Studenti Dsa, il caso del Ginanni: «Servono insegnanti con formazione specifica»

Il vicepreside di Ragioneria: «La legge funziona ma non basta la buona volontà del singolo»

ITC Ginanni Ra

La facciata dell’Itc Ginanni di Ravenna

Tra le scuole superiori che hanno visto crescere gli iscritti con diagnosi Dsa (Disturbi Specifici di Apprendimento), di cui abbiamo parlato nelle ultime settimane con vari articoli (qui l’intervista alla presidente dell’associazione Aid), in questi anni c’è l’Istituto Tecnico Economico “G. Ginanni” a Ravenna, che sta puntando molto sulla formazione degli insegnanti in questo ambito, come ci ha spiegato il vicepreside Gabriele Proietti: «A fronte dell’aumento del numero degli iscritti abbiamo cercato di attivare nuovi percorsi, innanzitutto in termini di formazione dei docenti. Perché il tema dei Dsa va affrontato tramite la preparazione, non basta la buona volontà o il buon senso o la disponibilità del docente. Serve una formazione specifica, servono aggiornamenti continui e bisogna essere pronti a cambiare certi automatismi. I dispostivi compensativi e dispensativi vanno conosciuti a fondo per essere ben utilizzati».

A portare il tema dei Dsa al centro dell’attenzione nella scuola e a occuparsi per prima della formazione è stata ed è una delle insegnanti, la professoressa Ilaria Cerioli, «che ha trovato la grande sensibilità e  disponibilità della Dirigente e di gran parte dei colleghi». Proietti racconta infatti di momenti di formazione per gli insegnanti a cui hanno aderito molti docenti dell’istituto.

L’altro tema cruciale riguarda, ovviamente, il rapporto con le famiglie, che per Proietti deve essere schietto, continuo e  collaborativo per superare le difficoltà che possono sorgere nell’arco dei cinque anni. Sulla collegialità Proietti insiste molto: «Lo studente Dsa deve trovare l’attenzione dell’intero consiglio di classe, perché non vanno considerate solo le difficoltà in alcune materie, ma vanno riconosciuti gli stili di apprendimento specifico per applicare una didattica personalizzata efficace che  permetta di raggiungere gli obiettivi di apprendimento con minor fatica».

Altro elemento cruciale, secondo il professore, è il monitoraggio continuo delle azioni svolte: «Certo, non possiamo pensare di non verificare l’efficacia degli strumenti adottati, perché l’andamento non è sempre lineare, ed occorrono costanti feedback. L’adozione di buone pratiche fa crescere non soltanto l’alunno Dsa, ma anche il singolo docente e tutto il consiglio di classe. In questi anni abbiamo portato diversi ragazzi alla maturità con grande soddisfazione di tutti».

Tra i timori da sventare c’è quello, per gli insegnanti, di favorire gli studenti permettendo loro di usare strumenti compensativi e suscitare invidie e malumori tra i compagni. Per questo è importante che cresca la “cultura Dsa” «per superare l’ostacolo facendo conoscere il problema anche tra la comunità degli studenti, evitando inutili concorrenze. Dalla nostra parte c’è una buona legge, che va accompagnata da buone pratiche, infatti come già sostenuto, il talento personale non basta».

E tra quelle che possono sicuramente essere considerate “buone prassi” attivate da questa scuola c’è quella dei corsi di “recupero” per tutti, Dsa compresi, nelle materie più problematiche per alcuni studenti quali matematica, economia aziendale e lingue straniere per tutto l’arco dell’anno. In tal senso è risultato molto importante l’apporto dei docenti del cosiddetto Organico Potenziato previsto dalla recente legge sulla scuola.
«Questi corsi  – conclude Proietti – anche se richiedono un ulteriore impegno, costituiscono comunque una buona  e gratuita opportunità  per  perseguire meglio il successo scolastico».

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