Durante l’estate a Ravenna sono emerse diversi criticità rispetto al tema di persone senza fissa dimora, un tema di cui si è occupata la polizia locale imponendo “sgomberi” in aree verdi e parchi, sollecitata anche da parte dell’opposizione di destra. La questione è quindi, come sempre, diventata anche politica oltreché “amministrativa”. Per questo abbiamo rivolto qualche domanda al sindaco Alessandro Barattoni, eletto a maggio scorso e che detiene le deleghe ai Servizi sociali nell’attesa dell’ingresso in giunta di Roberta Mazzoni (che andrà in pensione dall’Ausl a fine anno) a partire da gennaio prossimo.
Sindaco, le operazioni di sgombero e sequestro dei beni di alcuni senzatetto è stata una risposta adeguata da parte dell’Amministrazione? Cosa ne pensa delle critiche giunte da sinistra su presunte “sceriffate”?
«Durante l’estate sono effettivamente emerse criticità che hanno richiesto interventi puntuali da parte della polizia locale. Tali azioni sono da intendersi come interventi resisi necessari al fine di garantire la legalità e il decoro, sempre nel rispetto della dignità delle persone coinvolte. È evidente che le scelte fatte a livello nazionale di colpevolizzazione della povertà e di taglio ai fondi per la morosità hanno un effetto che si scarica sui territori. Priorità dell’Amministrazione restano la presa in carico e la tutela di ogni persona, in un’ottica di analisi e conoscenza dei singoli casi, definizione dei problemi reali e supporto con azioni a sostegno della fragilità. Gli interventi da predisporre sono molteplici e riguardano non solo l’Amministrazione comunale, ma anche altre tipologie di servizi quali i Cas, e anche la presenza o meno di servizi analoghi nei Comuni limitrofi. L’intero sistema deve dialogare in maniera collaborativa e trasversale, al fine di potenziare le proprie risposte e incrementare le strategie d’intervento. Il tema della rete interistituzionale dei servizi resta fondamentale: se anche un solo tassello salta – che sia un dormitorio pieno, un Cas bloccato, o un Comune limitrofo che non risponde – l’intero sistema va in sofferenza».
Di quanti dormitori dispone la città di Ravenna e quanto persone sono in grado di ospitare?
«A Ravenna, attualmente, sono attivi 58 posti uomo e 6 posti donna in dormitorio, che verranno ampliati entro ottobre con ulteriori 6 posti dedicati specificamente alle donne; posti di accoglienza temporanea attivati in sinergia con il Terzo Settore per persone che hanno avviato un percorso di uscita dalla marginalità, con attualmente 12 persone già accolte con buoni risultati; un Centro Servizi di bassa soglia attualmente situato in via Oriani, ma che sarà trasferito nella nuova Stazione di Posta prevista nel progetto di via Torre».
ll nuovo progetto di via Torre finanziato con fondi Pnrr risponderà al bisogno abitativo di utenti particolarmente fragili ma non sarà, ci pare di capire, un dormitorio a bassa soglia. È corretto? Ci spiega a chi sarà rivolto in particolare?
«Per quanto riguarda il progetto di via Torre, è corretto dire che non si tratta di un dormitorio a bassa soglia, bensì di una struttura di housing temporaneo, destinata a persone particolarmente fragili, in uscita da situazioni di grave emarginazione, ma motivate a intraprendere un percorso di autonomia. La stessa sede ospiterà la nuova Stazione di Posta, un vero centro servizi per la marginalità, che migliorerà sensibilmente l’accessibilità e la qualità dell’offerta. Ravenna è in linea con i livelli di offerta di accoglienza a bassa soglia di altre città italiane di pari dimensioni. Tuttavia, il fatto che sul nostro territorio siano presenti risposte strutturate e stabili, porta inevitabilmente ad attrarre anche persone provenienti da Comuni limitrofi che non dispongono di servizi analoghi. Questo genera una pressione costante sul nostro sistema e rende ancora più importante una distribuzione provinciale dell’accoglienza, per evitare concentrazioni che rischiano di far saltare l’equilibrio dell’intero sistema».
Cosa risponde alla lettera di Avvocato di Strada in cui vengono definiti insufficienti i servizi per le persone senza fissa dimora a Ravenna?
«Abbiamo già fissato l’appuntamento con gli Avvocati di Strada per alimentare il confronto. Molti degli interventi del Terzo Settore (Caritas, Opera di Santa Teresa, Fondazione San Rocco, Comitato cittadino antidroga, cooperative sociali) sono co-progettati e sostenuti dall’Amministrazione. Non c’è scarico di responsabilità, ma piuttosto esiste un modello di collaborazione che ci consente di offrire risposte complesse e diversificate, anche a fronte di risorse sempre più limitate. La sinergia con il volontariato è un valore, non un’alternativa al servizio pubblico».
Il Comune pensa di predisporre nuovi dormitori a bassa soglia (oltre a quello che inaugurerà in ottobre a Sante Teresa) con servizi come le docce? Se sì, dove?
«Una riflessione in questo senso è aperta, anche nell’ambito del percorso di welfare comunitario partecipato che ha di fatto sostituito il precedente, cosiddetto, “Tavolo delle Povertà”».
In generale, la sensazione diffusa è che in città si siano perse occasione negli ultimi anni per progetti rivolti alla popolazione più fragile. C’è chi vorrebbe il ritorno del cosiddetto “Tavolo delle povertà” da lei citato, per esempio. Ravenna non ha ancora una mensa sociale. Cosa possiamo aspettarci su questo fronte?
Il “Tavolo delle Povertà”, come accennavo, non è stato abbandonato, ma superato da una nuova modalità di lavoro più ampia, trasversale e continuativa. Il percorso partecipato oggi attivo ha già prodotto proposte concrete, tra cui l’idea di un’accoglienza di “secondo livello” per persone pronte a uscire dalla povertà estrema, oggi già in fase sperimentale con risultati incoraggianti. Sulla mensa sociale, è vero che non ne esiste una centralizzata, ma attraverso il lavoro congiunto con associazioni di volontariato, i pasti vengono forniti quotidianamente. Resta comunque una priorità la razionalizzazione di questo servizio in un’ottica integrata».
Il regolamento di polizia urbana approvato nel 2020 è ancora adeguato o secondo lei potrebbe meritare una revisione ed eventualmente in che senso?
«Abbiamo avviato un approfondimento di valutazione alla luce dei cambiamenti che sono avvenuti nella città».
Più in generale, emerge da più parti una criticità sui Servizi sociali, per un numero non adeguato di assistenti che devono inevitabilmente farsi carico di troppi casi. Possiamo aspettarci novità rispetto a questo tema?
«Il Comune di Ravenna è in linea con la normativa che prevede 1 assistente ogni 4mila abitanti, ma risente, come molti enti pubblici, del turnover e della difficoltà di reperire nuove risorse qualificate. Ciò nonostante, l’Amministrazione sta lavorando per potenziare i servizi e migliorare la presa in carico, anche attraverso progettualità innovative e il rafforzamento dell’integrazione tra i diversi attori della rete. In conclusione, i servizi per le persone senza fissa dimora non saranno mai “abbastanza”, perché l’emergenza evolve, e l’approccio deve rimanere dinamico. Ma siamo consapevoli del nostro ruolo e stiamo investendo energie, fondi e idee in un sistema che deve essere sempre più diffuso, integrato e umano. Solo così potremo rispondere, con dignità e concretezza, ai bisogni delle persone più fragili».