Abusi nella casa-famiglia, i sindacati: «Da tempo denunciamo l’assenza di regole»

Cgil, Cisl e Uil: «Serve una riorganizzazione dei servizi di assistenza». Il coordinamento delle case famiglia di Confcommercio: «Non strumentalizzare. Fanno parte della categoria tanti imprenditori onesti»

Img08«Interesse privato e business non conoscono più limiti, neanche di fronte alla sofferenza e al disagio di donne e uomini che a torto vengono considerati non più utili alla società». È la riflessione dei tre sindacati, Cgil, Cisl e Uil, all’indomani del sequestro della casa famiglia di Sant’Alberto per maltrattamenti ai danni delle anziani ospiti. «Chi riveste ruoli nella politica e nell’economia – continua la nota congiunta dei sindacati – dovrebbe chiedersi più spesso perché la società sta perdendo il senso della responsabilità intergenerazionale. Interrogarsi sul perché gli ultimi passi della vita dei nostri vecchi vengano affidati ad avventurieri di ogni genere sarebbe un esercizio utile anche a noi, figli e nipoti di una generazione che ci ha tramandato tanto in termini di diritti e di benessere».

Cgil, Cisl, Uil, e le categorie dei pensionati Spi, Fnp e Uilp, di fronte a casi come quello di Sant’Alberto evidenziano nella nota inviata alla stampa come non basti recriminare. «Attendiamo ora – dicono i sindacati – che la giustizia faccia il suo corso, affinché tutti i responsabili rispondano davanti alla legge delle loro azioni. Nello stesso tempo ribadiamo che il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione pone problemi spesso sottovalutati anche dalle istituzioni e affrontati in maniera inadeguata, da chi ha la responsabilità politica e amministrativa della gestione della assistenza in ogni livello. Non è l’unico episodio di violenza su persone anziane ospiti di strutture e si evidenzia la necessità di definire norme, regolamenti, controlli di riferimento per l’apertura e il funzionamento di queste realtà oggi quasi del tutto deregolamentate. Il proliferare di strutture private che fuori da ogni convenzionamento gestiscono una parte di quella assistenza agli anziani, che le famiglie non sono più in condizione di garantire, è una realtà preoccupante, da tempo denunciata dalle organizzazioni sindacali, e un sintomo della abdicazione delle istituzioni pubbliche in un ambito dove si misura il livello civile di una società. Come sindacati non possiamo accettare il perpetuarsi di situazioni del genere e chiediamo che si intervenga urgentemente per invertire questa inaccettabile deriva. Anche a Ravenna è necessaria una riorganizzazione dei servizi di assistenza agli anziani, coerente con l’invecchiamento della popolazione e il cambiamento dei bisogni».

Sul tema è intervenuto anche il coordinamento delle case famiglia e comunità alloggio di Confcommercio Ravenna che esprime «pieno appoggio al lavoro della magistratura affinché le responsabilità siano definite e laddove si riscontrino reati contro persone indifese,  siano  puniti a norma di legge».
Il coordinamento fa presente che  «personaggi come quelli finiti in carcere per questo inquietante episodio, sebbene espongano nella propria struttura un insegna di casa famiglia non appartengono in alcun modo alla categoria che al contrario, è composta da imprenditori che si adoperano nella cura degli ospiti e nella creazione di condizioni di socializzazione e relazione dell’anziano con gli altri anziani presenti in struttura».

«Il lavoro dei nostri associati avviene nel rispetto delle patologie e delle condizioni che hanno costretto l’anziano ad abbandonare la propria abitazione in stretto coordinamento con i medici di base che sono coloro che determinano gli eventuali piani terapeutici degli anziani. Le case famiglia infatti così come definito dal Regolamento Comunale di Ravenna sono “comunità di tipo familiare con funzioni di accoglienza a bassa intensità assistenziale, che accolgono utenti anziani in difficoltà, per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il progetto individuale”. Il coordinamento invita inoltre tutti coloro che si interessano ed interesseranno a questa vicenda a non strumentalizzarla in alcun modo nei confronti di una categoria fatta da imprenditori onesti che hanno creato tanti posti di lavoro,  limitandosi unicamente a riferirla per quanto avvenuto realmente  ovvero della condotta inqualificabile di alcune persone che potrebbero aver commesso un reato».

Per fare maggiore chiarezza il coordinamento case famiglia e comunità alloggio «ha già chiesto sin dalla sua costituzione a Regione Emilia Romagna e Comune di Ravenna di rivedere l’attuale regolamentazione che così come è attualmente definita, lascia troppi spazi alla libera interpretazione di chi è incaricato di effettuare eventuali controlli  e non riconosce le esigenze delle imprese del settore che trovano un mercato profondamente mutato rispetto a quello di quando la norma regionale fu concepita. Il coordinamento sta lavorando anche per definire principi di qualità degli associati e di garanzia degli ospiti e delle loro famiglie affinché chi lavora professionalmente su questo settore non possa più in alcun modo essere oggetto di giudizi affrettati ed espressi senza riflettere come si è letto in alcuni siti in questi giorni».

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