“The passengers”, un film sulla seconda occasione dopo un “inciampo”

Gli autori Tommaso Valente e Christian Poli raccontano l’esperienza “Housing first”, progetto sociale ravennate che offre una casa a chi si è ritrovato senza tetto. Dal 25 febbraio a Cinemacity

The Passengers Housing First

Una scena dal docufilm “The Passengers”

È dedicato alle persone che ricercano ancora un posto nel mondo, ai viandanti segnati da storie dolorose che sperano in una casa per poter ripartire, il film documentario The Passengers di Tommaso Valente e Christian Poli.
Prodotta da Kamera Film e distribuita nelle sale da Emera Film, la pellicola arriva al Cinemacity di Ravenna – e in altre 35 città italiane – da venerdì 25 febbraio a giovedì 3 marzo.
Realizzato con il sostegno della Regione Emilia Romagna e con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, in collaborazione con il Consorzio di cooperative sociali Solco Ravenna e Instant Documentary, racconta la vita dei partecipanti a “Housing First – Prima la casa”, progetto di contrasto alla marginalità gestito da Solco sull’intero territorio provinciale.

Tommaso Valente, lei dal 1999 realizza documentari e corto metraggi, dimostrando un particolare interesse alle relazioni umane, al rapporto tra l’uomo e l’ambiente, come emerge da lavori quali Casilina Express, I ragazzi che si amano, Missione Alaska, The Ghosts of the Third Reich e Chronicles from the 20s. Come è stato coinvolto in questo nuovo progetto?
«Negli ultimi cinque anni mi è capitato di essere spesso a Ravenna per motivi professionali ed è qui che sono venuto a conoscenza del progetto. Inizialmente, le risorse erano così poche da immaginare solo un corto, poi siamo riusciti a sviluppare qualcosa di più lungo e articolato da far uscire nelle sale. Da tempo cercavo delle storie sulle tematiche a me care, raccontate dal punto di vista delle persone più fragili».

A distanza di tempo, cosa le ha regaato The Passengers?
«La possibilità di elaborare un nuovo linguaggio, di cambiare completamente il mio modo di approcciarmi ai soggetti, perché la cosa più importante è stato fare un film con i protagonisti e non sui protagonisti, coinvolgendoli. Loro sono parte integrante del lavoro».

Con Christian Poli, è stato il primo lavoro? Qual è stato il suo valore aggiunto?
«Già ci conoscevamo ma non avevamo mai fatto nulla insieme. È stata un’esperienza per- fetta perché, grazie alla nostra complementarietà, ci siamo arricchiti e aiutati a vicenda. Avendo lavorato principalmente come sceneggiatore, Poli ha trovato una serie di spunti e di modalità utili per entrare in sintonia con i protagonisti. Lavorando sui monologhi scritti da loro, è riuscito a tradurre la loro vita in linguaggio cinematografico».

Tommaso Valente The Passengers

L’autore e regista Tommaso Valente

C’è una storia che più di altre l’ha colpita a livello personale?
«Questo film ha toccato molto nell’intimo, Christian e me. Abbiamo attraversato storie vere, ciascuna delle quali trova forza nelle altre. Non c’è un senso individuale ma collettivo, perché proprio questo è il senso del progetto “Housing First”: poter condividere la propria difficile condizione di vita, in strada, senza casa. È un momento di riappropriazione e di riscatto verso la società: da soli si è soli, ma insieme si può fare qualcosa. Il film parla di persone, in prevalenza uomini, che hanno avuto un “inciampo” nella vita, qualcosa che potrebbe capitare a tutti: problemi genitoriali, rapporti complessi con il lavoro, dipendenze, relazioni sociali compromesse».

Cosa rappresenta la casa?
«Un punto da cui ripartire con la propria vita, prima di tutto. Una sorta di ancora che può aiutare, dopo innumerevoli difficoltà. E il nostro film è diventato la casa delle loro storie, in cui ciascuno di loro ha potuto raccontarsi come più desiderava».

Qual è stata la maggiore difficoltà incontrata a livello professionale?
«Dover lavorare in una maniera molto diversa da come ero abituato negli altri documentari. Siamo partiti con pochissime risorse e con un budget molto limitato rispetto allo sforzo richiesto nel raccontare queste storie. Però, lavorando in un contesto partecipativo, è stato possibile accedere a un finanziamento attraverso un crowfunding che ha raccolto il sostegno di ben 100 contributori».

E sotto il profilo umano?
«La difficoltà maggiore è stata trovare la giusta distanza dalle storie che ci coinvolgevano enormemente. Ogni volta, Christian e io sentivamo il bisogno di rimetterci, per così dire, in equilibrio. Ci siamo a lungo commossi, ma abbiamo anche riso in alcuni momenti. Con un’occhiata, una battuta o un gesto, siamo sempre riusciti ad affrontare anche le situazioni più delicate».

 

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