La storia della Diga di Ridracoli, il serbatoio della Romagna

Alta 103 metri, costruita 43 anni fa, copre metà del fabbisogno annuo: nei pressi di Santa Sofia ci sono voluti sette anni di lavori e 600mila metri cubi di calcestruzzo. Il lago artificiale è più di mille km quadrati e arriva a una profondità massima di 82 metri

Diga Ridracoli

La diga di Ridracoli è un’opera d’ingegneria i cui lavori sono iniziati nel 1975, dopo 13 anni di studi, e completata nel 1982. Oggi provvede a coprire la metà del fabbisogno di acqua potabile della Romagna. Il lago artificiale si trova a 557 metri sul livello del mare sull’Appennino, nel territorio dei comuni di Bagno di Romagna e Santa Sofia, in provincia di Forlì-Cesena, all’interno del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, del Parco di Campigna e Monte Falterona, lungo il corso del fiume Bidente.

L’invaso ha una superficie di 1.035 chilometri quadrati, una profondità massima di 82 metri e contiene 33 milioni di metri cubi d’acqua, equivalenti a 33 miliardi di litri. La diga è stata costruita nel punto in cui il fiume Bidente incontra il rio Celluzze dove si sono verificate numerose condizioni favorevoli: in primo luogo l’altezza del sito rispetto al livello del mare, che garantiva una caduta dell’acqua che favoriva la sua portabilità. In secondo luogo il fatto che l’invaso si trovasse in una posizione centrale rispetto a tutti i comuni che si dovevano raggiungere. Inoltre la zona non presentava fonti d’inquinamento, poiché nelle sue vicinanze non si trovavano industrie, case, strade o altri insediamenti produttivi. Su tutto l’impermeabilità della zona garantita dalla morfologia e dalla struttura geologica del terreno.

La diga si definisce tecnicamente come una diga ad arco-gravità, ossia è una costruzione che reagisce alla spinta dell’acqua grazie alla sua forma ad arco e al suo peso. Ha una struttura arcuata in pianta e presenta una parte verticale utilizzata tipicamente per chiudere le strette valli. È alta 103,5 metri, ha una larghezza che va dai 10 metri del coronamento (parte alta) a 36 metri alla base, una lunghezza di 432 metri e un volume di calcestruzzo di 600mila metri cubi.

L’acqua che rifornisce l’acquedotto viene prelevata dal lago mediante un’opera di presa, situata in spalla destra. Essa è costituita da due imbocchi dislocati a quote diverse (490 e 540 metri sul livello del mare) per prelevare in modo indipendente le acque nelle migliori condizioni di temperatura e torpidità. I due imbocchi convergono in un pozzo, profondo circa 130 metri, collegato con la galleria di derivazione che conduce l’acqua, prima verso la centrale idroelettrica, poi verso il potabilizzatore di Capaccio situato poco più a valle.

Pota

L’impianto di Capaccio rende l’acqua potabile e la trasferisce alle vasche di carico di Monte Casale di Bertinoro (190 m sopra il livello del mare) attraverso la cosiddetta “condotta principale” lungo la quale sono state realizzate tre spillature per la consegna della risorsa idrica ai comuni di Santa Sofia, Cusercoli e Meldola. Dalla cerniera idraulica di Monte Casale si sviluppano i due rami principali dell’acquedotto, le cui condotte formano due ampi anelli, uno in direzione nord-ovest e uno in direzione sud-est i cui rami servono tutta la Romagna. Il tracciato della rete è stato scelto in modo tale da effettuare il percorso più breve possibile fra punto di partenza e punto di arrivo e cercando, ove possibile, di mantenere in funzione le condotte per gravità.

A Capaccio si trova anche il centro operativo che regola le funzioni della diga e dell’acquedotto: i tecnici della centrale ricevono, 24 ore su 24, in tempo reale, i dati da ogni punto dell’acquedotto e gestiscono tutte le fasi di erogazione e controllo dell’acqua.

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