In platea per lo spettacolo contestato tra bambini, docenti e anche genitori

Al Rasi per Fa’afine duecento ragazzi delle scuole, assessore e consiglieri della Lega Nord. Una prof: «Tema importante, che esiste»

«Dove sono i genitori di Alex?». «Cosa c’è fuori dalla finestra?». «Quanti anni hai?». «A te è mai successo di essere preso in giro?». «Cosa c’è dietro quella parete?». A sentire le domande dei ragazzi che erano al Rasi stamattina (lunedì 30 gennaio) sarebbe impossibile pensare che quello che hanno visto sia uno spettacolo poi molto diverso da tutti gli altri. E molte delle curiosità sembrano più incentrate sulla macchina scenica, sulla “scatola” teatrale. Fuori, a chi chiede se lo spettacolo è piaciuto, rispondo sì, abbastanza, non c’è male. Insomma, tutto tremendamente normale. E invece, proprio tutto normale non è, perché lo spettacolo in scena era Fa’afafine, incentrato sul tema dell’identità di genere di un ragazzino, Alex, e per questo preso di mira da associazioni cattoliche e forze politiche come il Popolo della Famiglia. Uno spettacolo che ovunque viene proposto, per le scuole, si porta dietro scie di polemiche, anche politiche. E che non sia una mattina della rassegna come tutte le altre lo si vede anche dalla presenza in sala di due consiglieri comunali della Lega Nord, oltre al presidente della Commissione cultura e dell’assessore all’Istruzione del Comune di Ravenna. Seduti insieme a poco meno di duecento ragazzi tra quinte elementari, prime e seconde medie di città e forese. Un numero soddisfacente, ma non certo da tutto esaurito. Ci sono mattine in cui le classi che aderiscono ne portano anche oltre 300 di bambini al Rasi, fino a riempirlo. Ma questo appunto è Fa’afafine, uno spettacolo osteggiato, criticato e temuto. Prova ne è che in molte classi, a sentire gli insegnanti, qualche assente c’è, e non per l’influenza.

Ma perché avete comunque scelto di portare le classi? «È un tema importante e che esiste, soprattutto a questa età – racconta una docente di lettere che ha portato al Rasi una prima media –. Conosco la qualità di questa rassegna teatrale, mi sono informata sullo spettacolo, e ho pensato che potesse rappresentare un’occasione, anche per un dialogo o confronto. Non credo bisogna sottrarsi, non ha senso far finta che questi temi non siano importanti».

«Questo spettacolo – racconta la prof di una seconda media di un altro istituto comprensivo in città – si inserisce in un discorso più ampio sulla discriminazione che stiamo facendo in classe. Siamo addirittura partiti dal 27 gennaio, dalla Shoah. Proteste? So che qualche genitore ha chiamato, ma la dirigente ci ha dato totale fiducia. E oggi manca in effetti qualcuno». A esserci sono invece tredici bambini di una quinta elementare tutti accompagnati dai rispettivi genitori. Risultano assenti da scuola, almeno fino alle 11.45. Una situazione piuttosto insolita e che ha del paradossale. «Lo so, ma c’è una ragione a tutto questo – ci spiega una delle madri rappresentanti dei genitori – all’inizio dell’anno c’era stata una riunione in cui le maestre ci avevano annunciato il programma e la partecipazione all’evento. Un paio di genitori avevano mostrato preoccupazioni proprio per il tema dello spettacolo e così si è fatta una seconda riunione in cui ci si è confrontati e alla fine abbiamo votato: 16 famiglie su 19 erano favorevoli a far partecipare i ragazzi allo spettacolo. Nonostante questo, i genitori in minoranza avevano nel frattempo scritto al dirigente il quale, in nome di una presunta unità della classe, ha di fatto chiesto alle maestre di rinunciare a questa gita a teatro. A noi non è sembrato giusto, visto appunto che si era votato, e così abbiamo deciso di prendere questa iniziativa portando noi i bambini a teatro».

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