La Lega Nord vuole un referendum per la Regione Romagna

Depositato il primo atto formale. La giunta invece approva un documento per maggiore autonomia nella gestione delle risorse

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“Volete voi che il vostro Comune, in considerazione della sua peculiarità culturale, storica e geografica costituisca una entità regionale autonoma denominata “Regione Romagna” con una propria assemblea regionale e un proprio governatore?”. È questo il testo del quesito referendario che la Lega Nord vorrebbe sottoporre alla popolazione iscritta nelle liste elettorali delle provincie di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini e dei comuni del circondario imolese (Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Dozza, Fontanelice, Imola e Mordano). Il 22 agosto gli esponenti del Carroccio in Emilia-Romagna hanno depositato il primo atto formale di richiesta che apre quella che viene definita operazione autonomia. Il gesto riporta in agenda un tema caro ai leghisti: «Chiediamo che venga data la possibilità a tutti i cittadini romagnoli di votare democraticamente attraverso un referendum sulla possibilità di creare una Romagna autonoma», dice il consigliere regionale della Lega Nord, Andrea Liverani.

Perché la volontà di scissione? Lo spiegano i firmatari: l’Emilia-Romagna, «uno dei motori economici del Paese per numero di imprese e volume d’affari», ha oltre quattro milioni di abitanti dislocati in un territorio eterogeneo dovendo far fronte a una significativa quantità di interventi istituzionali diversificati per regolamentare le comunità sul territorio. A ciò si aggiunge il fatto che “la dimensione economico-produttiva e sociale è un oggettivo elemento di diversità dell’Emilia e della Romagna, territori virtuosi grazie alle proprie tradizioni civiche e al proprio capitale sociale potendo vantare un’elevata capacità produttiva, contributiva e fiscale, nonché un elevato livello delle prestazioni dei servizi al cittadino».

La Lega guarda con interesse a quanto accade oltre i confini regionali verso nord: in Lombardia e Veneto iI prossimo 22 ottobre si svolgeranno i referendum per una maggiore autonomia regionale (ai sensi dell’articolo 116 della Costituzione) e vorrebbero agganciare il treno autonomista: oltre all’indipendenza della Romagna infatti vorrebbero indire un secondo referendum che garantisca più autonomia alla Regione. «È evidente che l’espressione favorevole della popolazione regionale su entrambi i quesiti è condizione ritenuta indispensabile e necessaria per l’assunzione di un provvedimento specifico dell’Assemblea che richieda l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia nelle materie individuate dalla stessa assemblea».

Il presidente Stefano Bonaccini boccia l’idea di scissione: «Siamo la prima Regione per crescita del Paese e quella con il maggior tasso di occupazione. Separati saremmo tutti più deboli, mentre la nostra forza sono le eccellenze da Piacenza a Rimini. Quella della Lega è una proposta irresponsabile». Ma sull’altro fronte ha annunciato, qualora l’assemblea legislativa regionale sia d’accordo, di voler intraprendere l’iter di richiesta direttamente al Governo saltando il referendum di maggiori autonomie per gestire, con risorse certe, materie fondamentali per l’ulteriore crescita sociale ed economica dei propri territori in quattro aree strategiche: lavoro, istruzione e formazione; impresa, ricerca e sviluppo; sanità e welfare; ambiente e territorio.

La giunta regionale nella seduta del 28 agosto ha approvato il documento di indirizzi per l’avvio del percorso necessario al riconoscimento di una maggiore autonomia per l’Emilia-Romagna. La Regione punta così a un rafforzamento dell’autogoverno del sistema territoriale per poter gestire direttamente – e con risorse certe – politiche e provvedimenti nelle quattro aree strategiche.

In linea con Bonaccini anche Andrea Corsini, ravennate e assessore regionale: «Trovo davvero surreale parlare oggi di spaccare una delle locomotive del Paese e dell’Europa per un tornaconto politico ed elettorale. È indubbio che sul piano culturale, del sentire comune e dell’orgoglio tipico dei romagnoli, la proposta della Lega può suscitare interesse in larghe fasce della popolazione». Corsini guarda non alla Regione Romagna ma piuttosto all’Area Vasta «per aumentare gli investimenti ad esempio su sanità e infrastrutture, proseguendo l’azione che ci ha visto protagonisti negli anni di grandi innovazioni nel governo e nella gestione di politiche e servizi di ambito extra provinciale». Visto che «la mancata vittoria del Sì al referendum costituzionale ha lasciato le attuali Provincie in mezzo al guado e tutta l’architettura istituzionale ha necessità di essere ripensata», allora nel breve-medio periodo «l’obiettivo dovrebbe essere la Provincia unica della Romagna».

Il Movimento 5 Stelle cammina sullo stesso sentiero in corso in Lombardia e Veneto. In buona sostanza, a parere dei consiglieri, la legittimazione per potenziare l’autonomia della Regione non può che passare attraverso un referendum consultivo e solo in caso di esito positivo il presidente della Regione acquisirà la legittimazione dai cittadini ad agire in tal senso.

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