“Basta compiti”, la maestra: «Per matematica addizionate i baci dati a mamma e papà»

Tina De Rosa insegna in una primaria di Faenza ed è l’unica insegnante in provincia che figura nell’elenco pubblico dei docenti che sostengono la petizione nazionale per eliminare il lavoro a casa: 35mila sottoscrizioni online

Pexels Photo 256468Per una vacanza di Pasqua il compito di matematica assegnato ai suoi alunni era stato contare le stelle di una notte serena e addizionare i baci dati a mamma e papà. Per una vacanza di Natale la consegna era stata di visitare la propria città luccicante e esagerare con gli abbracci senza paura di sembrare piccoli. Tina De Rosa insegna alla scuola primaria “Martiri di Cefalonia” a Faenza e con i compiti a casa tradizionali ha detto basta da un po’. La maestra originaria di Ischia, con 40 anni di carriera in aula di cui venti a Faenza, aderisce al movimento “Basta Compiti” nato come gruppo Facebook per iniziativa di un docente ligure circa cinque anni fa e oggi diventato una petizione online con 35mila firmatari che chiedono di “superare una pratica inutile e dannosa” (in fondo alla pagina il testo della petizione).

«Non sono mai stata una grande sostenitrice dei compiti a casa – spiega De Rosa – e un certo punto tramite social sono venuta a conoscenza di questo movimento di cui condivido le idee. Insegno matematica in un tempo pieno e i bambini che escono alle 16.30 non possono avere compiti a casa, è impensabile. Cerchiamo di fare le cose in classe». Al massimo qualche incarico al venerdì: «Mi consulto con la mia collega e faccio in modo che non siano mai cose pesanti».

Niente compiti nemmeno nei tre mesi abbondanti di pausa estiva appena iniziati? «La mia collega di italiano ha intenzione di dare un piccolo eserciziario. Io penso che darò dei consigli di lettura visto che tutti i bambini hanno la tessera della biblioteca. O magari qualche gioco che porti i bambini a fare i calcoli ma divertendosi. Un quaderno dove annotare le loro emozioni per le esperienze vissute. Di sicuro nessun tomo spaventoso e sarà tutto facoltativo: gli alunni devono fare le cose con la voglia di farle e non per la paura di essere sgridati per non averli fatti».

Il nome di Tina è l’unico della provincia di Ravenna che compare nell’elenco dei docenti “a compiti zero” che si può consultare sul sito www.bastacompiti.it: «Conosco altri docenti che la pensano come me ma forse non conoscono il movimento». Quando De Rosa ha scelto di schierarsi e per la prima volta ha deciso di dare compiti alternativi ha voluto prima informare la dirigente: «Le ho fatto leggere il bigliettino che avevo preparato per bambini e genitori e non ci sono stati problemi». Un testo scritto di suo pugno per una delle vacanze pasquali: “Ho pensato di non assegnare compiti tradizionali ma proposte un po’ diverse. Fate passeggiate, incontrate amici, ascoltate musica e leggete un libro, sfogliate i quaderni di scuola e concludete ciò che è rimasto incompleto, disegnate, dipingete, passate più tempo con le persone care come i genitori, giocate con loro, preparate sorprese per quando tornano dal lavoro, apparecchiate e sparecchiate, fate lunghe dormite, respirate i profumi delle pietanze e assaggiatele”. E poi in allegato, a uso e consumo dei genitori, la Carta dei diritti dell’infanzia.

Ecco il testo della petizione “Basta compiti”
Il testo della petizione on line “Basta compiti” che raccoglie l’adesione anche di numerose autorevoli associazioni, intellettuali, figure del mondo della scuola e non, testualmente recita:
«Chiediamo che i compiti a casa siano aboliti, nella “scuola dell’obbligo”, perché:
sono inutili: le nozioni ingurgitate attraverso lo studio domestico per essere rigettate a comando (interrogazioni, verifiche…) hanno durata brevissima: non “insegnano”, non lasciano il “segno”; dopo pochi mesi restano solo labili tracce della faticosa applicazione;
sono dannosi: procurano disagi, sofferenze soprattutto agli studenti già in difficoltà, suscitando odio per la scuola e repulsione per la cultura, oltre alla certezza, per molti studenti “diversamente dotati”, della propria «naturale» inabilità allo studio;
sono discriminanti: avvantaggiano gli studenti avvantaggiati, quelli che hanno genitori premurosi e istruiti, e penalizzano chi vive in ambienti deprivati, aggravando, anziché “compensare”, l’ingiustizia già sofferta;
sono prevaricanti: ledono il “diritto al riposo e allo svago” (sancito dall’Articolo 24 della dichiarazione dei diritti dell’uomo) riconosciuto a tutti i lavoratori – e quello scolastico è un lavoro oneroso e spesso alienante: si danno anche nelle classi a tempo pieno, dopo 8 ore di scuola, persino nei week end e “per le vacanze”;
sono impropri: costringono i genitori a sostituire i docenti; senza averne le competenze professionali, nel compito più importante, quello di insegnare a imparare (spesso devono sostituire anche i figli, facendo loro i compiti a casa);
sono limitanti: lo svolgimento di fondamentali attività formative (che la scuola non offre: musica, sport…), oltre gli orari delle lezioni, che richiedono tempo, energie, impegno, esercizio, sono limitate o impedite dai compiti a casa;
sono stressanti: molta parte dei conflitti, dei litigi (le urla, i pianti, le punizioni…) che avvengono tra genitori e figli riguardano lo svolgimento, meglio il tardivo o il mancato svolgimento dei compiti; quando sarebbe invece essenziale disporre di tempo libero da trascorrere insieme, serenamente;
sono malsani: portare ogni giorno zaini pesantissimi, colmi di quadernoni e libri di testo, è nocivo per la salute, per l’integrità fisica soprattutto dei più piccoli, come dimostrato da numerose ricerche mediche.
Dalla Carta internazionale dei diritti dell’infanzia, art 31: “Gli Stati membri riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età…”».

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