Il racconto di Riccardo Ravaglia impegnato a Monaco a controllare la “buona salute” dei 26 dispositivi in orbita attorno alla terra
Negli ultimi sei anni a mezzo – dopo la triennale in Ingegneria aerospaziale a Bologna e la magistrale in Ingegneria astronautica a Roma – Ravaglia ha lavorato in Lussemburgo per la Ses, una delle più importanti società europee di gestione di satelliti commerciali. Che nella quasi totalità dei casi vengono utilizzati per traffico televisivo. Avete sentito parlare di satelliti Astra? Ecco, erano il pane quotidiano dell’ingegnere lughese. «Mi trovavo bene ma avevo voglia di cambiare. Ho 31 anni, dovrò lavorare per almeno altri 35 e non volevo fare lo stesso lavoro. Nell’azienda in cui ero non c’erano altre possibilità e ho cominciato a guardarmi attorno». Con dei paletti ben precisi: trasloco in Olanda o in Germania. «Il luogo in cui vivo per me è molto importante».
Sul lavoro la lingua rimane l’inglese ma fuori dall’ufficio c’è da fare i conti con il tedesco: «Quindici anni fa in una estate mi ero messo sui libri per impararlo un po’ da solo ed è stato un piacere scoprire che riesco ancora a cavarmela a livello turista. Qualche giorno fa ho prenotato un appuntamento per tagliarmi i capelli al telefono. Ma a settembre farò un corso che mi offre l’azienda».
Per chi ha trent’anni nel 2019 che significato ha lo sbarco della Luna avvenuto vent’anni prima di nascere? «L’interesse per tutto quello che riguarda lo spazio ce l’ho da sempre. Ovvio che faccio un po’ di filtro: mi gusto l’articolo tecnico sulla rivista scientifica ma non leggo nemmeno una riga sull’ultima trovata di Elon Musk. Dell’allunaggio tutt’ora mi lascia stupito pensare a cosa sono stati capaci di fare a quel tempo. E mi fa sempre più tristezza vedere quella marea di commenti di chi sostiene che sia stata tutta una finzione».