisti I partigiani: «Giusto, battaglia moderna»

Votata una risoluzione per estendere il reato di apologia alla vendita di souvenir. Lega, Fi e Fdi hanno votato contro. M5s astenuto

L’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna ha approvato a fine luglio una risoluzione (presentata da Pd, Sel e Altra Emilia Romagna) con cui si chiede alla giunta regionale di intervenire nelle sedi opportune perché si estenda il reato di apologia del fascismo anche alla diffusione e vendita di oggetti con immagini del regime e l’Anpi provinciale di Ravenna, associazione dei partigiani, esprime «viva soddisfazione». Hanno votato a favore dell’atto di indirizzo Pd, Sel e AltraEr, hanno espresso voto contrario Lega Nord, Forza Italia e Fdi-An mentre si è astenuto il gruppo M5s.

A distanza di una settimana dal voto, arriva il commento dell’Anpi in una nota firmata dal presidente provinciale Ivano Artioli con Mirco Bagnari, fusignanese consigliere del Pd in Regione: «È giusto interrompere il commercio di gadget che riportano le immagini del regime fascista, nonché dello stesso Benito Mussolini che fu per un ventennio, duce, dittatore, capo del fascio e poi responsabile con Hitler della nascita della Repubblica Sociale Italiana e di aver per questo tradito l’armistizio dell’8 settembre ’43, facendo patire agli italiani per ben 19 mesi una guerra che avrebbe dovuto essere finita».

La nota ricorda che la legge fondamentale dello Stato è la Costituzione «e che all’articolo XII delle disposizioni transitorie e finali così recita: “è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma del partito fascista”. Da questa discendono poi le successive leggi Scelba e Mancino che condannano l’apologia di fascismo. Apologia che i gadget di sicuro creano e alimentano. Senza sottovalutare che i punti vendita di questi diventano momenti aggregativi di un nuovo fascismo. L’assemblea legislativa ha condotto una battaglia antifascista modernissima nella legalità delle istituzioni democratiche».

L’esponente della Lega Nord, Massimiliano Pompignoli ha criticato l’atto perché «utilizza l’estensione del reato di apologia di fascismo come pretesto per colpire i commercianti di Predappio che vivono del commercio di gadget».

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