Recuperato il primo troncone del relitto della Berkan B

Tra le polemiche degli ambientalisti. L’Autorità portuale: «Garantita la sicurezza»

Attachment (25)Si sono concluse questa mattina (12 settembre) le operazioni di recupero del primo troncone del relitto della Berkan B, nell’ambito dell’intervento per la realizzazione del Ravenna Port Hub in corso nello scalo romagnolo.

Nei giorni scorsi erano stati effettuati i test e le prove di sollevamento.

All’alba di questa mattina il relitto è stato sollevato da una gru della Società Fagioli – che sta effettuando le operazioni  per conto del Consorzio Stabile Grandi Lavori, General Contractor del Progetto Ravenna Port Hub,  cui l’Autorità di Sistema Portuale ha affidato la rimozione e lo smaltimento del relitto – e si è poi provveduto a stabilizzare i carichi fino al posizionamento finale sulla chiatta, avvenuto intorno alle 10.

Attachment (24)Nei prossimi giorni la programmazione delle attività prosegue, come previsto dal cronoprogramma, con le successive operazioni di taglio.

A tale proposito l’Autorità portuale «ricorda che si tratta di operazioni molto complesse in quanto i componenti di un relitto in molti casi non corrispondono più ai dati tecnici iniziali teorici. È, per questo motivo, al fine di garantire prima di tutto la sicurezza delle persone, dell’ambiente e del carico, che è essenziale e prioritario monitorare in ogni fase le attività e stabilizzare in modo continuo le forze in gioco. A questo scopo sono state orientate le attività delle settimane passate che, si ribadisce, rientrano nella normale pratica di questo genere di operazioni».

Attachment (22)Una risposta alle polemiche sollevate dagli ambientalisti nei giorni scorsi, che parlavano di «tentativi falliti per la rimozione di ciò che resta del relitto della Berkan B, a quasi quattro anni dal collasso e due e mezzo dall’affondamento. Senza tema di vergogna si apprende che i progetti, specie quelli di questa importanza e con costi ad oggi stimati di 9 milioni di euro di denari pubblici, si mandano avanti a furia di “test”. Ben tre, le serie di test finora senza esito: il 31 agosto, il 7 settembre e l’8».

«Ricordiamo – scrivevano in una nota inviata alla stampa Italia Nostra, Collettivo Autonomo Ravennate e Gruppo d’Intervento Giuridico – ai progettisti ed ai committenti dei test che l’ambiente e la salute umana non sono terreno per esperimenti, fino a prova contraria.  Non osiamo infatti immaginare cosa sia andato disperso durante i “test” dalle lamiere incrostate di uno spesso strato di morchia proveniente da oltre due anni e mezzo di sversamenti di idrocarburi dalle casse ancora piene della nave non bonificata lasciata lentamente affondare per oltre un anno senza muovere un dito. Immagini inequivocabili testimoniano lo stato del rottame. Enormi masse d’acqua spostate durante l’emersione – e poi affondamento dei tronconi – e fondali smossi: lavati per bene i pezzi, quanti inquinanti sono stati ancora rimessi in circolo nelle acque della Pialassa e di tutti i corpi idrici ad essa collegati? Le panne garantiscono la tenuta? Da alcune riprese si vede chiaramente che il punto di legatura alla banchina della fila più esterna è tutt’altro che a tenuta. Ci chiediamo inoltre: anche se fossero in perfetta efficienza, tali presidi possono da soli contenere spostamenti d’acqua come quelli generati dai tronconi provenienti da una nave di 108 metri di lunghezza e oltre 6464 tonnellate di stazza? Inoltre, almeno da domenica 5 settembre una fila di barriere oleoassorbenti messe a protezione della parte nord Pialassa è stata manomessa per un tratto di circa 70 metri, e nonostante le PEC inviate alla Capitaneria di Porto, fino a mercoledì sera nessuno le aveva ripristinate. Giusto in tempo per accogliere le acque provenienti dai “test” dei tentativi falliti. Eppure, domenica sera, numerosi erano i capanni sulle rive dei Piomboni dove tranquillamente si pescava e si cenava».

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