Quel corso per imam al campus di Ravenna che non piace ai baroni dell’Università

Il professor Cimbalo è il responsabile del progetto e lamenta la diffidenza dei vertici dell’Ateneo: «Non è ben visto a Bologna, dicono che abbassa l’Ateneo al livello delle persone comuni»

Imam

Alcuni studenti del corso per imam al campus universitario di Ravenna

Mancano due lezioni al termine del primo corso italiano di giurisprudenza per imam e figure di spicco di religioni che non hanno accordi con lo Stato Italiano. Si sta svolgendo a Ravenna negli spazi del campus dell’Università di Bologna. Il docente Giovanni Cimbalo, responsabile del corso, valuta positivamente l’andamento del progetto, anche se sottolinea alcune criticità. «A metà del corso abbiamo sottoposto un test di valutazione agli iscritti per vedere se stavano comprendendo i temi trattati e se interessavano. Da questo carotaggio è emerso che il 90 percento delle nozioni erano state perfettamente comprese, anche quelle giuridicamente non semplici».

L’interesse era soprattutto verso aspetti molto pratici come risolvere problemi di ogni giorno legati ai permessi, alle relazioni con i Comuni e alla gestione dei luoghi di preghiera. «Abbiamo trattato anche temi spinosi. Parlando dei matrimoni combinati tra minorenni abbiamo trovato una grande apertura. Hanno capito che in una società aperta come la nostra non è possibile imporre troppe costrizioni ai giovani altrimenti il risultato sarebbe solo di far allontanare questi ragazzi. Sul grave problema dell’infibulazione invece abbiamo riscontrato più reticenza. Cercavano di minimizzare la questione dicendo che secondo loro non è così diffusa come dicono i dati. Credo che su questo tema sarebbero necessari dei corsi specifici anche a livello sanitario e non solo giuridico per sensibilizzare ulteriormente le persone su questo problema».

Un aspetto positivo del corso è stato che il numero di presenti è aumentato nel tempo, soprattutto molte donne hanno iniziato a frequentare il corso mentre ufficialmente solo un paio erano iscritte.

Dai vertici dell’Unibo però non si è visto nessuno a Ravenna per questo corso che ha attirato l’attenzione dei media nazionali. Tra le criticità il professore sottolinea infatti la diffidenza suscitata a livello accademico: «Nell’ambiente universitario di Bologna questo corso non è stato ben visto. Secondo loro aprire l’università a corsi diversi da quelli canonici non va bene e “abbassa” l’università al livello delle persone comuni. A Ravenna invece si respira un clima di apertura mentale molto migliore, merito soprattutto del lavoro delle Fondazioni Flaminia e Cassa di Risparmio, anche se forse i ravennati non se ne accorgono perché vedono ancora l’università come qualcosa di lontano dai cittadini, mentre molte delle iniziative sono aperte a tutti».

Al momento non è dato sapere se il corso si ripeterà nei prossimi anni visto che il ministero per ora non lo ha confermato. A ottobre si svolgerà un convegno finale aperto per dibattere dei risultati ottenuti.

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