«Uso il burkini: è per donne libere. Le femministe contrarie dicono sciocchezze»

Parla la ravennate Marisa Iannucci, da vent’anni musulmana «I divieti in Francia sono un atto grave e irresponsabile»

«Al mare resto vestita, come tante altre persone. A volte sì, uso il burkini. Ne ho più d’uno, li ho comprati a Londra. Certo non si passa inosservati, ma non ha niente a che fare con l’oppressione o la mancanza di libertà delle donne. Anzi, è senz’altro un accessorio usato dalle donne più abbienti e più libere, quelle che frequentano i villaggi turistici nei paesi musulmani, le piscine e le spiagge in Europa». A parlare è Marisa Iannucci, 45 anni. Ravennate, italianissima, da circa vent’anni è musulmana e da oltre dieci porta il velo. Presidente dell’associazione Life, ha da poco pubblicato un libro dal titolo “Contro l’Isis”, in cui ha raccolto le fatwa delle autorità religiose musulmane contro il califfato.

Senza mezze misure, liquida le polemiche sul burkini scaturite in Italia in questi giorni come «l’ennesima stupidaggine estiva» e le posizioni di alcune «pseudo femministe», che ritengono sia giusto vietarlo per liberare le donne musulmane dall’oppressione degli uomini, solo delle «sciocchezze».

«Le donne oppresse – dice Iannucci – stanno a casa a lavare, a cucinare, a fare figli. Mica vanno in piscina con i burkini comprati a Londra…».

Facendo un passo indietro, il burkini (un costume intero che copre interamente il corpo, lasciando liberi viso, mani e piedi, «simile a quello dei surfisti, lanciato sul mercato già da parecchi anni, molto comodo per nuotare», per usare le parole di Iannucci) è diventato di grande attualità in questi giorni per i divieti applicati in alcune località marittime della Francia, che ora le musulmane non possono frequentare con quel costume perché manifesterebbe «in maniera ostentata un’appartenenza religiosa» e quindi «rischia di creare disturbo all’ordine pubblico», per citare le nuove leggi.

«Il costume è invece un segno dei tempi, del cambiamento culturale dovuto al mescolamento di culture – continua Iannucci – e nonostante il nome idiota non ha nulla a che fare con il burqa, esistendone anche dei modelli molto aderenti, per esempio. Il divieto in Francia è senz’alto una cosa grave, perché sono gravi tutti quei divieti che limitano la libertà personale delle donne. Come al solito si decide, o meglio, gli uomini hanno il potere di decidere sul corpo delle donne, quanto bisogna coprirsi o quanto bisogna scoprirsi. Temo che il fondamentalismo laicista in Francia, unito al forte clima islamofobo, potrà produrre molto di più, e che il divieto del costume da bagno per le donne musulmane sia solo uno dei tanti provvedimenti discriminatori di cui sono oggetto i musulmani in quel paese. Ciò non fa altro che esacerbare gli animi in un momento molto difficile per tutti e questo lo trovo assolutamente irresponsabile».

E in Italia? «La polemica – risponde Iannucci – ha fatto emergere l’etnocentrismo e l’islamofobia di tanta parte del cosiddetto femminismo o veterofemminismo italiano. Niente di nuovo per me, ma sicuramente quelle femministe che ritengono che limitare le donne nella gestione del loro corpo, e quindi nelle loro libertà personale, sia un modo di liberarle hanno decisamente dei grossi problemi. Si tratta soltanto di atteggiamenti neocolonialisti di cui l’Europa non si è mai liberata».

La critica che viene rivolta più spesso è che le donne musulmane non dovrebbero rassegnarsi al fatto che loro non possono andare al mare svestite e gli uomini sì… «Anche gli uomini praticanti devono coprirsi con il pantalone – replica Iannucci –, ma i praticanti musulmani di solito non vanno al mare dalle nostre parti perché comunque si troverebbero attorno gente nuda e dovrebbero stare con gli occhi bassi, non è un luogo adatto. Io, come molti, vado al mare in luoghi meno affollati e nei giorni feriali ma non tutti lo possono fare, preferiscono andare all’estero, in paesi musulmani dove sono tutti un po’ più vestiti. E nessuno guarda. Diciamo che, come altri musulmani europei, noi cerchiamo compromessi, e il burkini è uno di questi, ma mi sembra che non lo si sia capito. Nessuno obbliga le donne a indossarlo, perche le donne che lo indossano non sono quelle delle classi meno abbienti o meno istruite».

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