
C’è chi li apprezza e chi invece preferisce le spiagge incontaminate, ma nessuno può negare che siano ormai una componente identitaria del paesaggio romagnolo. Le file parallele di ombrelloni colorati sono il primo elemento che viene in mente quando si pensa ai litorali ravennati e riminesi, come avviene con i filari di vite per le colline toscane o coi campi di tulipano in Olanda. Gli ombrelloni sono il simbolo degli stabilimenti balneari che caratterizzano gran parte dell’offerta turistica sulle coste italiane, ed è proprio per questo che i concessionari li hanno scelti come il simbolo della loro manifestazione di protesta contro il governo Meloni, che si terrà il 9 agosto prossimo.
All’apparenza gli ombrelloni si distinguono solo per i diversi colori, invece sono molte altre le differenze tra un modello e l’altro, indicate con degli appositi termini tecnici. Possono esserci ombrelloni con panta o senza panta (ovvero le “alette” che pendono dall’estremità del tessuto), con o senza soffietto (cioè con la sommità aperta o meno), di forma classica o a pagoda, tonda o quadrata, a spicchi o a tinta unita, con le stecche dritte o ricurve. L’ombrellone è l’elemento che più rimane impresso di uno stabilimento balneare: il colore del tessuto, spesso in tinta col resto dell’arredo, fa da punto di riferimento quando si cammina sulla battigia e bisogna riconoscere il proprio lido.
Da un paio d’anni sono sempre di più gli stabilimenti balneari che, per distinguersi, hanno deciso di farsi brandizzare i tessuti da case di alta moda come Louis Vuitton, Missoni, Guess, Dior, Paul & Shark; ma ancora nessuno lo ha fatto nel Ravennate.
Gli ombrelloni balneari professionali sono un’invenzione tutta romagnola. Negli anni ’60, col boom del turismo di massa e degli stabilimenti, alcune storiche manifatture tessili del Riminese hanno iniziato a specializzarsi nella produzione di questo articolo. L’esigenza era quella di creare un ombrellone che resistesse all’azione corrosiva degli agenti atmosferici persistenti sulla spiaggia, come il vento e la salsedine. Per questo le stecche degli ombrelloni professionali sono fatte in robusto acciaio inox, zincato e verniciato, mentre i pali sono solitamente in alluminio anodizzato e i tessuti acrilici vengono trattati per non venire sbiaditi dai raggi solari che vi battono per tutta l’estate. Si tratta di oggetti molto più costosi rispetto agli ombrelloni domestici che si trovano nei centri commerciali, poiché durano almeno dieci anni senza arrugginirsi, bucarsi e rovinarsi. Quando uno stabilimento balneare decide di cambiarli, gli ombrelloni hanno ancora una lunga vita davanti, tanto da essere spesso rivenduti come articoli di seconda mano. Nessun altro paese ha una qualità e una quantità di ombrelloni pari a quella italiana. In Spagna, paese più simile al nostro per l’importanza del turismo balneare, le spiagge attrezzate preferiscono gli ombrelloni con palo in legno e copertura di paglia; mentre in Francia, Croazia e Grecia si scelgono gli ombrelloni più economici prodotti nei paesi asiatici. Le strutture che vogliono avere degli ombrelloni robusti li acquistano proprio dai produttori italiani, poiché non si trovano da nessun’altra parte.
Per i bagnini romagnoli, aprire gli ombrelloni ogni mattina è diventato quasi un rituale. Negli ultimi anni alcune aziende hanno inventato dei sistemi di apertura e chiusura automatica, che permetterebbero di sostituire questo faticoso lavoro quotidiano con un semplice telecomando; ma la tecnologia non ha mai preso piede. Oltre alla questione dei costi, molti concessionari vogliono conservare la tipicità del bagnino che apre manualmente gli ombrelloni, con il tipico rumore metallico che scatta quando si blocca il meccanismo di fermo.
Tra i turisti, l’ombrellone a pagamento continua a essere la soluzione preferita: secondo una recente indagine dell’Università di Padova, tre persone su quattro che scelgono il mare per le loro vacanze, optano per gli stabilimenti balneari attrezzati. Sui motivi ci sarebbe da discutere: in alcune località potrebbe essere dovuto alla mancanza di alternative, in altre invece si tratta di una scelta. In Italia circa il 50% di spiagge è libero, ma la situazione non è omogenea: basta confrontare i litorali di Ravenna e Cervia, con la prima che ha solo il 40% di costa in concessione e la seconda che invece supera il 95%. Chi in Romagna preferisce lo stabilimento balneare, di solito lo fa perché a fronte di un prezzo irrisorio, che va dai 15 ai 30 euro al giorno, ci si risparmia la fatica di portarsi l’ombrellone in spalla e di piantarlo sotto il sole cocente, col rischio che voli alla prima raffica di vento forte. Ma tra qualche giorno, i clienti degli stabilimenti balneari dovranno rinunciare a questo comfort per un paio d’ore: il 9 agosto ci sarà infatti uno “sciopero degli ombrelloni” indetto dalle associazioni Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti per protestare contro l’inerzia del governo Meloni, reo di avere consentito l’avvio delle gare delle concessioni senza obbligare a un indennizzo economico per i concessionari uscenti. Un’iniziativa analoga fu organizzata il 3 agosto 2012, quando il governo Monti voleva approvare una legge per avviare i bandi sulle spiagge. Allora come oggi, gli ombrelloni continuano a essere il simbolo delle proteste dei bagnini.