sabato
09 Agosto 2025
L'intervista

«La pizza è il prodotto democratico per eccellenza. Quella ravennate mi ha sorpreso»

Ne parla il "ricercatore" Renato Bosco, protagonista di una serie di incontri organizzati da Molino Spadoni per clienti e lavoratori del settore

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Renato Bosco, pizzaiolo e “pizza ricercatore” veronese, noto a livello nazionale per il programma televisivo “Na Pizza”, il lancio del brand Saporè in collaborazione con Autogrill e il riconoscimento da parte della guida gastronomica “Identità Golose”, sarà a Ravenna per una serie di incontri organizzati da Molino Spadoni, dedicati ai clienti del brand e più in generale a lavoratori del settore.

La collaborazione tra Bosco e Spadoni è nata due anni fa, e questo nuovo percorso formativo è stato ideato per lanciare un forte segnale di ripresa da parte del Molino verso la propria clientela: a seguito dell’alluvione, infatti, il marchio ha registrato ingenti perdite di territorio e prodotti, riuscendo però in breve tempo a riconfermare la propria competitività sul mercato. 

L’appuntamento dello scorso 23 aprile, a numero chiuso, ha dato vita a un dialogo con i panificatori affiliati a Spadoni, che hanno potuto esplicitare le proprie richieste sui temi e le competenze da affinare durante il corso. Il calendario di appuntamenti si svilupperà nei prossimi mesi e prevede una commistione tra pratica e teoria negli spazi dell’Accademia Molino Spadoni di Villa Selva.

Tra temi principali che verranno affrontati insieme all’ambassador, la panificazione e l’attenzione alle materie prime di qualità, con un focus particolare sulla consulenza e la formazione imprenditoriale. 

Che insegnamento vorrebbe trasmettere ai partecipanti del workshop?
«L’obiettivo principale del corso è quello di accogliere e valorizzare le richieste dei clienti. Durante l’incontro introduttivo si è parlato di aggiornamenti tecnici, di selezione di farine e lieviti. La risposta del pubblico è stata eccezionale, sia in termini di affluenza all’evento che di partecipazione al dialogo. Dal canto mio però c’è una particolare attenzione al concetto di “riappropriarsi del proprio tempo”: il panificatore è un grande lavoratore, si alza presto e fatica molto. Grazie allo studio di sistemi più innovativi, come la tecnica del freddo e processi analoghi, si possono velocizzare procedure lente e complesse ritagliando tempo da dedicare ad altri aspetti dell’attività. Un altro aspetto che verrà affrontato durante il corso infatti è quello burocratico: il mondo dei panificatori è molto più legato all’artigianato che all’imprenditoria, ma al giorno d’oggi è importante avere un’idea chiara di business plan, sapendosi districare tra food cost e amministrazione».

L’appellativo che le viene conferito più spesso non è quello di pizzaiolo ma di pizza ricercatore”, può dirci qualcosa di più?
«È una domanda a cui rispondo con orgoglio, perché nella mia vita ho dedicato tanto spazio al mondo della ricerca, e questo “soprannome” nasce grazie a quell’impegno. Sono curioso di natura e, di conseguenza, non sono mai contento. Mi piace scavare a fondo tra studio della tecnica e della materia prima, è come se inseguissi sempre quel qualcosa “in più”. A chi mi dice che sarei arrivato da un pezzo, se solo mi accontentassi, rispondo che per me la ricerca è un atto quotidiano, un qualcosa che mi viene semplice e spontaneo, spinto dal desiderio di migliorarmi e dalla volontà di divulgare ciò che imparo».

Queste ricerche la portano spesso ad esplorare quelle che lei stesso definiscepizze territoriali” e che considera un valore aggiunto rispetto alla classica pizza napoletana. La pizza del ravennate come le è sembrata?
«Esattamente. La tradizione è importante anche per un pizzaiolo contemporaneo, ma lo stesso mondo napoletano si sta modernizzando: i giovani non vogliono essere ingessati dai limiti imposti dalla tradizione, e oggi attraverso la pizza si raccontano il territorio e la persona. Questa è la forza della “pizza territoriale” e il motivo per cui va valorizzata. Per quanto riguarda Ravenna, sono veramente sorpreso. Nell’ultimo decennio, il livello della pizza si alzato in modo significativo a livello nazionale, e devo dire che Ravenna è un’ottima rappresentanza di un settore in costante ascesa. Ho frequentato principalmente pizzerie che conosco e da cui so cosa aspettarmi, ma ho anche accettato validissimi inviti “al buio” da parte di colleghi della città».

Nella lotta tra “tradizionale” e “gourmet” è quindi la seconda ad avere la meglio oggi?
«Non c’è un vincitore e non c’è un vinto, a farla da padrone sono solo l’intelligenza e la voglia di fare. La pizza è il prodotto democratico per eccellenza, supera le barriere di culture e religioni e non si traduce in nessuna lingua del mondo: nasce per mettere d’accordo tutti. L’unica vittoria secondo me consiste nello spostare la propria visione, crescendo e ampliando il proprio mondo tra studio e creatività».

Per quello che riguarda gli abbinamenti invece, c’è un vincitore tra la classica accoppiata “pizza e birra” e il più moderno calice di vino?
«In questo momento sta vincendo il vino, sotto tanti aspetti. La bollicina si riconferma essere l’abbinamento più congeniale, ma la mia recente visita al Vinitaly di Verona mi ha dato tanti spunti nuovi straordinari. Tra le novità degli ultimi anni poi, l’accostamento tra pizzeria e mixology. Un’idea interessante, soprattutto con particolari tipi di gin».

E della famigerata pizza con l’ananas invece cosa ne pensa?
«Nulla di scandaloso per quel che mi riguarda. L’ho proposta anche io per un periodo, presentandola anche a Identità Golose. Ovviamente non si parla di aprire una latta di ananas sciroppata e buttarla sopra la pizza, ci deve essere sempre dietro un pensiero, una ricerca, come per l’utilizzo di qualsiasi materia prima. Se l’accostamento viene fatto solo per attirare l’attenzione, o per provocare, allora sono meno favorevole…».

Qualche consiglio per gli appassionati di panificazione che vogliono preparare la propria pizza in casa?
«Studiare a fondo la materia prima. Tra i vari corsi che tengo, uno è dedicato in particolar modo alle casalinghe e il tema principale è sempre quello della farina. È l’ingrediente principale della panificazione e quindi è importante conoscerlo, ma bisogna anche capire che a diversi tipi di farina corrispondono diverse idoneità di lavorazione. Devo ammettere però che al giorno d’oggi c’è molta più attenzione al riguardo: quando da piccolo andavo al supermercato con mia madre la scelta si giocava tra “0” e “00”; oggi invece non è raro vedere persone ferme tra gli scaffali mentre leggono con attenzione le etichette, districandosi tra termini come “contenuto proteico”, “carboidrati” e “picco glicemico”. C’è maggiore consapevolezza nell’alimentazione».

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